Carmelo Pistillo, Le due versioni del cielo, Milano, La Vita Felice, 2013, pp.132, euro 14.00
Si assiste, nell'ultimo libro di Carmelo Pistillo, rispetto a libri precedenti come, per esempio "Quaderno senza righe", all'apertura della parola verso un più largo respiro, materialmente percepito nell'immagine di una vastità di cielo, nella sensualità del femminino. Non a caso uno dei testi più indicativi, "L'amica", si riferisce al corpo della poesia come a quello di una donna, spogliando così la poesia della ieraticità un po' astratta di vestale e restituendole, invece, tutta la sua sensualità: "Ora è una risposta alla vita / quando respiri vicino all'asse / di ogni rima dimenticata". Il respiro, quindi, è già una chiave di lettura per avvicinarsi a questo libro, costruito intorno ai pochi, importanti temi della propria biografia, dei propri paesaggi interiori: le perdite, l'adolescenza, l'amore. Di conseguenza lo scheletro portante del libro di Carmelo Pistillo è la struttura fonico/ritmica; che è anche una struttura percepibile nella descrizione di scene in cui "sentiamo" i colori - l'aspetto coloristico è evidente nell'elaborazione del giallo, "il mio amato Van Gogh...", dice Pistillo -. E poi la musica delle strade, voce del mondo che chiede voce. In effetti Pistillo sa accogliere il mondo, ma sempre nel ricordo di "quaderni privati della notte", e cioè senza perdere mai di vista una dimensione interiore che metaforizza il dato di evidenza, il passo feroce dell'accadere. Ma il libro contiene anche una dimensione di appartenenza alla letteratura, ché la letteratura è in grado di assorbire il mondo evocando i passaggi imprescindibili che hanno segnato la storia. Nella sezione "similitudini e intervalli", per esempio, troviamo il grido martellante di "amore e morte", uno dei temi col quale tutta la letteratura moderna ha dovuto confrontarsi. E poi, nella successiva, Pistillo ci fornisce alcune informazioni necessarie a sottolineare come "lyrica è un medicinale per il trattamento del dolore neuropatico, per la terapia aggiuntiva negli adulti sofferenti di attacchi epilettici parziali" e che valga, dunque "anche come genere musicale e composizione poetica"; stato di malattia riverberata nel canto, con tutte le conseguenze che ben conosciamo: l'opposizione tra canto corale - epos - e canto singolo, percepito come asservimento alla voce interiore. Nell'evocazione di questo genere, dunque, Pistillo mette in campo le perdite di Orfeo, dell'Orfeo offeso dalla morte, dopo la rottura dell'idillio. Orfeo con le corde che vibrano spezzate, un po' sperso per il deragliamento dei sensi, abitante ormai per sempre uno stato di malattia che è derisione e sdoppiamento. Due destini, insomma: quello che ci lega alla terra, e l'altro che ci lega alle stelle. Così bellissima mi sembra la sezione "Il quartiere dei vinti e degli eroi", ritratti di un'adolescenza aurorale vissuta sotto il sole, con quel piglio di sfida che può appartenere solo all'adolescenza, quasi uno stato astorico della coscienza, perché qualcosa è andato perduto e può essere conservato solo dalla lingua scandalosa della poesia. Paesaggio di un mondo senza tempo che ha fallito o che serenamente è restituito alla giustizia degli astri: "Quella vecchia stazione / ora appare in ritardo / con i colori apparenti / dell'agrumeto e della festa paesana. / Del destino mostra la farsa / della rotazione dei giorni / come finestre aperte sul mare, / ma è un archivio astrologico / di tarocchi remoti, forse".
Sebastiano Aglieco recensione apparsa su GRADIVA, n. 46/2014