Il caso Abljazov, e in particolare l’espulsione dall’Italia della signora Abljazova, hanno generato un dibattito aspro e partecipato nella politica e nell’opinione pubblica italiane. Affinché, nell’abbondanza di cronache e approfondimenti più o meno fedeli degli eventi, e di commenti da parte di persone più o meno competenti, non si perdano di vista le dichiarazioni dei decisori, pubblichiamo di seguito tre documenti ufficiali. Si tratta di:
- risposta del Vice-Ministro degli Esteri italiano Lapo Pistelli alle interrogazioni poste, nell’ambito della Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei Deputati, in data 16 luglio [vai];
- audizione del Ministro degli Esteri italiano Emma Bonino alle Commissioni congiunte Diritti umani ed Esteri del Senato, in data 24 luglio [vai];
- informativa del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica del Kazakhstan [vai].
Risposta del Vice-Ministro degli Esteri Lapo Pistelli alle interrogazioni parlamentari
1. Vorrei subito dire in premessa quanto segue:
a) il Ministero degli esteri, per legge, non ha alcuna competenza in materia di espulsione di cittadini stranieri dall’Italia né ha accesso ai dati relativi a cittadini stranieri ai quali sia riconosciuto da Paesi terzi lo status di rifugiato politico;
b) la sola prerogativa del Ministero degli esteri è pertanto quella di verificare l’eventuale presenza nella lista di agenti diplomatici accreditati in Italia di nominativi che possano essere di volta in volta segnalati dalle Autorità di Sicurezza italiane;
c) nel caso di specie, nessuna indicazione è stata fornita alla Farnesina circa i motivi della richiesta di informazioni sull’eventuale status diplomatico della signora Shalabayeva. Vorrei peraltro rilevare come la richiesta non fosse corredata dal nome completo della signora – il fax della Questura si riferiva solo ad «Alma
Ayan» (senza menzione del cognome Shalabayeva) – né da una segnalazione circa il rapporto di parentela con il dissidente Ablyazov, né con chicchessia, né tantomeno veniva specificato che si trattasse di un caso di espulsione.
A parte, quindi, tale richiesta di informazioni presentata dalla Questura di Roma al nostro Cerimoniale Diplomatico, in nessuna delle fasi che hanno preceduto l’espulsione della cittadina kazaka è stato mai coinvolto alcun funzionario del Ministero degli affari esteri, né il Consigliere Diplomatico presso il Ministero dell’interno è stato informato dei contenuti della vicenda.
2. Come noto, in occasione del «question time» del 10 luglio scorso, il Presidente del Consiglio dei ministri ha annunciato «l’avvio di un’accurata ed articolata indagine» sulla vicenda che ha interessato l’espulsione della cittadina kazaka, Alma Shalabayeva, e della figlia minorenne con l’obiettivo di fornire una pronta ed adeguata «risposta ai più che legittimi interrogativi» avanzati. Occorrerà quindi attendere i risultati di
tale indagine che, come preannunciato dal Presidente Letta, «saranno resi noti al più presto al Parlamento ed alla pubblica opinione». Alla luce degli esiti di tale indagine si valuteranno i termini delle iniziative da assumere verso le autorità kazake.
3. La Farnesina, non appena appreso della vicenda, si è immediatamente attivata al fine di verificare le condizioni della signora e della figlia. Il Ministro Bonino ha quindi dato istruzioni alla nostra Ambasciata ad
Astana:
a) di compiere un passo presso il locale Ministero degli affari esteri per manifestare l’attenzione con cui la vicenda viene seguita da parte italiana con specifico riferimento ai diritti individuali della signora e
b) di inviare un funzionario ad Almaty, dove la signora risiede, per accertarsi delle sue condizioni e per raccogliere sin dal 18 giugno scorso la sua firma per iniziare le procedure per il ricorso avverso il decreto di espulsione. Al contempo, su istruzione del Ministro Bonino, gli avvocati della signora Shalabayeva sono stati ricevuti alla Farnesina il 13 giugno e il 2 luglio per fornire ogni possibile assistenza. Un prossimo incontro con i legali è previsto il 18 luglio.
