[...] I tempi erano maturi anche per questo evento e spuntò infatti, come per incanto, il volto sornione e sorridente di Burlamacco. Pure lui, come il suo Carnevale, nasce a tavolino; non a quello d'un caffè, no, dov'era venuta l'idea d'una sfilata di carrozze nel 1873, né a quello di una stanzetta della Pro Viareggio dove dopo la Grande Guerra si gettarono le basi per la rinascita, ma a quello di lavoro d'un giovane artista, Uberto Bonetti, che lo ideò e lo pitturò.
[...] Nessun capocomico ha ideato Burlamacco, nessuno l'ha impersonato, in nessun canovaccio può ritrovarsi la trama di qualche sua commedia; la maschera viareggina non ha conosciuto l'ebrezza della ribalta se non quand'era già bell'e cresciuta, ma in compenso ha girato le vie del mondo e si è trovata a sorridere, col suo largo faccione a luna piena, sui muri di ogni contrada che la fama del Carnevale di Viareggio a mano a mano raggiungeva.
La sua vocazione, dunque, è la pubblicità, il suo messaggio non è che un invito, venite a divertirvi nella capitale dell'allegria.
Nell'autunno del 1930, migliaia di manifesti partono dalla Versilia per le città d'Italia e d'Europa, con l'annuncio delle manifestazioni dell'anno successivo: da quella data Burlamacco diventa ambasciatore di re Carnevale.
Il manifesto rappresenta stilizzati i due moli, in un bel mare azzurro solcato dall'immancabile vela: su quello di ponente s'alza e passeggia una bagnante in perfetto stile anni Trenta - sottile di vita, sinuosi i fianchi e il petto - che indossa uno scollato costume intero e porta in testa il cappellino a cuffia. Dal molo di levante, le dà una mano una maschera nuova, simpatica, viva; ha il vestito di Arlecchino, ma gli scacchi sono bianchi e rossi, ha il nero di Balanzone, ma su un mantello aperto al vento come una vela immensa, porta la gorgiera del '600, ma stilizzata secondo i canoni dell'arte Novecento, e sulla testa, un rosso cappello napoleonico, anch'esso rivisto e corretto per l'occasione. Un sorriso accattivante, a bocca larga e spalancata, uno sguardo malizioso, un naso a banana, e il gioco è fatto.
Nel '39, quand'era ormai popolare, ma senza nome, Bonetti battezzò Burlamacco la sua creatura, prendendo un po' dal Buffalmacco di Boccaccio e dal Macco dell'Atellana. O semplicemente da Burla (beffa, scherzo) e smacco?
E Burlamacco ebbe la vera vita che solo l'arte sa dare.
[...]
( Carlo Alberto Di Grazia, tratto da "La storia del Carnevale di Viareggio", edito da "Il Tirreno" )