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Caro Sindaco, parliamo di biblioteche

Creato il 11 aprile 2012 da Martatraverso
Caro Sindaco, parliamo di biblioteche
Ieri pomeriggio Antonella Agnoli ha presentato alla libreria Feltrinelli di Genova il suo ultimo libro, Caro Sindaco, parliamo di biblioteche. Un evento molto interessante, tanto più che il dibattito si è svolto alla presenza di colui che molto probabilmente (a detta dei bookmaker e in humble opinion della sottoscritta) tra un mese diventerà il nuovo Sindaco della mia città, ossia Marco Doria.
Senza dubbio anche la sua presenza - per quanto rapida, a un'ora dall'inizio del dibattito era atteso in tutt'altra location a parlare di futuro della città con il Sindaco di Milano Pisapia - ha contribuito a riempire la libreria di persone interessate a questo argomento, e a capire come l'uomo che per i prossimi cinque anni terrà le redini di Genova intende trattare il patrimonio bibliotecario della città.
La sinossi del libro si apre con una frase che basta da sola a spiegarne il senso: Come l’acqua, le biblioteche sono un indispensabile bene comune che Google non può sostituire. Se tra gli addetti ai lavori si parla molto di come far digerire al cittadino medio il digital lending, non bisogna dimenticare che il ruolo di una biblioteca va ben oltre l'archiviare, conservare e prestare libri.
Secondo Antonella Agnoli la biblioteca ha un ruolo sociale che va ben oltre la sua funzione di contenitore di libri. I dati sulla lettura in Italia sono preoccupanti: il numero di chi legge in modo costante è in calo, ancora di più lo è il numero di chi compra libri, ma al tempo stesso è stimato che in media solo il 10% della cittadinanza ha la tessera della biblioteca. Intorno alla lettura ci sono due polarità: da un lato chi legge forte, dall'altro chi non legge per nulla. Il gruppo numero uno è fatto di chi frequenta abitualmente librerie, biblioteche, fiere del libro e festival letterari, terreno assai fertile per scrittori ed editori, molti dei quali senza di loro probabilmente non esisterebbero.
Secondo la Agnoli è sul gruppo numero due che si deve giocare il futuro della biblioteca: se il Corriere della Sera ha intitolato l'intervista all'autrice Più biblioteche, meno festival non è una dichiarazione di guerra a tutto ciò che alimenta il feticismo libresco del gruppo numero uno, ma piuttosto una proposta concreta di rendere istituzionale quel ruolo che già molte biblioteche stanno assumendo: come ha detto lei stessa al quotidiano, "Occorre creare luoghi che stimolino il rinnovamento culturale, la volontà di incontrarsi e di fare cose insieme. (...) In questo momento di crisi economica dovremmo riflettere di più sulle priorità e oggi il nostro compito è investire le poche risorse che abbiamo nell'allargare il pubblico che viene a contatto con la cultura. (...) La cultura è un diritto di cittadinanza. Non avremo mai indici di lettura simili a quelli degli altri Paesi industrializzati se non permettiamo a chi è stato finora escluso dai circuiti della produzione e del consumo culturale di venire a contatto con il libro, il film, la musica, il testo teatrale".

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