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Carmela niente

Creato il 01 ottobre 2013 da Diletti Riletti @DilettieRiletti
casalinga11

“Mamma, il telefono …il telefono, non lo senti?”

Era iniziata così: uno squillo che aveva attraversato il soggiorno, arrampicandosi con le unghie lungo le pareti, arrivando in cucina a perforarle i timpani. Ma Carmela aveva continuato a risciacquare.

“Mammaaaa! Maaaa’!!!”

Non riusciva a smettere di sfregare i piatti dozzinali. Strofinava, strofinava per togliere l’odore di finto limone, mentre i guanti facevano guaire la porcellana. L’acqua bollente scorreva in un rombo, la gomma cacciava urla di gabbiani impazziti, il telefono squillava, il figlio gridava e Carmela… niente.

“Ue’… sei sorda?”

Forse aveva pensato “magari”. Ma non aveva risposto, l’acqua strepitava, i guanti strillavano. Troppo, troppo.

Era iniziata così: la sera quando Gino aveva ripreso a borbottare sulla cena e la maleducazione dei figli e la destra e la sinistra, non aveva detto nulla. Ascoltava concentrata il rumore e si guardava attorno chiedendosi come mai non se ne accorgesse nessuno. Sono stanca, pensava forse, ma dentro di sé sapeva che qualcosa era successo. E quel qualcosa riguardava Carmela soltanto.

Carmè! La chiamava Gino per chiedere conferma, per avere la sua attenzione, ma Carmela…niente.

Osservava invece con curiosità quella faccia sconosciuta, la bocca muta in movimento continuo, le guance ballonzolanti, i capelli radi: chi era quello, lo aveva mai visto prima? La cascata scrosciava, i gabbiani stridevano… scuotendo la testa, il marito tornò sul divano.

E Carmela?…niente. Andò a letto.

Forse aveva pensato “domani”.

Invece l’indomani era uguale: quella cosa che riguardava lei soltanto stava crescendo, insieme alla perplessità. Alla cascata, ai gabbiani, si aggiungeva a volte un trambusto di alberi scossi che lì, tra i palazzi del quartiere Adriano, non doveva proprio esserci. Perplessità, quindi, e timore. E sollievo, sì, c’era anche del sollievo.

In quel mondo sommerso da un rumore che toccava lei sola, Carmela riusciva ad superare la noia delle faccende quotidiane in leggerezza, senza il peso delle parole che ognuno si sentiva in dovere di vomitarle addosso.  I figli, il marito, la portiera che la tormentava da anni con il racconto minuzioso dei suoi acciacchi, gli strepiti del mercato sotto casa, i televisori e le radio strombettanti pubblicità, tutto scompariva nel brusio sonoro che le sigillava le orecchie.

Nei primi tempi, alcuni sospettarono l’inganno, tentando di sorprenderla con richiami improvvisi e rumori alle spalle. Sembrava impossibile che Carmela d’un tratto, senza dire ai né bai,  fosse diventata sorda come una campana. Ma pian piano tutti si abituarono al suo improvviso stato, passando ai gesti per comunicarle le poche necessità di famiglia o ignorandola, cosa poi non troppo diversa da quello che facevano prima.

E Carmela? …niente.

Carmela, se avesse dovuto dire la sua –cosa che mai ebbe modo di fare- era felice. Quando la tirarono fuori da sotto le ruote dell’autobus che l’aveva travolta, nonostante i ripetuti strombazzamenti e la tardiva frenata, sembrava sorridesse.


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