4. Con riferimento ai rapporti economici tra Italia e Kazakhstan, si precisa che l’interscambio tra i due Paesi ammonta a 5,5 miliardi di euro nel 2012. L’Italia è nel contempo il secondo Paese esportatore in
Kazakhstan, ed il sesto in assoluto, con oltre 800 milioni di euro di export nel 2012 (pari ad oltre il 70 per cento di tutto il nostro export in Asia Centrale). L’Italia è al contempo uno fra i principali importatori di prodotti kazaki, in particolare quelli energetici (le nostre importazioni si sono assestate a circa 4,7 miliardi di euro nel 2012). Con riferimento al rapporto di «Human Rights Watch» sulle violazioni dei diritti dei lavoratori del settore petrolifero in Kazakhstan compiute durante gli scio- peri avvenuti nel Paese nel 2011, in particolare nella regione occidentale del Mangistau, esso ha costituito oggetto di uno specifico approfondimento richiesto dalla Farnesina alla nostra Ambasciata ad Astana. Dalle verifiche svolte anche con
società italiane in loco, risulta che esso conterrebbe alcune inesattezze con riferimento all’operato di Ersai (joint-venture partecipata da SAIPEM). In particolare, il personale impiegato presso quest’ultima,
infatti, non risulta essere stato oggetto della repressione subita dagli scioperanti a Zhanaozen (che dista circa 80 km dagli impianti di SAIPEM ubicati nella località di Kurik). Semmai è dimostrabile che pressoché tutto il personale di Ersai precedentemente in sciopero sarebbe stato reintegrato al proprio posto di lavoro già da molto tempo. I licenziamenti «di massa» denunciati nel rapporto citato non riguarderebbero pertanto in alcun modo tale società.
Comunicazione del Ministro degli Esteri Emma Bonino al Senato
Signori Presidenti, onorevoli senatori e senatrici, innanzitutto grazie molte della opportunità di questa audizione sull’attività mia e della Farnesina tutta circa il caso noto della signora Alma Shalabayeva e della figlia Alua, rimpatriate nella serata del 31 maggio. E’ una vicenda di grandissima delicatezza, sulla quale si impone la massima chiarezza. È una vicenda che tocca aspetti di notevole rilevanza per il nostro Paese e per i suoi valori fondamentali. Come sapete, su questa vicenda sono già intervenuti in Parlamento il viceministro, Pistelli, il ministro Alfano ed il Presidente Letta. Per parte mia, offro oggi il doveroso contributo sulla posizione da me assunta sulle azioni intraprese dall’Amministrazione che guido, la Farnesina. E lo faccio con la serenità di chi non ha lesinato un giorno, un attimo, uno sforzo, con la sensibilità di chi “per passione e attività politica” ha fatto della tutela dei diritti umani la ragione di un’intera esistenza e lo faccio qui con la mia diretta testimonianza, in quanto responsabile politicamente, di una immediata, continua e scrupolosa attività degli uffici della Farnesina, chiamati a gestire ex post le conseguenze di un caso per il quale abbiamo o si è finora, giustamente, dibattuto sulla dinamica ex ante. Ancora ieri venivano riprese sulla stampa mie dichiarazioni da Bruxelles su “punti oscuri sui quali dovevano rispondere altre istituzioni”. Non è un mistero per nessuno credo che la Procura di Roma ha aperto un’indagine sulla vicenda del passaporto, come sapete, né è un mistero per nessuno che le dichiarazioni del ministro Cancellieri in Parlamento quando ha annunciato in Parlamento di aver predisposto un supplemento d’indagine. Quindi non erano segreti i punti che si dovevano chiarire. Ma prendevo atto di questa situazione nella consapevolezza aggiuntiva che tutta una serie di affermazioni (spesso distorte) sulle attività della Farnesina potevano essere considerate non veritiere; e quindi l’occasione spero oggi mi consentirà di chiarirle una volta per tutte. Questo nonostante che nei giorni precedenti avessi io stessa fornito alla stampa varie precisazioni. Ma questa è la sede privilegiata per esporre con compiutezza quanto ho visto e fatto in questa delicata vicenda. E lo faccio ancor più volentieri se ripenso a qualche critica che ho letto circa un mio asserito silenzio sulla questione. La realtà è che ho invece, sin dal primo momento, promosso e sollecitato il massimo chiarimento su un caso così rilevante. L’ho fatto con l’anima e la passione di chi si occupa da una vita di diritti civili ed ho agito sulla base del rispetto delle istituzioni alle quali sono tenuta come Ministro. Con determinazione ma sempre nel rispetto delle regole e del le forme dovute.
