I viaggi in autobus ci aiutano a riscoprire la bellezza di essere parte della comunità locale: la mamma che accarezza il bimbo accanto a me guarda il passeggio delle prime nuvole dal finestrino. Norimberga è una città che non ti aspetti, lo capisci subito, appena arrivi: è una città che vuole farsi scoprire lentamente, con discrezione e svelarti così i segreti di questa zolla della Germania.
Alla larga dagli italiani piagnucoloni che a colazione vorrebbero solo cornetto e cappuccino, mi fiondo in una macelleria. Mi cuociono a prima mattina una manciata di salsicce di Norimberga, quello che loro chiamano Bratwurst.
Ingurgito calorie a sufficienza per arrampicarmi fino al Castello, che gioca a fare da macchina del tempo. Poi finisco nella casa di Albrecht Dürer. Ripenso a l’arte di Miriam Prato, brava artista scoperta in una galleria del piacentino e capace di ingrandire con poesia e dare una nuova vita ai piccoli dettagli delle tavole di Dürer.
Monica, guida italiana trasferitasi qui da Roma vent’anni fa per amore di un tedesco, mi porta a zonzo. Raccolgo i piccoli dettagli che sono in fin dei conti il nutrimento di ogni viaggiatore che si rispetti. I riflessi dell’acqua dei canali sciacquano le macchie di chi continua ad assocciare Norimberga a roccaforte del Nazismo.
Gli orrori del Führer, seppelliti con disprezzo dai berlinesi, serpeggiano sotto le macerie di questa città completamente ricostruita, tra ombre della memoria, del Nazismo assassino dietro gli scheletri nell’armadio.
Norimberga merita di essere ricordata per altro, per la sua timida bellezza che viene fuori da una pudica scollatura come la piazza del Mercato dove mi fermo a parlare con gli ambulanti. Il viaggio è il tragitto più coerente per imparare a silurare i pregiudizi: la grande civiltà dei tedeschi resta ancora una gran bella lezione a dispetto della cialtroneria all’italiana. E tutto non si riduce alla goliardica sfida su un campo di calcio al prezzo di un pallone tirato in porta.
Sotto una pioggia estiva, dal profumo bagnato delle lacrime, riparto sul mio autobus. La Germania ha sofferto, ha pagato. Con la complicità di una classe di docenti imbecilli noi abbiamo solo giudicato.