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Il tenore Carlo Bergonzi è stato festeggiato sabato 11 dicembre al Teatro La Fenice di Venezia, con la consegna del premio "Una vita nella musica - Artur Rubinstein". Nato 86 anni fa, a Vidalenzo di Polesine Parmense, un paesino a due chilometri da Busseto, città natale di Giuseppe Verdi, Bergonzi è ritenuto il più grande interprete delle opere verdiane.
«Sono particolarmente felice di questo premio», dice il tenore. «A Venezia mi legano ricordi importanti. Nel 1957 interpretai "Cavalleria Rusticana", allestita in Piazza San Marco. In quell'occasione, incontrai Angelo Roncalli, che era patriarca di Venezia e l'anno successivo sarebbe diventato Papa con il nome di Giovanni XXIII. Poi, interpretai il "Requiem" di Verdi a Palazzo Ducale con la direzione di Herbert Von Karajan. Al Teatro La Fenice interpretai due edizioni di "Aida", e "Un ballo in maschera". Per me, La Fenice è il più bel teatro che ci sia al mondo, un vero gioiello artistico».
Il premio, "Una vita nella musica", è prestigioso perché vanta una storia trentennale. E' stato fondato da Bruno Tosi, musicologo veneziano appassionato di lirica, conoscitore di tutti i grandi interpreti e in particolare di Maria Callas, alla quale ha dedicato libri e mostre, ed è diventato un premio di fama internazionale. E' stato attribuito ai più grandi protagonisti del mondo musicale del nostro tempo. Da Artur Rubinstein, il primo, nel 1979, che ha dato il proprio nome al Premio stesso, seguito da personaggi mitici quali Andrès Segovia, Karl Bohem, Carlo Maria Giulini, Yehudi Menuhim, Mistislav Rostropovic, Gianandrea Gavazzeni, Leonard Bernstein, Isaac Stern, Maurizio Pollini, Claudio Abbado, Salvatore Accardo, Zubin Mehta, eccetera. Non poteva mancare Carlo Bergonzi, che alla musica lirica ha dedicato letteralmente tutta la sua lunga esistenza, avendo iniziato a cantare romanze verdiane da ragazzino e continuato poi fino a ottant'anni. E ancora oggi, quando, in casa sua, si mette al piano e canta, sfoggia una voce e una intonazione perfette.
«A nove anni, mio padre mi portò a vedere il "Trovatore", nel piccolo Teatro di Busseto», dice Bergonzi. «Ne rimasi sconvolto. Da allora, lavorando, continuavo a cantare "Di quella pira". Era proprio destino che diventassi un cantante lirico».
Il 31 agosto scorso, il maestro Bergonzi è stato premiato all'Arena di Verona con L'Oscar della lirica. Ora,a Venezia, oltre al premio "Una vita nella musica", ha ricevuto un riconoscimento anche dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, una medaglia d'oro, con una dedica che lo stesso Napolitano ha voluto dettare: "Al maestro Carlo Bergonzi, interprete sommo del repertorio verdiano, e custode illustre della tradizione belcantistica italiana".
Bergonzi è veramente un personaggio unico, il cui valore artistico, nel campo della lirica, non ha paragoni. Secondo i critici di tutto il mondo, è stato il tenore verdiano per eccellenza. Forse il più fedele e autentico interprete delle opere del "cigno di Bussetto" di tutti i tempi. Certe pagine verdiane come le ha interpretate lui, non le interpreterà più nessun altro. L'atmosfera di commozione, di magia che riusciva a creare con la sua voce incantando le platee più esigenti ed esperte, resterà irripetibile.
L'origine di questo artista è contadina. Non ha avuto la possibilità di frequentare scuole importanti. Anzi, come egli stesso racconta, nel canto non ha proprio avuto maestri di nessun genere. Si è fatto da solo. Ma, forse, essendo nato nella terra di Verdi, avendo respirato l'aria che respirava Verdi, potrebbe essersi verificato un magico e misterioso fenomeno di osmosi: il grande compositore potrebbe avere trasmesso al ragazzo Bergonzi quelle intuizioni, quei segreti, quegli accorgimenti tecnici e stilistici che gli hanno permesso poi di indicare vie rivoluzionarie nell'interpretazione delle opere del maestro.
Bergonzi non è solo il tenore dal timbro caldo e squillante, dalle mezze voci mirabolanti, dai falsetti insinuanti e torniti, dalla garbatezze danzanti e suadenti, è il maestro geniale, che ha rivoluzionato il modo di interpretare l'opera verdiana. Nessuno meglio di lui ha posseduto l'accento verdiano, la "verità verdiana" che risuona nel canto. Ai ritmi incalzanti, agli acuti trionfanti, alle melodie popolari e spontanee del compositore bussetano, Bergonzi ha dato un'anima, una eleganza, una regalità che restano tributo ineguagliato nella storia.
Nato, cresciuto e vissuto sempre a Busseto, da un po' di tempo Bergonzi si trova nel suo appartamento milanese. «Ho qualche difficoltà a camminare», dice. «Fino a tre anni fa ero un terremoto. Pronto ad affrontare lunghi viaggi senza pensarci. Dopo aver smesso di cantare, mi ero dedicato all'insegnamento. Avevo la mia Accademia di Belcanto a Busseto, dove venivano allievi da tutto il mondo. Ma tenevo corsi anche all'estero, in Russia, in Giappone, e perfino in Cina. Un giorno sono caduto e mi sono rotto tre costole, poi ho avuto un embolia polmonare, poi l'ernia al disco: ho capito che dovevo smettere. Ho chiuso tutto, anche la mia Accademia di Busseto. Tutto finito, quindi, ma ogni giorno ringrazio Dio per tutto quello che mi ha dato e per avermi conservato la mente lucida, fresca, con una memoria da elefante, che mi fa sentire, a 86 anni, ancora giovane come un tempo».
E approfittando della sua prodigiosa memoria, abbiamo chiesto al maestro Bergonzi di ricordare, in questa lunga ed esclusiva intervista, i momenti più importanti della sua vita e della sua carriera.
Renzo Allegri
Foto di Nicola Allegri
Puoi leggere l’intervista qui
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