Sono stata informata telefonicamente del caso, da parte di esponenti della società civile, nella tarda serata del 31 maggio e ad operazione già avvenuta. Da allora ho dato inizio ad una azione incessante assieme ai miei diretti collaboratori e agli uffici della Farnesina, che voglio qui ringraziare pubblicamente; azione che continua ancora oggi e che si è mossa essenzialmente su tre direttrici: in primo luogo, assicurare al meglio la tutela dei diritti della signora Shalabayeva e di sua figlia; secondo, effettuare la doverosa sensibilizzazione in seno al Governo e promuovere la necessaria raccolta di informazioni; in terzo luogo, dare luogo a tutti i contatti e le attività sul piano esterno, necessari a seguito dell’avvenuta espulsione in Kazakistan. Prima di dare il via a queste azioni ho avviato ovviamente gli accertamenti istituzionali su quanto avevo appreso da questa telefonata. Alla telefonata si è aggiunta una e-mail che ho ricevuto più dettagliata il giorno successivo, sabato 1 giugno, in serata. Di lì, l’esigenza di verificare con scrupolo quanto avevo saputo, tanto che mi sono rivolta personalmente al ministro Alfano il giorno successivo, domenica 2 giugno in occasione della parata dei Fori Imperiali; la richiesta di informazione è stata ribadita dal mio Capo di Gabinetto, Pietro Benassi, sempre il 2 giugno al Capo della Polizia. Di questo ho dato anche informazione al Presidente del Consiglio il giorno successivo, 3 giugno. L’unico contatto di tutta questa vicenda con la Farnesina e di un suo eventuale precedente coinvolgimento – e su cui vorrei fornire una volta per tutte un chiarimento – riguarda il fax ricevuto dal Cerimoniale del Ministero degli esteri il 29 maggio dalla Questura di Roma, avente per oggetto “Alma Ayan”, ove si richiedeva una risposta scritta (cito testualmente) “circa l’accredito della cittadina straniera in oggetto titolare di passaporto diplomatico rilasciato dalla Repubblica Centroafricana”. Il fax in questione non indicava il nome della signora, ma solo “Alma Ayan”, nome che gli avvocati hanno poi riferito essere un’identità fittizia di “protezione”; non informava che era in corso una procedura di espulsione e, a maggior ragione, il Paese verso cui sarebbe stata espulsa la signora; non forniva alcuna motivazione della richiesta, non faceva alcun riferimento ai contatti intercorsi da giorni al Viminale con l’Ambasciata kazaka. L’unico controllo che il Cerimoniale diplomatico può per legge effettuare in merito a cittadini stranieri è sulla banca-dati dei diplomatici accreditati in Italia. Il nome “Alma Ayan” non vi figura né vi sarebbe figurato Shalabayeva comunque. Il nome “Alma Ayan” era stato indicato dall’Ambasciata del Burundi per una candidatura a Console Onorario a Napoli il 12 febbraio 2013, candidatura successivamente ritirata dalla stessa ambasciata, senza fornire spiegazioni, il 15 maggio 2013. Questi gli elementi abbiamo fornito alla Questura lo stesso 29 maggio. Aggiungo, per rendere a tutti chiaro di cosa stiamo parlando, che richieste di questo genere – cioé se siano accreditati come diplomatici alcuni signori in Italia e su cui sono state imbastite speculazioni politiche – arrivano molto frequentemente al Ministero degli esteri e sono dirette ad accertare se l’interessato abbia diritto all’immunità in relazione, il più delle volte, ad infrazioni al codice della strada e a contravvenzioni di varia natura.
