Caro diario,
colgo qua e là per la Rete lamenti pubblici e privati di molti sinceri antispecisti indignati dalle intemperanze dannose di alcuni animalisti (saranno gli “ismi” d’ogni razza e colore a rovinare il mondo, lo sai, vero?).
Mentre medito sull’eterno scollamento fra teoria e prassi ovvero fra salotto e piazza, riscontro imbarazzanti analogie fra questo ed altri “ambienti”, secondo uno schema che dovrebbe essere — ma evidentemente non è — perlomeno irrrancidito se non proprio obsoleto.
Si ha un bell’essere colti, e mettere paletti, e ripetere che no, non si ha proprio nulla a che fare con i poveri di spirito che con una protesta, un manifesto o un’intervista ti buttano nel cesso anni di lavoro; si ha un bell’esibire vetuste credenziali di serietà e obiettività e apertura progettuale — niente da fare, l’etichetta è quella e te la tieni.
Del resto ci hanno già pensato nelle alte sfere a classificarti come estremista e terrorista, quindi è inutile che provi a fare il furbo; e se, per soprammercato, arriva anche la scomunica dell’intellettualino inquisitore (oh, è pieno il mondo) che per aver orecchiato qualcosa nientepopodimeno che da wikipedia si sente in dovere di marchiarti a fuoco, sei finito — qui habet aures… et coetera.
La signora Adalgisa, che non bazzica né internet né le accademie, si accontenta di quello che legge sui giornali o che dicono in tv: e tu, caro il mio sognatore-che-vuol-cambiare-il-mondo, non hai mica più tante chances. Una volta hai detto… un’altra hai scritto… hai messo una firma qui… hai tenuto una conferenza lì… e si finisce tutti nel calderone.
Il cavallo nero che mi scalpita dentro (come a tutti) mi sbuffa facendo fremere le froge: «Adesso sì che cominceranno a capire…». Davvero, morello mio? Sai, bisogna fare le debite proporzioni: qui si parla di personcine istituzionali, mica di avventurieri del pensiero. Capiranno? Forse. Magari. Qualcuno. O no. T’importa davvero, mio Sleipnir — mio Ronzinante? Andiamo, ché la strada è lunga.