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Caro Renzi, agli italiani interessano solo i soldi!

Creato il 19 dicembre 2013 da Freeskipper

freeskipper-renzi1di Mario Adinolfi. Sta commettendo cinque grossi errori, Matteo Renzi. Lo avverto come si fa con gli amici, a brutto muso: se insiste, va a sbattere. E per il bene dell’Italia, Renzi non deve sbattere. Bando alle chiacchiere, ecco quello che non deve fare Matteo:
1. NON USARE IL FINANZIAMENTO AL PD COME MERCE DI SCAMBIO: è ovvio che dire a Grillo “rinuncio a quaranta milioni di euro se…” è un errore colossale. Il no al finanziamento pubblico dei partiti per Renzi non è mai stata una pedina di una partita a scacchi, ma una posizione politica indentitaria. Una posizione di rincorsa, perché i primi a teorizzarla e praticarla sono stati quelli del M5S, ma pur sempre una posizione politica netta e chiara fin dalle primarie 2012. Non si rinuncia a 40 milioni di euro se. Si rinuncia punto. Perché sono soldi che non servono al tipo di Pd che ha in mente Matteo: un partito comitato elettorale del leader, perché è dal governo che si risolvono i problemi degli italiani, non da Largo del Nazareno. Le costose sedi, i costosi apparati, il milione e mezzo di euro che il Pd nazionale spende in cene e hotel, i dieci milioni di euro che il Pd spende in comunicazione, sono il problema, non la soluzione. Matteo lo sa. Il M5S lo sa. Gli italiani lo sanno. Occhio a non fare altre cazzate come quella di domenica. Sono gravi.
2. NON PROMETTERE LA LUNA SULLE RIFORME ISTITUZIONALI: se si promette di fare l’abolizione del Senato, l’abolizione delle province, la Camera delle regioni a costo zero e la nuova legge elettorale entro due mesi, si prendono in giro gli italiani. Non si farà nulla di tutto questo con un Parlamento frammentato come l’attuale e non bisogna raccontare ancora favole agli italiani. Si può fare e domani il ritorno al Mattarellum. Renzi non perda tempo, chiuda l’accordo su questo con Berlusconi e Grillo, che hanno interessi tattici su questo coincidenti con i suoi, poi si vada a votare. Se la cosa avverrà presto, Renzi vincerà le elezioni e con una sua maggioranza omogenea potrà fare le maxiriforme che vuole. In questa legislatura non ci riuscirà mai, gli faranno solo perdere tempo per logorarlo. E se prometti la luna e poi non porti la luna, diventi un cazzaro.
3. NON INCASTRARSI SUI “DIRITTI CIVILI”: questa mania di voler passare alla storia come leader di sinistra perché si fanno le leggi pro-gay è una moda precipitosa che ha inguaiato prima Zapatero, che è dovuto sparire dalla politica, poi Hollande che in sette mesi dall’approvazione della legge sul matrimonio omosessuale ha visto precipitare il suo consenso al 20%. A due giorni dall’elezione di Renzi subito tre senatori renziani presentano la loro legge per le unioni civili e subito la Concia e Scalfarotto storcono il naso: è troppo poco. A che serve spaccare il Pd su questioni non prioritarie? Renzi è contrario (lui dice “timido”) rispetto al matrimonio omosessuale, qualsiasi cosa approvi che non preveda la libertà d’adozione e la piena equiparazione ai diritti delle coppie etero sposate, sarà contestata dall’ala LGBT che indicherà sempre il modello francese e spagnolo. Non è una priorità, porta solo danni.
4. NON AFFILIARE IL PD AL PSE: conseguente al punto precedente, pare anche un colossale errore la fretta nello stringersi in un abbraccio con partiti-rottame come Spd, Psf e Psoe. I partiti socialisti sono diventati specialisti in sconfitte elettorali senza appello, come avvenuto in Spagna, Gran Bretagna e Germania, mentre in Francia la disastrosa presidenza Hollande ha resuscitato dall’obitorio della politica addirittura Nicholas Sarkozy. Renzi dice che senza affiliarsi al Pse in Europa non riesce a contare. Io capisco la necessità di far nominare Enrico Letta commissario europeo nel prossimo autunno per toglierselo dalle scatole, ma il Pd renziano è figlio dell’idea di partito all’americana che non ha la sua casa nel Pse. Va bene al limite parcheggiarsi nell’Alde. E non dimentichi Renzi che, insieme allo stesso Letta a Franceschini e a tutti i nuovi azionisti di maggioranza del Pd, la sua provenienza e la matrice culturale è quella del popolarismo italiano.
5. NON IGNORARE CHE LA SPESA PUBBLICA VA TAGLIATA: proprio la matrice culturale renziana dovrebbe agevolare una sua riflessione di fondo. Per far star meglio le persone lo Stato deve spendere meno, così potrà tassare di meno e lasciare più soldi in tasca ai cittadini. L’invadenza pervasiva dello Stato non è più tollerabile. E’ tutta una questione di soldi: non si possono spendere 23 miliardi l’anno per la politica (l’ultimo studio della Uil è spaventoso in materia) e 600 miliardi su 800 di spesa pubblica annua che vanno via in pensioni, sanità, istruzione e stipendi della pubblica amministrazione sono troppi. Renzi sa che 200 miliardi di spesa pubblica possono essere tagliati: asciugando il costo della politica, dimezzando le pensioni sopra i tremila euro mensili, spiegando che la sanità e la scuola sono pubbliche ma il servizio può essere erogato anche dal privato se i costi si abbattono (e si abbattono), così come è una follia pensare che sia sostenibile un sistema con sanità e scuola gratis per tutti, è un sistema che non può reggere più. Altro che dieci miliardi in tre anni da tagliare con la spending review. Inezie. Bisogna dare colpi d’ascia e non di bisturi alla spesa pubblica, per tassare meno il lavoro e le imprese, dando più soldi in tasca agli italiani.

Caro Renzi, su questo verrai misurato: sui soldi, non sulle chiacchiere. Agli italiani ora interessano solo quelli. E allora lascia perdere le chiacchiere, non ti fare logorare dalle chiacchiere. Pensa ai soldi. Rifiuta i soldi inutili e dannosi del finanziamento pubblico, anzi restituisci quel puoi restituire. Poi magari puoi dire ai tuoi parlamentari di dimezzarsi lo stipendio come gesto autonomo, prenderebbero comunque più di te che fai il sindaco. Infine fai capire che tu asciugherai la spesa pubblica, tasserai di meno i lavoratori perché sei di sinistra e vuoi che prima di tutto i lavoratori abbiano più soldi in tasca. Tutto il resto sono cazzate.


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