Tutela dei diritti della signora Shalabayeva. Mentre attendevo le verifiche istituzionali sull’accaduto, ripeto sull’accaduto, le prime note ricevute dal Viminale – tra il 3 e il 6 giugno – presentavano una ricostruzione meramente fattuale degli avvenimenti, ho impartito comunque disposizioni il 3 giugno affinché la Farnesina operasse da subito per la tutela dei diritti previsti. Ho sensibilizzato, quindi, tanto la nostra ambasciata ad Astana (che nel frattempo aveva raccolto altre sommarie informazioni sul caso), quanto la nostra ambasciata a Londra, già dal 3 giugno, per verificare le voci sullo status di rifugiato di cui godrebbe il marito della signora, Mukhtar Ablyazov, da parte delle autorità britanniche. La nostra ambasciata a Londra, dopo i contatti con le autorità britanniche, dava risposta positiva, avvertendo di averla ottenuta solo in via ufficiosa ed oralmente. Il nostro ambasciatore ad Astana riceveva istruzioni il 10 giugno di accertare urgentemente il trattamento riservato alla signora Shalabayeva. L’ambasciatore mi ha riferito il 12 giugno di essere stato informato dalle autorità kazake che la signora era sottoposta all’obbligo di non allontanarsi da Almaty in attesa che fosse verificato il suo eventuale coinvolgimento in una vicenda di passaporti falsi. Nel frattempo la Farnesina, già in contatto telefonico con i legali, organizzava con questi ultimi un incontro il 13 giugno e, per fornire ogni assistenza al caso, ha inviato nei giorni seguenti presso il Consolato onorario d’Italia ad Almaty il funzionario vicario dell’ambasciatore, che si è recato in missione in loco, per raccogliere la firma della signora Shalabayeva sulla procura alle liti. Questo per assicurare alla signora
Shalabayeva la possibilità di esercitare pienamente il proprio diritto alla difesa, cosa che la signora ha fatto, presentando poi l’esposto. Ed in tale occasione, la signora – accompagnata dalla figlia Alua – ha riferito di non aver incontrato difficoltà a raggiungere la sede del Consolato onorario. I contatti con i legali sono continuati con regolarità. Oltre il 2 luglio, l’ultimo è avvenuto il 18 luglio con il mio capo di gabinetto. La signora Shalabayeva è stata nuovamente incontrata il 18 luglio sempre dal funzionario vicario dell’ambasciatore per la notifica della revoca del decreto di espulsione. Era con il nostro funzionario che ero al telefono quando lei è intervenuto in Aula e mi ha fatto notare che la Farnesina era al telefono. Durante l’incontro la signora Shalabayeva – accompagnata anche in questa occasione dalla figlia Alua – ha anche sottoscritto ulteriori procure alle liti predisposte dai suoi avvocati. La signora ha affermato di essere in buona salute e ha mostrato di essere pienamente informata degli sviluppi del caso in Italia, anche grazie ai contatti che continua a mantenere con i propri avvocati. La signora ha inoltre confermato di avere libero accesso ai media, internet incluso. Nel commentare l’obbligo di non allontanarsi dalla città di Almaty, impostole dalla magistratura kazaka, la signora Shalabayeva ha fatto presente d’aver comunque deciso di limitare ulteriormente i propri spostamenti esterni, temendo di poter essere vittima di incidenti o provocazioni. La signora Shalabayeva, infine, ha espressamente ringraziato la Farnesina “per non aver ignorato la sua situazione” assicurandole il proprio sostegno.
Quindi, onorevoli senatori, i nostri interventi sono stati continui, direi incessanti dal 3 giugno e continueranno ovviamente i n questa direzione fino a quando sarà necessario, nell’ovvia considerazione che – proprio per la mia personale familiarità con questa materia – poiché si agisce da “Governo a Governo” si deve evitare, almeno in questa prima fase, che una serie di “azioni e reazioni” molto probabili indebolisca la nostra struttura diplomatica ad Astana. Quanto alla sensibilizzazione in seno al Governo e raccolta di informazioni, come ho già detto ho sensibilizzato il ministro Alfano, il Presidente del Consiglio e la stessa domenica il mio Capo di Gabinetto parlava con il Capo della Polizia Pansa chiedendo informazioni che confermassero i dati in nostro possesso, anche ai fini dell’azione esterna che saremmo stati chiamati a svolgere di lì a poco. Ed infatti così avvenne, sia sul versante di Bruxelles – il Presidente Barroso era in visita ad Astana proprio il 3 giugno – sia, soprattutto, attraverso la nostra rappresentanza a Ginevra, visto che della questione se ne parlava al Consiglio per i diritti umani che ci ha inoltrato una richiesta di informazioni in data 7 giugno. Da qui i numerosi contatti con il Viminale per ottenere delucidazioni che a differenza delle assai scarne costruzioni precedenti potessero essere utilmente trasmesse a Ginevra. Di questa esigenza ne ho riparlato al Capo della Polizia nel corso di un incontro avvenuto nel mio ufficio della Farnesina il 20 giugno. Le informazioni sul caso da trasmettere a Ginevra le abbiamo poi ricevute rispettivamente il 3, il 5 e l’8 luglio. La Farnesina inviava quindi a Ginevra le informazioni il 10 luglio. Ricordo che lo stesso giorno il Presidente Letta ha confermato in Parlamento l’apertura di un’indagine interna che avevo già annunciato il 5 luglio.
