Carta d’intenti

Creato il 15 ottobre 2012 da Gaia

Per la prima volta in vita mia sto prendendo seriamente in considerazione l’idea di annullare la mia scheda alle prossime elezioni nazionali. Questo, però, perché non ho ancora esaminato uno per uno i programmi elettorali di tutti i partiti, anche perché ancora non ci sono. Lo farò, perché preferisco dare il mio voto a un partito che ha poche possibilità di arrivare in parlamento, che non darlo affatto, e preferisco non darlo affatto che darlo a qualcuno in cui veramente non credo. Come ho accennato due post fa, non penso che le istituzioni siano l’unico agente del cambiamento, anche se non ne sottovaluto l’importanza. Per cui la logica del meno peggio funziona fino a un certo punto: il voto “utile” a scongiurare l’avvento al potere del “nemico” è utile solo se chi voti ti rappresenta almeno in buona parte. E guardando la Carta d’intenti della coalizione del centro sinistra, vedo enormi problemi.
Il mio principale problema è uno dei primissimi punti, e in particolare affermazioni campate in aria come “noi siamo l’Europa, nel senso che da lì viene la sola possibilità di salvare l’Italia” o “integrare la più grande area economica del pianeta in un modello di civiltà che nessun’altra nazione o continente è in grado di elaborare” (???).
Quindi questo centro sinistra vuole continuare quella marcia spaventosa verso l’esautorazione di sé che è l’integrazione europea. La pace europea, l’ho già detto, è un fine nobile, coordinamento a livello europeo in molti campi una buona idea, ma per me il potere dev’essere locale, e su questo punto non posso soprassedere. Mi spaventa che quasi nessuno a sinistra capisca che più è lontana la sede del potere, e più complessa la macchina, meno voce in capitolo avranno i cittadini, più sarà facile per chi ha soldi e mezzi (lobby ma non solo) influenzare le scelte centrali e confondere il pubblico sulla realtà delle cose. Per molti, in Friuli Venezia Giulia, già Roma è lontana. Io non sono per l’indipendenza perché mi riconosco nell’Italia per la lingua e la cultura comune, ma sicuramente sono favorevole al godimento di un’autonomia (equa) perché oltre a riconoscermi per lingua e cultura anche nel Friuli Venezia Giulia, trovo che i centri di potere locali siano abbastanza vicini perché io e altri cittadini possiamo sperare di esercitare la nostra influenza su di essi. Basta vedere la vicenda del tribunale di Tolmezzo per capire quanto sia lontana Roma. Alle volte è lontana anche Trieste: vanno ascoltati i singoli comuni, i comitati, i cittadini, i quartieri. E non è una questione di chi governa, perché il governo regionale attuale non mi rappresenta: ma almeno posso sperare di farmi sentire.
Piccolo è accessibile; la grandezza è una mania degli imperi, e gli imperi non hanno cittadini, ma sudditi. E la pace si costruisce giorno per giorno, non si garantisce con un’unione forzata.
Il dibattito sull’Europa, come ho già scritto, è incentrato sui contenuti e non sulla forma. A sinistra in particolare: “non vogliamo quest’Europa della finanza e bla bla bla, ma un’altra Europa del lavoro e dei diritti”. Certo, è possibile che un’enormità geografica venga presa e diretta da un governo di sinistra – pensiamo all’Unione Sovietica o alla Cina. Non è che grande vuol dire per forza di destra. Ma grande vuol dire per forza lontano – e quasi inevitabilmente, autoritario. E poi quante energie dovremmo spendere per una battaglia ideologica a livelli altissimi, quando potremmo concentrarle in tante battaglie di buon senso a livello locale, che avrebbero la capacità di coinvolgere tutti e di dare risultati più immediati e adattati alle tantissime realtà europee?
Io non sono “antieuropeista” nel senso che non amo l’Europa: mi piace e mi affascina come penso affascini la maggior parte dei suoi abitanti. Ma l’Europa è troppo varia e grande per essere governata tutta insieme, e sono troppo incerti i suoi confini, data la storia di infinite influenze, spostamenti e contaminazioni. C’è l’altra sponda del Mediterraneo, il Medio Oriente, il mondo slavo… chi sta dentro e chi sta fuori? Per me può andare bene l’Europa degli stati, che ora sappiamo non saranno mai perfetti stati-nazione, con governi regionali che godono di molta autonomia e si accordano con i governi regionali confinanti.
Insomma, questa coalizione qui difficilmente avrà il mio voto, dato che si proclama europeista con un entusiasmo che non riserva a nessun altro punto del suo quasi-programma. Probabilmente voterò alle primarie, probabilmente Vendola, per cercare di evitare almeno che diventi molto probabile che Renzi sia premier. Ma a mettere la crocetta su questa roba che ho letto oggi non mi ci vedo. E se vi sembra che io insista troppo su un unico punto, rispondo: che senso ha anche mettersi a pensare a cosa faresti di te stesso, quando hai già stabilito che per te deciderà qualcun altro?
La cosa peggiore è che il mio voto o non voto non influirà quasi nulla sul processo in atto di integrazione europea. Bisognerebbe rovesciare sessant’anni di storia, rovesciare i termini della questione, rovesciare i luoghi comuni per cui integrati è sinonimo di concordi, e poi bisognerebbe far arrivare tutto questo in alto e in largo. Non c’è tempo, e ci sono anche tante altre cose da fare. La mia paura è che poi sarà troppo tardi: una volta che hai ceduto la tua sovranità, o che ti è stata sottratta, riprendertela è difficilissimo. Penso alle tante minoranze d’Europa che lottano ancora contro gli stati nazionali, alle volte pagando con il sangue e perdendo ancora. Forse, non lo so, anche molte di loro vedono nell’Europa la salvezza – io no. Per me non è una questione di contenuti, ma di numeri. E riguardo ai contenuti: ora abbiamo le carte dei diritti, ma domani? Già vediamo cosa sono in grado di imporre (alla Grecia, a noi) le istituzioni europee. Chi ci dice che un giorno non saranno ancora più spietate? E se e quando lo saranno, con che armi le combatteremo e le rovesceremo?

