John Paulson, manager del colossale “hedge fund” (fondi speculativi che in teoria dovrebbero fare soldi in ogni condizione di mercato, ribasso o rialzo) e 39esimo nella classifica delle persone più ricche del mondo secondo Forbes, ha scommesso 26 miliardi di dollari contro i Bund, i buoni del Tesoro tedeschi, puntando sulla loro caduta.
Bene, ammettiamo che questo signore vinca la scommessa - vale a dire che i Bund tedeschi perdano valore e che la Germania piombi in una crisi finanziaria da paura - e riflettiamo: quanta logica economica c'è in tutto questo? Economia = amministrazione della casa, dove per casa - a questi livelli - va inteso il pianeta. Non voglio fare il minimo accenno alla moralità della questione: mister Paulson fa il suo mestiere, ha i soldi*, ha sangue freddo, entra dentro il casinò delle varie borse mondiali e fa la sua puntata. La stessa cosa può accadere nei casinò classici, dove, addirittura, una volta tanto, qualcuno vince contro il banco. Ecco: una volta tanto, non sempre. Tra l'altro, il banco dei veri casinò sa quando è il momento di fermarsi per non far vincere troppo il fortunato ed abile giocatore. Nel caso delle piazze finanziarie (i cosiddetti casinò globali), invece no, non sanno quando è il momento di chiamare il buttafuori e dire: «Ehi mister Paulson hai finito di giocare, perché i casi sono due: o bari o hai troppo culo, quindi aria, goditi la miniera di denaro che finora hai vinto, ma ora basta». È intollerabile che per far salire in graduatoria il signor Paulson dal trentanovesimo al - supponiamo - ventesimo posto, debba acuirsi la crisi generale del sistema: disoccupazione, recessione, aumento dei suicidi, eccetera. Se la politica non si mette in testa che questi giochetti sono veri e propri crimini contro l'umanità (meno cruenti delle repressioni sanguinose ok, ma con effetti sulla popolazione altresì devastanti), non ci sarà alcuna speranza di salvezza.
*Anche se il denaro che smuove e controlla non è tutto suo: egli gestisce fondi speculativi che appartengono a più titolari; egli si limita a farli fruttare, quasi sempre bene.