Casa Moravia. Sabato mattina. Lui sta all’ultimo piano, con due splendide terrazze. Al citifono leggo: Fondazione Alberto Moravia. Salgo con l’ascensore e mi apre un signore alto e in carne, la guardia del corpo della casa di Moravia. C’è un libro aperto di fronte all’entrata, sotto a un grande quadro: è il quadernone degli ospiti.
“Entrò Carla; aveva indossato un vestitino di lanetta marrone con la gonna così corta, che bastò quel movimento di chiudere l’uscio per fargliela salire di un buon palmo” (Gli indifferenti)
Nell’ingresso i quadri proliferano: Schifano, Scialoja, persone, artisti amici di Alberto Moravia. Lungo il corridoio centinaia di libri, nel soggiorno centinaia di libri, ovunque libri, da Freud a Pavese, da Sciascia a Orwell, ma non è questo il punto, mi trovo nella casa di uno scrittore, mi dico, i libri devono strabordare. Anche i ritratti di Moravia strabordano, ce ne sono due giganti, più una fotografia. Lo studio è minimale, mentre nel salone ci sono cuscini con ricami di fiori sul divano chiaro. Ma nello studio c’è un tavolo da lavoro, una scrivania artigianale, fatta da un falegname e sopra l’immancabile fotografia. Posso sedermi qui? Chiedo, in imbarazzo.
Vado a vedere la camera da letto, con una valigia sopra: Moravia sta per partire, o è già partito, non lo so. Vado a cercarlo in una delle terrazze, i fiori sono rosa e stanno in salute. Qualcuno allora c’è, a parte il guardiano, o è lui che bagna i fiori di Moravia? In cucina, poi, mi rilasso, mi siedo, appoggio il mio quaderno sul tavolo. Allora, Moravia, dove ti sei nascosto? Mi invita e non si presenta, a casa sua poi! La porta del bagno è semiaperta, la apro del tutto; è vuoto.
Esco ripassando dall’ingresso ovviamente e lascio il mio commento sul librone: “Caro Alberto Moravia, caro scrittore, la prossima volta ti voglio vedere, incontrare, devo chiederti molte cose, perché io sono solo una bambina”. Saluto il buttafuori e gli faccio un sorriso, prendo l’ascensore: “Io l’ho visto Moravia”, mi dice la signora che è già dentro: “L’ho visto tra i tavolini di un bar”. Allora vado al caffè Rosati, ma non ci sono né lui né Elsa Morante.
Il romanzo d’esordio, Gli Indifferenti, fu pubblicato a spese di Alberto Moravia nel ’29.
Ornella Spagnulo