Un partito per vincere deve avere un buon programma, o almeno, deve riuscire a convincere l’elettore di avere un programma migliore di quello dell’avversario. Per farlo però bisogna partire dalla consapevolezza di avere una base, una prima piattaforma sui cui reggersi, e di qui tentatare di estendere quelle fondamenta. E’ necessario tenerla in alta considerazione questa base, vero punto vitale di ogni partito, e poi agire sui simpatizzanti, coinvolgerli, facendoli sentire parte di un progetto affinché vadano a consolidare attivamente le fondamenta, anzi aiutino consapevolmente a costruire assieme quelle fondamenta. Conta tanto la linea politica a cui il partito si ispira, è vero, ma conta altrettanto anche come il partito comunica con il suo bacino di elettori tesserati o semplicemente simpatizzanti. Conta come, attraverso questa comunicazione, il partito è in grado di instaurare una conversazione, un dialogo con il suo popolo o potenziale tale. Non diciamoci che è il succo, l’espressione politica l’unica a contare realmente, e che gli altri sono tutti dettagli, dei di più. Non è vero. Io posso incontrarti, e tu puoi avere ottime idee, ma se quando ci troviamo davanti tu non sei in grado di coinvolgermi, di trasmettere, di farmi sentire in potenza parte di quelle idee, se tu sei il primo a non apparire convinto, coinvolto motivato dalle tue stesse idee, allora c’è ben poco da fare. Il PD, come ha detto Bersani qualche giorno fa, è un partito giovane, con poco più di quattro anni di vita. Ha i suoi svantaggi, certo nella laboriosa ridefinizione della sua struttura, della sua identità, ma porta anche alcuni vantaggi, secondo me, la giovane età, l’inizio di una storia (che poi non è l’inizio ma un rinnovamento, o così voleva essere nelle intenzioni) quando tutto è ancora da scrivere, plasmabile, e le idee, anche dal basso, in quel momento sono una risorsa fondamentale, un giacimento inestimabile, paragonabile al petrolio. Quale migliore occasione per sviluppare uno storytelling che coinvolgesse le nuove generazioni che in quel momento si affacciavano nella loro prima indipendente maturità, in cerca di una identità, di valori, di una casa politica in cui riconoscersi? Quale migliore occasione per fare copotragonisti (ma forse preferisco coautori) di questo nuovo capitolo tutte quelle persone che, orfane di quei progetti politici dalle cui ceneri proveniva, per altro, lo stesso PD, non aspettavano altro che nuove pagine bianche su cui scrivere, assieme? Sono passati gli anni e molti di quei neomaturi in cerca di una identità, ma anche molti di quegli orfani di avventure precedenti, hanno finito in parte per sparpagliarsi altrove. C’è di peggio. In questi anni nemmeno voi del PD siete riusciti a credere fino in fondo al vostro progetto, non siete riusciti a sentirvi realmente coprotgonisti di quella storia, a condividerla prima di tutto tra voi. Siete partiti definendolo un nuovo capitolo (perché un libro intero forse era troppo pretenzioso, e si sa che comunque non lo si scrive in due giorni) e avete finito con l’andare a ricalcare, plagiare, vecchie storie, vecchie trame desuete che già si erano rivelate fallaci. La logica delle vecchie logiche non ha senso se non si vuole restare si sulla poltrona, ma circondati dal nulla cosmico. E’ iniziato un nuovo anno, con un nuovo governo, senza più di mezzo il vostro alibi più grande, quello che in questi ultimi anni vi ha garantito quel minimo di diritto ad esserci e ad essere così. E voi cominciate questo 2012 dimostrando ancora una volta di non sapere comunicare, ancora ostinati con le vecchie dinamiche, ancora una volta non convincenti e al limite della disperazione, ancora una volta dimostrando di non conoscere o di non voler conoscere i vostri potenziali coprotagonisti (anzi, coautori), noi!
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