In molte famiglie italiane è quasi impossibile pronunciare la parola “giocattolo”, poiché i bambini vedono i nonni che, dopo aver lavorato una vita intera, vengono progressivamente defraudati delle loro già misere pensioni; vedono i genitori arrancare verso la fine del mese, dilapidando il denaro per nutrire quell’insaziabile mostro a più teste chiamato Parlamento, chiamato Regione, Provincia, Comune, chiamato Istituzione pubblica. L’aria è satura del rumore terrorizzante originato dal continuo movimento delle sue mandibole che si fermano solo per dire: “dovete pagare di più. I soldi non bastano” e di nuovo “scrunch, chomp, gnam”… stipendi da favola, rimborsi ingiustificati, privilegi, pensioni d’oro, finte decurtazioni, leggi-farsa sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, abrogato da vent’anni per volere del popolo e che torna costantemente, con nomi diversi, come un rigurgito acido che non cessa di generare malessere negli italiani, “scrunch, chomp, gnam”… appalti agli amici degli amici, lavori pubblici inutili ed inerzia dinanzi a quelli utili, delinquenza di Stato, “scrunch, chomp, gnam”!
Quanto alla salute, viviamo realtà assai contraddittorie, non c’è che dire. La chiediamo, professandoci ecologisti, ma, poi, spargiamo carburanti fossili anche quando potremmo andare a piedi, lasciamo i motorini accesi sui marciapiedi – nuovi parcheggi - mentre ci sistemiamo il casco e finiamo una telefonata urgente, importante, assolutamente vitale, mentre chattiamo su facebook dal telefonino – come potervi rinunciare? -; ci lasciamo avvolgere dalle onde elettromagnetiche pur di parlare con i nostri cellulari di ultima generazione, incuranti delle cellule neuroniche nostre e dei nostri figli che vengono bruciate ad ogni telefonata, incuranti dell’alto potenziale cancerogeno dell’elettromagnetismo, felici di nuotare in un triangolo delle Bermuda fatto di antenne e ripetitori; formiamo discariche abusive, incuranti della diossina che penetra nel nostro cibo, nel nostro organismo, avvelenandoci lentamente; costruiamo case con mattoni originati dallo smaltimento di rifiuti tossici; ci nascondiamo dietro cavilli burocratici pur di conservare ancora l’ethernet, di proseguire produzioni altamente inquinanti… Chiederti la salute, Babbo Natale, è renderti il compito assai difficile, me ne rendo conto. Spero tu sia abbastanza potente!
Infine eccoci qui con la richiesta della pace nel mondo. Ce n’è una in ogni letterina natalizia che si rispetti, anche se è davvero difficile, oggi, scegliere di chiederla in dono, quando è palese che trattasi di un dono obsoleto, lasciato a marcire sugli scaffali di magazzini chiusi per fallimento. Viviamo in un mondo che considera la guerra uno “strumento di pace” e già questo mi sembra abbastanza inquietante. Viviamo in un Paese che acquista aerei da guerra e lascia morire di fame i pensionati; un Paese che ha rimandato i nostri Marò in India con il rischio che vengano condannati a morte, invece di imporsi per giudicarli in Italia; un Paese che, nella guerra interna, quella perenne contro chi delinque, parla, senza nascondersi per la vergogna, di “trattativa Stato-mafia” e, su richiesta del Presidente della Repubblica, distrugge le intercettazioni che possono far luce sull’abietto accordo; un Paese che sceglie di non prevenire il crimine con opportuni controlli, con un’applicazione seria della legge, ma di svuotare ciclicamente le carceri con indulti ed amnistie. E, poi, che dire delle altre guerre? Quelle tacite, quelle subdole, quelle combattute con i computer delle banche? Facciamo parte dell’Europa “unita”. Unita da cosa? Non dal linguaggio, non dalle leggi, non dalle tradizioni, non dal governo, bensì dalla moneta. Ah, ecco! A proposito di guerre perpetrate in nome della pace, vogliamo parlare dell’euro e dell’invasione silente che la Germania ha messo in atto nel territorio italiano, riuscendo dove neppure il nazismo l’aveva condotta, ossia ad annientarci? Noi siamo nell’euro solo per soddisfare le esigenze di credito delle banche, solo per nutrire un altro mostro, il golem Eurolandia, che si permette di suggerire, o, meglio, imporre il varo di nuove gabelle affinché gli italiani paghino loro gli interessi, periscano nella morsa dello strozzinaggio legalizzato della nuova finanza! Noi chiudiamo le fabbriche per la concorrenza di altri Paesi che producono merce scadente, ed a volte nociva, a costi inferiori, e ciò solo perché i nostri costi di produzione sono influenzati dal sovraccarico fiscale; noi abbiamo scelto di dimenticare la nostra produzione, il nostro gusto, la nostra arte, il nostro artigianato. L’Italia è in miseria e non solo economicamente, poiché la miseria, quella vera, è dimenticare se stessi.
Si avvicina il 25 dicembre, caro Babbo Natale, ma l’Italia, la gran parte dell’Italia, l’Italia degli onesti non ha la possibilità, né, forse, la voglia di festeggiare. Cosa chiederti, dunque, oltre ad un giocattolo per chi non può permetterselo, oltre alla salute ed alla pace nel mondo? Ti chiedo di infondere nei nostri cuori la speranza che ci hanno strappato via; la forza di reagire, di esiliare i disonesti, i ladri, gli approfittatori, i delinquenti, che ci auguriamo di vedere nella tua lista dei cattivi, privati di qualunque dono la vita possa aver loro elargito fino ad oggi. Ti chiedo di concedere a noi tutti la rettitudine per giudicare e l’intelligenza per cambiare il corso degli eventi, riprendendoci il nostro Paese, la nostra Patria, con le sue tradizioni, i suoi uomini, quelli onesti, la sua verità. E buon Natale anche a te!
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