Sui contatti ed attività sul piano esterno, dei contatti con la signora Shalabayeva, della nostra richiesta di informazioni a Londra e dei rapporti con il Consiglio dei diritti umani ho già detto. Passo ora alla questione dell’intrusivo atteggiamento assunto a Roma dal 28 al 31 maggio dall’ambasciatore del Kazakistan. I rapporti del Viminale ricevuti fino all’8 luglio non evidenziavano alcuna “intrusività” del rappresentante diplomatico
kazako. È solo con il “rapporto Pansa” reso noto il 16 luglio dal Ministro dell’interno in Parlamento, che si
é avuta notizia certa dell’inaccettabile comportamento del diplomatico. A quel punto – 16 luglio – ho immediatamente convocato l’incaricato d’affari e gli ho espresso il mio forte disappunto per l’intera vicenda e per il comportamento dell’ambasciatore, insieme all’aspettativa del Governo italiano che alle due cittadine kazake siano garantiti tutti i diritti e la piena libertà di movimento. Istruzione negli stessi termini ho espresso al nostro ambasciatore nei suoi rapporti con le autorità kazake. Nel frattempo abbiamo provveduto ad integrare a Ginevra, in regime di totale trasparenza, tutte le informazioni aggiuntive contenute nel rapporto Pansa. Anche nei giorni successivi il nostro ambasciatore ad Astana è ripetutamente intervenuto presso le autorità di quel Paese per ribadire l’attenzione con la quale stiamo seguendo e seguiremo il caso e il nostro forte impegno per una sua positiva conclusione.
Concludo questo mio intervento solo con due annotazioni che possono essere utili sia per inquadrare meglio la vicenda dal punto di vista giuridico, anche se notizie continuano ad uscire ogni mezz’ora come avete visto sulla stampa, sia per trarne indicazioni che ci possano aiutare in futuro a evitare pagine così difficili. Una lezione importante per le istituzioni a mio avviso: come ho avuto modo di precisare in altre sedi, il Ministero degli esteri per legge non è competente in materia di espulsioni dal territorio italiano, ancor meno in relazione ad operazioni di polizia che si svolgono sul nostro territorio in adempimento a mandati di cattura internazionali emessi dall’Interpol. Poiché tuttavia la legge non impedisce certo di consultarci, ritengo che una maggiore condivisione delle informazioni sia essenziale per fronteggiare situazioni di questo tipo. Nelle ultime settimane, onorevoli senatrici e senatori, come sapete, sono stata chiamata a riferire in Parlamento o a rispondere a sollecitazioni della stampa su questioni con delicati risvolti internazionali. Mi riferisco non solo a quello della signora Shalabayeva, ma al caso Datagate, al sorvolo del Presidente boliviano, al fermo a Panama dell’agente Lady, per non citare quello dei due fucilieri di marina in India. Si tratta di casi diversi, accomunati tuttavia da un unico filo conduttore: pur rientrando prevalentemente nelle competenze di altri Dicasteri (ordine pubblico e asilo politico, sicurezza delle comunicazioni, sicurezza aerea, estradizione, sicurezza marittima) tutte queste vicende hanno innescato dinamiche con forti riflessi internazionali e conseguenti ripercussioni sul Ministero degli esteri. Si è venuta così a configurare – anche agli occhi dei media – una ingiustificata responsabilità oggettiva della Farnesina, nonostante essa fosse stata del tutto estranea alla gestione e persino all’informazione sulle prime e determinanti fasi di quegli episodi. Di tutto ciò ho fatto stato al Presidente dei Consiglio che condivide in pieno la necessità di un nuovo e più efficace raccordo delle amministrazioni con il Ministero degli esteri. E’ un punto di metodo e di buon governo sul quale ho trovato massima sensibilità nel Presidente Letta e sul quale sono certa che potremo costruire interventi dello Stato più coerenti e più credibili, specie se rivolti all’esterno dei nostri confini. Infine, ciò che ci deve e mi sta più a cuore ora sono i prossimi passi da compiere. La priorità dell’azione di Governo deve concentrarsi sulla tutela delle due cittadine kazake. Stiamo svolgendo da settimane e continueremo a svolgere con uguale