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Caro traghetti: il silenzio dell’Antitrust

Creato il 27 marzo 2011 da Zfrantziscu
di Augusto SecchiSeppur con riprovevoli e a volte incomprensibili ritardi sono giunte all’Antitrust un discreto numero di segnalazioni da parte di associazioni, politici e umanità varia finalmente indignata per gli aumenti ingiustificati applicati sui biglietti dei traghetti. Segnalazioni con le quali si chiede, essenzialmente, di controllare se le compagnie di navigazione abbiano approfittato della loro posizione dominante e abbiano fatto cartello. Espressione standardizzata utilizzata per chiedere se gli aumenti sono frutto di una coincidenza astrale o se, cosa assai più probabile, gli armatori si siano riuniti attorno ad un tavolo - virtuale o in noce massello non fa alcuna differenza – e abbiano giocato un gioco sporco. Lo stesso gioco giocato, ad esempio, dagli industriali caseari negli anni sessanta che, parafrasando Antonio Simon Mossa: “operano in un regime di monopolio, stabiliscono i prezzi e sono padroni del mercato e della nostra vita”. Un gioco che oggi, sotto il cilindro protettivo della globalizzazione, ripetono mettendo in ginocchio i pastori che sono costretti, per farsi sentire, a protestare un giorno sì e l’altro pure sotto palazzi frequentati da uomini in doppiopetto che fanno finta di ascoltare il loro disagio che si trasforma in rabbia, dramma della quale valuteremo la portata quando diventerà tragedia, materiale per future indagini sociologiche e antropologiche con le quali ci riempiranno la testa, magari misurandocela come fece l’allievo prediletto di Lombroso. La prima segnalazione di Altroconsumo sul caro traghetti, datata 20 gennaio, non ha ancora avuto risposta. L’Antitrust temporeggia, riflette e, ogni tanto, si aggiorna. E intanto il tempo passa: i sardi sono costretti all’immobilità, i turisti scelgono mete più convenienti, altri aspettano un segnale divino o un passo indietro terreno, in migliaia disdicono prenotazioni, il popolo di camerieri, chef, giardinieri, cuochi, animatori eccetera eccetera aspetta impaziente che squilli il telefono e che, dall’altra parte, ci sia qualcuno che gli dica che anche quest’anno, seppur solo per tre mesi, si sentirà un lavoratore, cittadino di un’Italia il cui primo diritto sancito dalla costituzione è il lavoro. Un lavoro che non c’è, evidentemente, e del quale l’Antitrust, come il nostro Governo impegnato in un federalismo solidale che ci affosserà, pare non preoccuparsi. Forse ci vorrebbe qualcuno che sollecitasse l’Antitrust per un controllo sui responsabili esitanti dell’Antitrust.  Qualcuno che, scuotendoli dall’abbiocco, li avvertisse che ogni giorno di ritardo equivale, per  la Sardegna, a un passo verso il baratro. E una spinta - leggera o sostanziosa sarà il tempo a dircelo - gli è stata assestata anche da chi invece di darsi una mossa, nicchia, indugia, tentenna.

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