Premetto: io sono per la tolleranza sotto zero nei confronti dei bulli.
Anche quando ero bambino io (cioè a cavallo tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo) vi erano i bulli. Qualcuno li ignorava, qualcuno li sopportava, qualcuno reagiva.
Un mio zio una volta ebbe il sospetto che il figlio, che frequentava le elementari, molestasse gli altri bambini. Un giorno si intrufolò tra la gente all’uscita da scuola e vide che il bambino effettivamente infastidiva gli altri. Raccontò che lo trascinò a casa per un orecchio e lo punì severamente, avvertendolo che la prossima volta per lui sarebbe stato ancora peggio.
Oggi ovviamente le cose si sono fatte diverse e più pericolose. Ne sono prova i frequenti episodi che accadono, l’ultimo dei quali è stato quello di Carolina, la ragazza di quattordici anni che il 5 gennaio si è suicidata, gettandosi dal balcone di casa.
Ripeto: il bullo va reso immediatamente inoffensivo, attuando una strategia “rieducativa” fatta di studio, di lavoro e di proibizione di qualsiasi contatto con la rete. Una presa di coscienza di sé stessi e del rispetto verso le altre persone che può venire facilitata da alcuni semplici lavoretti utili per la società, per esempio la pulizia delle stalle, l’igienizzazione approfondita dei bagni della scuola, ecc.
Poi è ovvio che identica strategia “rieducativa” vada applicata anche nei confronti dei genitori. (in questo caso li hanno colpiti nel portafoglio…).
Però nel caso di Carolina c’è un particolare che non mi quadra (parlo ovviamente sulla base delle informazioni riportate dai giornali). Pare che la ragazza sia stata molestata, insultata, filmata, forse anche violentata durante una festa, mentre si trovava in bagno e stava male. Lei aveva quattordici anni; i ragazzi indagati sono tutti minorenni, ma qualcuno arriva a diciassette anni.
Ora io, da genitore del diciannovesimo secolo, mi chiedo: quale adulto era responsabile di quella festa?
Se mia figlia a quell’età mi chiedesse di andare a una festa (in un locale pubblico o in una casa privata) vorrei vedere e conoscere l’adulto che si assume personalmente la responsabilità della stessa. Il quale, ovviamente, deve anche garantire per gli altri partecipanti e che non circolino alcolici e altre “cose strane”. Stiamo parlando di minorenni. Un maggiorenne può fare quello che vuole, un minorenne no. Punto.
Mi pare strana la leggerezza di alcuni genitori. Quando mia figlia mi ha chiesto di aprire un profilo su facebook, le ho risposto che fino a dodici anni non si può. Allora mi ha mostrato i profili di alcune sue amiche di scuola e addirittura quelli di bambini di età ancora inferiore, con tanto di nome e cognome, foto, ecc.
Ecco, forse un maggiore senso di responsabilità da parte dei genitori non guasterebbe.