Sono trascorsi 25 anni da quando John Lasseter, attorniandosi della meglio gioventù della Silicon Valley, ha messo in piedi la grande bottega dei Pixar Studios. Un quarto di secolo segnato da enormi sviluppi tecnologici, che hanno portato la Pixar a raggiungere vette di assoluta perfezione tecnica. Il recente matrimonio “ufficiale” con la Disney ha poi sancito la definitiva presa d’atto che la animazione computerizzata di Lasseter & Co. rappresenta nell’immaginario di milioni di bambini nati nel ventunesimo secolo quello che nel dopoguerra è stato incarnato dalle creazioni animate di Walt Disney: un modello estetico ed artistico di grande intrattenimento trans-generazionale, capace di parlare al cuore e alla fantasia dei più piccoli e di regalare ai più grandi salutari momenti di evasione e di riflessione. Walt Disney è stato un antesignano della ricerca continua di innovazioni tecniche in ambito cinematografico: il Technicolor, il suono stereofonico (utilizzato per la prima volta per “Fantasia”, nel lontano 1940), la multiplane-camera, la macchina xerografica per le animazioni in serie (“La carica dei 101”). Era quindi nell’ordine delle cose che oggi, nel 2011, a capo dei Disney-Pixar Studios, finisse uno come John Lasseter, intelligenza capace di coniugare la tensione verso il progresso tecnico ed il gusto un po’ vintage per la conservazione di quanto di buono e di grande la Disney ha offerto a generazioni di spettatori. Sua la volontà di continuare a produrre film con animazione tradizionale (il primo nato di questa nuova fase è stato “La principessa e il ranocchio”). Sua la convinzione di continuare a puntare sulle straordinarie menti e professionalità del team, in continua crescita, che ha prodotto i capolavori che si sono guadagnati un meritatissimo Leone d’Oro alla Carriera durante la Mostra del Cinema di Venezia di due anni fa: Andrew Stanton, Brad Bird, Pete Docter, Lee Unkrich.
“Cars 2”, distribuito nelle sale Italiane a partire dal 22 Giugno, è l’ultimogenito membro della famiglia Pixar ma, purtroppo, probabilmente non quello che si farà ricordare di più. Alla consueta, ormai scontata, eccezionale perizia tecnica a cui i film Pixar ci hanno abituati, forse per la prima volta manca qualcosa: manca alla storia raccontata quella freschezza necessaria per appassionare e sorprendere. L’effetto “stanchezza da sequel”, brillantemente superato in “Toy Story 2” e, ancora più, in “Toy Story 3”, in “Cars 2” si fa un pochino sentire: per la mancanza di personaggi memorabili e solenni come il Doc Hudson-Paul Newman del primo episodio, a causa di una storia un po’ troppo ripetitiva e forse eccessivamente prolissa, per il venir meno del fondamentale supporto della colonna sonora (a quella del primo episodio avevano collaborato musicisti del calibro di Randy Newman, Sheryl Crow e James Taylor) e per qualche limite di sceneggiatura. Non mancano però le (molte) note positive: una straordinaria sequenza di apertura che rivisita in versione a quattro ruote le spy story bondiane e le coreografie action alla Mission Impossible, la meravigliosa caratterizzazione grafica degli scenari continentali giapponesi, italiani, londinesi e parigini (con gustose chicche pixariane per gli spettatori più attenti disseminate qua e là), alcune prestigiosissime partecipazioni al doppiaggio italiano (tra gli altri Franco Nero, Vanessa Redgrave e Sofia Loren), un messaggio di buon senso e “prospettiva” a favore delle fonti di energia rinnovabili. O alternative, come il carburante organico fatto in casa da Fillmore, il furgoncino hippie Wolkswagen ’60: la vecchia guardia, ancora, quando serve.
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