e forte determinazione una serie di interventi, ad Astana, Almaty, Bruxelles ed a Vilnius, sede della Presidenza di turno dell’Unione europea, per assicurare la piena libertà di movimento ad Alma Shalabayeva e a sua figlia. Lo sento come un obbligo morale, ancor prima che politico, e voglio assicurare gli onorevoli senatori che per me non potrà esserci alcuna ragione per venir meno a questo impegno così come è stato finora. Il Kazakistan ci ha fatto sapere in questi giorni di volere buoni rapporti con l’Italia. Ritengo tuttavia evidente che, dopo questo episodio, la qualità dei nostri rapporti dipenderà dalla disponibilità dei responsabili di Astana a offrire la loro imprescindibile collaborazione sul terreno dei diritti e della libertà di movimento. Valuteremo, quindi, in quest’ottica e tempestivamente, anche le misure più opportune da adottare nei confronti dell’ambasciatore Yelemessov.
Informativa del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica del Kazakhstan
Sappiamo che nella notte tra il 27 e il 28 maggio di quest’anno, le forze dell’ordine italiane hanno svolto le attività di cattura del ricercato Mukhtar Ablyazov presso il suo presunto domicilio alla periferia di Roma dove è stata identificata la sua moglie – Shalabayeva Alma – e la figlia di sei anni Alua. Vogliamo sottolineare che il Kazakhstan si è rivolto all’Interpol per identificare e arrestare proprio M.Ablyazov e non qualcuno dei membri della sua famiglia. Tuttavia, verificando il regime di immigrazione, la sua moglie – A. Shalabayeva – ha presentato alla polizia italiana un passaporto della Repubblica Centrale Africana a nome di “Alma Ayan”. Poichè il documento aveva segni evidenti di falsità, è stato nominato un perito in materia e dai risultati si è rivelato che A. Shalabayeva ha presentato un passaporto falso. La sua identità e appartenenza alla cittadinanza della Repubblica del Kazakhstan sono state identificate secondo le parole della Shalabayeva stessa. Successivamente, su richiesta della polizia di immigrazione italiana, anche l’ufficio consolare dell’Ambasciata del Kazakhstan ha confermato la cittadinanza di A. Shalabayeva e ha rilasciato il certificato per il ritorno nel suo paese. Di conseguenza, le autorità italiane hanno preso la decisione sulla sua espulsione in Kazakhstan. Dunque la decisione della espulsione è stata presa dalle stesse autorità italiane: la Repubblica del Kazakhstan non aveva nessuna possibilità giuridica di influire su questo. Poiché A. Shalabayeva è cittadina del Kazakhstan, le autorità kazake sono obbligate a prenderla insieme alla figlia sul proprio territorio; così il 1° giugno 2013 sono arrivate all’aeroporto internazionale di Astana.
E’ sorprendente il fatto che le circostanze di questo episodio, verificatosi con A.Shalabayeva nella Repubblica italiana, siano raccontate in modo distorto. In particolare, non si prende in considerazione che la Sig.ra A.Shalabayeva ha deliberatamente presentato alla polizia italiana un passaporto falso, che si considera un reato previsto all’articolo 497 del Codice Penale Italiano, per cui le potrebbe essere privata la libertà personale per un periodo fino a 4 anni. Di conseguenza, il ritorno di A. Shalabayeva nella Repubblica Italiana, come è posta la questione in questo momento, in assenza del suo consenso può essere considerata come la consegna di propri cittadini a uno Stato straniero per essere sottoposta a responsabilità penale. A sua volta, questo contraddice il paragrafo 1 dell’articolo 11 della Costituzione della Repubblica del Kazakhstan – il cittadino della Repubblica del Kazakhstan non può essere estradato verso uno Stato estero. Inoltre, per completare i processi collegati con la verifica del coinvolgimento di A. Shalabayeva nei reati commessi sul nostro territorio in modo oggettivo (correlati con la fabbricazione del passaporto nazionale falsificato a nome suo), la Repubblica del Kazakhstan ha bisogno delle garanzie dalle autorità italiane che assicurino in caso di necessità la sua presenza presso gli organi per la persecuzione penale in Kazakhstan.
