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Carlo Goldoni: una Bellissima Locandiera

Creato il 24 dicembre 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Carlo Goldoni: una Bellissima Locandiera

Il Dehon di Bologna, nella sua variegata stagione, offre ai suoi affezionati spettatori, uno dei grandi classici del teatro italiano, La locandiera, nella versione proposta dalla compagnia del Florian - Teatro Stabile d'Innovazione di Pescara.

Scritta da Carlo Goldoni nel 1752, La locandiera, si può considerare come una delle sue strutture drammaturgiche meglio riuscite e più convincenti, tanto da poterla considerare come la "summa" delle sue riflessioni sulla società a lui contemporanea. L'impianto stesso della commedia è esplicativo di un nuovo modo di approcciare le dinamiche sociali, viste non più secondo l'ottica e le aspettative della nobiltà, quanto, piuttosto, della nuova classe emergente, la borghesia. E qui si innesta anche una diversa visione della donna, quella, appunto, "borghese", che la propone libera, intelligente, autonoma, indipendente, in opposizione agli stereotipi di una figura maschile ormai in declino; la donna si erge così a protagonista attiva, non più soltanto assoggettata al potente di turno, ma aperta alle nuove istanze illuministiche.

Nel tratteggiare i personaggi la visione modernista di Goldoni si affaccia senza troppi filtri, la società fin lì dominante ha preso ormai l'abbrivio verso la sua rovinosa ed inevitabile caduta che riguarderà tuttavia sia quella di lignaggio (il Marchese di Forlipopoli) che quella acquisita con la ricchezza (il Conte d'Albafiorita). Il tutto traspare fulgidamente nel dipanarsi delle vicende che conferiscono alla commedia quell'atmosfera di pesante, imbarazzante, decadenza senza tuttavia mai perdere di vista il lato comico dei protagonisti sul palco, cui gli attori (Massimo Vellaccio e Umberto Marchesani) conferiscono spessore esaltandone tic, vezzi e personalità, strappando risate convinte ma seminando qua e là anche importanti spunti di riflessione.

"e lor signori ancora profittino di quanto hanno veduto, in vantaggio e sicurezza del loro cuore; e quando mai si trovassero in occasioni di dubitare di dover cedere, di dover cadere, pensino alle malizie imparate, e si ricordino della locandiera"

La bravissima Flavia Valoppi, nel ruolo di Mirandolina, è superba nel tratteggiare una "locandiera" abilissima nell'uso lucido e spietato dell'intelligenza come mezzo di crescita ed affermazione sociale: per poter esercitare una supremazia su individui "socialmente" qualificati a collocarsi gerarchicamente sopra di lei, l'unica strategia possibile è quella di sapersi districare tra "passione" e "finzione" senza per questo apparire ciò che non si è. La lettura della regista Giulia Basel vuole puntare proprio su quest'atmosfera di "decadenza" del vecchio e di "passaggio" al nuovo status sociale, esasperando, in chiave tragicomica, le tensioni emotive tra i personaggi, che sembrano quasi ruotare, come pianeti, attorno al sole, Mirandolina, attraverso la fitta reciprocità di rapporti con la protagonista.

Si realizza così un sottile equilibrio basato sull'abile interazione dei "comprimari" che permette di far coesistere tutti i caratteri attribuendo loro, di volta in volta, una luce diversa a seconda della varietà delle circostanze. E si creano in tal modo una serie di "rapporti baciati", su cui innestare il pensiero ed il messaggio dell'autore, che rende il tutto frizzante e profondo al tempo stesso: se il Marchese di Forlipopoli si scontra così con il suo alter ego che è il Conte d'Albafiorita, ecco che Mirandolina trova nel suo opposto-uguale, il Cavaliere di Ripafratta (Alessio Tessitore), quegli elementi di sfida che sono il succo di tutta la commedia.

In questo contesto assumono una loro validità ed un peso specifico anche Fabrizio, giovane servitore di locanda e promesso sposo di Mirandolina, e le due commedianti Ortensia e Dejanira, mirabile spaccato di quella Commedia Antica che Goldoni ha saputo così mirabilmente cambiare.

Lo spettacolo, grazie alla lettura della regista e all'interpretazione degli attori, si trasforma in un arguto, intenso e coinvolgente duello, che è, allo stesso tempo, sentimentale, sociale e culturale, teso com'è ad esaltare "comicamente" le differenze ed i punti di vista dei suoi protagonisti.

In conclusione, questa lettura de La locandiera è un piccolo gioiello di limpidezza e misura formale che ci restituisce una Mirandolina, splendido ed apprezzabile ritratto dell'intelligenza e dell'autonomia consapevole della donna del Settecento; autentico personaggio-simbolo di un'intera civiltà, che si appresta a cambiare non solo le regole teatrali, ma anche, e soprattutto, quelle sociali.

Caldi e calorosi gli applausi che premiano i protagonisti dopo le ultime parole di Mirandolina, che vogliamo riportare per condensare, in breve, il tanto contenuto in questa commedia: "[...] e lor signori ancora profittino di quanto hanno veduto, in vantaggio e sicurezza del loro cuore; e quando mai si trovassero in occasioni di dubitare di dover cedere, di dover cadere, pensino alle malizie imparate, e si ricordino della locandiera".


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