Passando al resto della Carta d’intenti, ci sono tante cose che condivido, che sono anche piuttosto vaghe, ma se dobbiamo consegnare la sovranità all’Europa, che importa di cosa farebbe questa coalizione nel paese? Che si decidano.
Ci sono anche proposte che mi fanno rizzare i peli sulla schiena. “Favorire una ripresa della natalità”?? In un paese che continua a crescere di centinaia di migliaia di persone ogni anno?? Ma qualcuno guarda i dati dell’Istat?? L’espressione “domanda d’istruzione” mi riporta alla mente la critica radicale di Ivan Illich al sistema scolastico, che riduce il sapere a merce e nega ogni altra strada per la conoscenza del mondo al di fuori di scuole e università.
Blanda la parte sulla laicità, nulla sulla decrescita, anzi, la parte sullo “sviluppo sostenibile” è un guazzabuglio che non dice nulla sul deficit di terreno agricolo e su riduzione dei consumi e degli sprechi. L’ambiente è larghissimamente ignorato. Il sostegno a parole all’autogoverno locale mi sembra in contraddizione con quanto detto sopra. Sulla finanza non si capisce. Niente sull’affollamento delle carceri e su misure che si potrebbero intraprendere per mandare meno gente in galera. Niente sul reddito di cittadinanza. L’espressione “maggioranza qualificata” alla fine fa capire che comanderà il partito più grosso. Infine, niente sulla TAV, e “assicurare la lealtà istituzionale agli impegni internazionali e ai trattati sottoscritti dal nostro Paese, fino alla verifica operativa e all’eventuale rinegoziazione degli stessi in accordo con gli altri governi” mi fa chiedere cos’abbiano intenzione di fare di questo.
Insomma, di tutta la tiepida fuffa di questa Carta non so cosa farmene. È tutto vago, tutto poco coraggioso, anche quando è condivisibile, tutto vagamente zerbinesco. Poveri noi: dall’altra parte ci sono Grillo o Alfano.


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