La Sig.ra Shalabayeva non ha a suo carico i reati del marito; tuttavia, in questo momento gli organi di inchiesta stanno controllando il coinvolgimento di A.Shalabayeva in reati correlati con versamento di tangenti ai funzionari dell’immigrazione e della giustizia della regione di Atyrau per la produzione e rilascio di passaporti nazionali, compreso quelli di Shalabayeva e di sua figlia. Con la sentenza del Tribunale di Atyrau del 4 luglio del 2013 i colpevoli che hanno commesso il suddetto reato sono stati condannati a diversi periodi di pena. A tale proposito, nei confronti di A.Shalabayeva temporaneamente è stata decisa la misura di restrizione nella forma di obbligo di dimora, ma è totalmente libera di comunicare e di muoversi nella città di Almaty che ha scelto lei, e solo con il permesso del giudice ha il diritto di lasciare i confini. Di conseguenza, lei gode completamente di tutti gli altri diritti e libertà, incluso l’incontro con qualsiasi persona, contatti, la scelta dei mezzi di comunicazione (compreso internet), comunicazione con i media, ecc. All’inizio di luglio del c.a. la moglie di Ablyazov ha ricevuto la visita dei deputati del parlamento polacco Sig.ri M. Sventitskij, T. Takovskij, P. Chislinskij e A. Rybakovich e anche del consigliere dell’Ambasciata Italiana in Kazakhstan V. Ferrara, i quali hanno accertato le condizioni della permanenza di A. Shalabayeva. Nella città di Almaty A. Shalabayeva vive insieme alla figlia presso la villa dei genitori. Da parte sua non sono state riportate dichiarazioni o reclami in merito ad azioni illegali di indagine e di inchiesta nei tribunali o nella procura del Kazakhstan.
La procura generale del nostro paese garantisce in conformità alle norme del diritto internazionale e della legislazione nazionale che alla Sig.ra Shalabayeva nella Repubblica del Kazakhstan saranno date tutte le possibilità di difesa, tra cui avvocati, e non sarà sottoposta a torture, trattamenti crudeli, disumani e a punizioni umilianti. Le indagini principali che coinvolgono A. Shalabayeva sono state svolte, ma per prendere la decisione finale sul caso ci vorrà un tempo supplementare, collegato con la necessità di ricevere le risposte alle richieste di assistenza legale dai colleghi esteri. Attualmente nella stampa italiana si dice che la Sig.ra Shalabayeva può essere messa in detenzione e la figlia affidata a istituti di cura del bambino. Dichiariamo ufficialmente che il tutto non corrisponde alla realtà. In questo momento gli organi d’inchiesta non hanno alcun motivo giuridico per cambiare il provvedimento di dimora per una più rigorosa pena, dato che A. Shalabayeva non ha commesso altri reati. Così, la legislazione di procedura penale le permette di richiedere le misure di interdizione, correlati con la limitazione della libertà di movimento, incluso il diritto di lasciare il paese offrendo, per esempio, garanzie in denaro come è comune in molti paesi del mondo. Nel caso che A. Shalabayeva si rivolga con questa richiesta, le autorità competenti del Kazakhstan sono pronte a prenderla in considerazione. La modifica o l’annullamento delle decisioni sulla espulsione di un cittadino straniero dagli organi delle autorità pubbliche straniere è esclusivamente una questione interna di questo Stato. Di conseguenza la Repubblica del Kazakhstan non considera questa decisione come “protesta diplomatica” da parte dei partner italiani alla Repubblica del Kazakhstan. L’intervento o qualsiasi commento su tale azione da parte della Repubblica del Kazakhstan è da noi considerato inappropriato.
