Caro ladro ti scrivo
martedì 2 aprile 2013 di Michele Scarpinato
Caro ladro, forse non leggerai mai questa lettera, o forse sì, visto che aprendo chrome sul mio tablet tra le anteprime dei siti più frequenti trovi anche Abattoir.
Caro ladro, il giorno che sei entrato a casa mia con i tuoi compari-fratelli, era il 20 marzo, la prima Giornata Internazionale della Felicità, ma a casa mia non è stata una giornata felice grazie alla vostra visita.
Casa mia come ben sai è al quarto piano senza ascensore, e forse ti aspettavamo più facilmente dal terrazzo che dalle scale, ma tu, che hai una laurea in furto con scasso, sei riuscito ad entrare, in fondo anche il nostro Andrea ci ha scritto un articolo: Se vogliono entrare entrano comunque.
Ci siamo fatti mille film su di voi, che siate saliti quel giorno quasi per caso, provando a citofonare per vedere se c’era qualcuno, che ci avete osservato o addirittura seguiti; in ogni modo siete entrati e per fortuna siete andati via prima che rientrasse mia madre. Mia madre, che esce di casa pochissimo, quasi sempre per andare a fare visite mediche o per fare la spesa.
Caro ladro, ti racconto anche quello che è successo dopo, affinché tu sappia per bene cosa succede quando te ne vai. Quando mia madre è rientrata ha trovato i calzini di mia sorella a terra all’ingresso, li ha raccolti e ha pensato che mia sorella fosse tornata da lavoro incazzata e avesse lasciato piedi piedi pezzi di sé prima di mettersi a letto. Invece, entrando nella sua camera, ha trovato la stanza smontata e messa sopra il letto. Sappi che si è presa molta paura ed è scappata chiudendo la porta e chiedendo aiuto.
Quando è tornato mio padre, ed è arrivata la polizia, hanno trovato anche la mia stanza completamente violentata. Un po’ di disordine l’avete lasciato anche in bagno, in cucina e nella stanza dei miei. Avete cercato veramente nei posti più disparati. Per ore abbiamo aspettato la scientifica e nell’attesa non abbiamo potuto toccare nulla, solo guardare la casa violentata, stuprata.
La porta, costruita da mio nonno, con le sue mani e nel mio terrazzo, è stata aperta. Si sarà rivoltato nella tomba lui, ma per noi è stato come se ci avessero violentato nel corpo. La vostra intrusione nella casa di una famiglia innocente è stata come una violenza su una ragazzina. Lo avete fatto con facilità, in poco tempo, con quella che la polizia ha chiamato “chiave bulgara”.
Caro ladro, la casa è quel posto in cui l’anima trova riposo, pace e serenità; quel posto in cui speri di ritornare e lasciarti il mondo e il suo schifo fuori, e invece, mentre leggi questo articolo dal mio tablet, in questa casa viviamo tanta ansia.
Vorrei che questa sensazione la provasse anche Giuseppe Todaro, vicepresidente Confindustria Sicilia, che ha invitato a non estorcere più il pizzo, ma di andare a rubare (al nono minuto di questo video)!
Hai preso un po’ di oro di scarso valore e di bigiotteria, un migliaio di euro che l’INPS non regala a mio padre, ma che serve a ripagare gli anni in cui si è spaccato il culo a lavorare e pagare le tasse (con cui vengono pagati anche i sussidi e la sanità per i tuoi figli). Hai preso il netbook di mia sorella che era un regalo pieno di ricordi. Hai preso i miei autoregali di compleanno (sai, io non mi compro mai nulla, e quello che compro è sempre quello che costa meno, perché non mi piace spendere futilmente i miei sacrifici), il tablet che hai tra le mani e le cuffie che hai alle orecchie.
Caro ladro, io non so se tu sia italiano o meno, ma se sei arrivato fin dove sei, in ogni caso sappi che la polizia scientifica, tra una foto e un’impronta ha sospettato che tu fossi zingaro. Io dubito fortemente che tu lo sia e sono orgoglioso che da nessuno in famiglia sia uscito uno scatto xenofobo verso zingari o rumeni. Sappiamo benissimo che potresti essere un ragazzo palermitano qualsiasi, magari abbiamo anche frequentato la stessa scuola media, chissà.
Proprio perché sei entrato a casa mia, in un quartiere popolare, di una famiglia che ha sempre lavorato, sappiamo bene cosa c’è nella tua testa. E anche se la reazione più spontanea sarebbe venirvi a cercare e prendervi a randellate, in fondo, sappiamo che siete “cattivi guaglioni”, che non avete avuto mai molte alternative davanti a voi per campare, che siete vittime di un sistema per cui o fai lo sbirro o il malandrino. Che lavoro non ce n’è specie se sanno che avete la fedina penale sporca.
No, non ti sto perdonando, ma nemmeno ti do tutta la colpa. La mia rabbia non è solo nei tuoi confronti, ma anche verso lo Stato che non fa nulla per evitare che le persone come te vadano a rubare.
Con la speranza che non avremo mai più nulla da spartire, addio.
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