Parto presto, prima dell'alba, per raggiungere la montagna. La provinciale sterrata sale tortuosamente per otto chilometri, serpentina appena tracciata in mezzo al verde dei faggi. Pochi segnali, quasi nessuna barriera di protezione, ché a guardare di sotto ti viene la vertigine.
L'altopiano si apre spazioso, quasi tocca l'azzurro del cielo, e io, una volta arrivata, dirigo i miei passi verso ogni direzione, affamata di mete, illusa di raggiungere quel rimbalzo di cime che scorgo lontane, intersecate una sull'altra in una variazione all'infinito.
Non è solo un luogo estetico la montagna, canto di grilli, cardi, erba medica e trifoglio punteggiati di fiori profumati, è soprattutto spazio di lavoro con i fieni falciati già riposti a destinazione, i cumuli di pietra accatastati dopo la bonifica dei campi, i casali che dominano le grandezze agrarie.
Sono al confine tra Vallo di Nera e Cerreto di Spoleto e qui di casali ne vedo parecchi. Sono lì, presìdi d'alta quota, ad assolvere alla funzione di rifugio, a fare da ricovero per gli animali e a contenere i foraggi. Un tempo erano indispensabili per la pastorizia, la lavorazione dei boschi, la raccolta dei tartufi, l'agricoltura; oggi in più sono punti di riferimento per il trekking escursionistico e come rimessaggio per gli attrezzi. Non ancora come strutture ricettive, perché mancano energia elettrica e acqua potabile.
I casali di questo altopiano sono costruzioni in pietra locale, a due piani, con tetti di coppi e mattoni, solai in legno con grosse travi.
Hanno tante porte per dare indipendenza ai vani, poche finestre ché tanto non sono necessarie. Di fuori, accanto a ogni casale, svetta almeno un albero di testuccio, acero campestre che qui chiamano tristullo.
Al piano terra si trovano le vecchie stalle, una dentro l'altra, con le mangiatoie; al piano primo le capanne e una casetta col focolare arredata con vecchie suppellettili un tempo utili ai pastori, ormai cadute in disuso.
Fuori dal casale l'approvviggionamento dell'acqua per gli usi non potabili era assicurato da un pozzo-cisterna ( a volte anche da due).
C'è pace in montagna, aria pulita, sole che scotta schietto, cespugli di erbe aromatiche che stordiscono di profumo vero, mazzi di finocchio selvatico concimato da relitti di letame ovino, stagliati sui ricami del cielo. Paesaggi naturali e paesaggi plasmati dal lavoro, geometrie rassicuranti. Questa è l'Umbria amata dagli abitanti e dai tanti turisti, che scelgono Paradisi mantenuti da chi ancora crede nella terra e nella sua bellezza. Non solo per merito di chi si vanta di fare buona pubblicità, ma per quel lento e faticoso centellinare quotidiano, che si fa ammaliare più dall'armonia che dal guadagno.
In basso lungo la strada, l'imposta di un boscaiolo, che provvede a rifornire i focolari di città, in questa estate dove anche la legna, come molta parte del lavoro agricolo, ha prezzi sempre più bassi.