Le relazioni tra il Kazakhstan e l’Italia hanno avuto una prova nella storia. L’anno scorso abbiamo festeggiato i 20 anni dell’istituzione delle relazioni diplomatiche. In questo periodo si sono sviluppati relazioni operative e feconde in tutte le sfere della collaborazione bilaterale, che si sono accresciute in una partnership strategica. Ciò equivale, tra l’altro, a dialogo politico e una prosperità maggiore nei progetti. La repubblica del Kazakhstan non ritiene che l’espulsione del proprio cittadino che ha trasgredito il regime dei visti e dei passaporti dello Stato estero possa essere il motivo di peggioramento nelle relazioni bilaterali. E’ soltanto un piccolo episodio in un’infinità di relazioni dinamiche bilaterali, e siamo sicuri dunque di poterlo superare. La Repubblica del Kazakhstan, come era anche prima, tende ad un’integrazione sempre più dinamica e ad un avvicinamento tra i nostri paesi in tutte le sfere interessate da entrambi le parti. Il modo con il quale la questione in esame influisce sui processi politici interni non presenta un’argomento giuridico significativo per poter esaminare la questione sulla espulsione dei membri della famiglia di M. Ablyazov in Italia. Per di più, dal punto di vista giuridico non è esclusa la possibilità di ritorno di A. Shalabayeva e di sua figlia in Italia. A tal fine essa dovrebbe rivolgersi agli organi competenti della Repubblica del Kazakhstan con la richiesta di libertà nei spostamenti, compreso l’estero, dietro cauzione. In questo caso però la Repubblica del Kazakhstan richiederà adeguate garanzie da parte di Roma.
Il 9 marzo 2009 M. Ablyazov è stato dichiarato un latitante internazionale con la sanzione dell’arresto ed estradizione in Kazakhstan (bollettino rosso dell’Interpol). Il fondamento per una tale dichiarazione è stato il risultato delle indagini su casi criminali presentati sull’istanza: si tratta del furto di 5 milliardi di dollari USA dalla banca “BTA Bank” S.p.a., di cui era a capo dal 2005 al 2009. Attualmente M. Ablyazov è ricercato dalle autorità inquirenti russe e ucraine per crimini analoghi. L’informazione accessibile a tutti sulle ricerche di questa persona è contenuta sul sito ufficiale dell’Interpol. Come sappiamo, l’attività criminale di M. Ablyazov è oggetto di inchieste degli organi competenti di Cipro, Ungheria, Lettonia, Finlandia e Irlanda. Dopo la fuga dal Kazakhstan M. Ablyazov ha ottenuto lo status di rifugiato in Gran Bretagna. Nell’agosto 2012 gli organi competenti del Kazakhstan si sono appellati al Ministero degli Interni della Gran Bretagna e Irlanda del nord con un’istanza di revisione della decisione sul conferimento ad M. Ablyazov dello status di rifugiato, poichè riteniamo che per l’ottenimento di quest’ultimo intenzionalmente sia stato presentato materiale falso. Fin’oggi quest’appello non è stato risolto dagli organi competenti. Nonostante ciò M. Ablyazov, pur avendo lo status di rifugiato, ha lasciato il territorio della Gran Bretagna dandosi alla fuga dalla giustizia inglese, poichè il febbraio del 2012 è stato condannato alla carcerazione per 22 mesi.
La settimana scorsa per resistenza alla giustizia e per l’esecuzione del processo, l’Alta Corte di Giustizia di Londra ha rifiutato di accettare il materiale supplementare da parte di M. Ablyazov. Ciò ancora una volta segna il carattere criminale della sua attività. Con l’individuazione della localizzazione e un possible arresto di M. Ablyazov sul territorio di un altro Stato il materiale corrispettivo e la richiesta dell’estradizione saranno inviati con l’osservazione di un procedimento determinato. I metodi che impiega la Repubblica del Kazakhstan riguardanti le ricerche ed estradizione di M. Ablyazov sono consuetudinari a livello mondiale e conformi ai canoni internazionali nella materia dell’osservanza dei diritti della persona. La Repubblica del Kazakhstan ha l’intenzione di continuare l’attività in atto con metodi e mezzi consoni alla giustizia. I Tribunali inglesi hanno acconsentito ad una serie di ricorsi da parte della S.p.a. “BTA Bank” contro M. Ablyazov, i suoi complici e le compagnie a lui affiliate per una somma maggiore di 3,7 miliardi di dollari USA. Attualmente gli organi competenti della Gran Bretagna e della Repubblica del Kazakhstan hanno preso provvedimenti per una sanzione effettiva, oltre al blocco degli attivi ricevuti delittuosamente da M. Ablyazov.