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Caso Arvedi, quei 94 erano proprio “criminali” ? (lettera di Ezio Corradi)

Creato il 12 ottobre 2014 da Cremonademocratica @paolozignani

Dal dicembre 2013 a oggi ci sono stati tre incendi all’acciaieria Arvedi, che deve anche provvedere al risanamento acustico mentre si espande e chiede di aggiornare i dati della produzione, che è aumentata notevolmente. Viste le diffide del settore Ambiente della Provincia, gli infortuni (uno mortale quest’anno) e l’evidente impatto ambientale, oltre all’accentramento di potere dentro e attorno alla società editrice del giornale La Provincia, e visto il dibattito che si sta generando allo scopo di fare chiarezza e migliorare la situazione, si può parlare di Caso Arvedi. Ezio Corradi, del Coordinamento ambientalisti Lombardia, scrive:

cerco di rispondere alla sua semplice domanda: “Ma scusi, che cosa le viene in mente?” Le rispondo che mi vengono in mente quelle parole di un personaggio cremonese, dirigente pubblico della più importante agenzia regionale di prevenzione ambientale presente sul territorio cremonese, che ha definito “atto criminale” quello dei 94 cittadini di Cavatigozzi che avevano firmato, poco tempo fa, una lettera per chiedere notizie sulle missioni di un importante stabilimento industriale cresciuto fra le loro case. Mi viene in mente di chiedere a questo dirigente pubblico cosa ne pensa oggi, dopo l’ennesimo incendio, dopo l’ennesimo incidente di percorso, ovvero di “malfunzionamento dello stabilimento”, che i cittadini di Cavatigozzi e di Spinadesco hanno potuto vivere da protagonisti diretti, “comodamente” seduti nelle prime file del cinema che è stato proiettato non nei saloni dei cinema parrocchiali di Cavatigozzi o di Spinadesco, ma all’aperto, fra il deserto canale navigabile e le strade trafficate di pesanti TIR. Quel dirigente pubblico, oggi che ne pensa? Che una fabbrica (a maggior ragione se nuova e con impianti tecnologici fantascentifici), può avere degli incidenti di percorso? Pensa che sia logico che il tutto, composto da “salutari” effluvi fumogeni dei perenni sversamenti a cielo aperto di siviere incandescenti, di polveri di scorie fuse, di acque non più limpidissime immesse in rogge, canali e fiumi della zona, siano davvero uno spettacolo degno di animare quella tranquilla verde campagna? Mi viene in mente di chiedergli se lui respirerebbe mai quell’aria che sa di bruciato e se vivrebbe e dormirebbe fra improvvisi boati notturni. Ecco gli chiederei se un normale essere vivente, essendosi insediato in quella campagna da generazioni, oggi può/potrebbe ancora vivere in un ambiente del genere e che cosa “Lui”, dall’alto della sua onnipotente poltrona dirigenziale della più potente agenzia regionale di protezione ambientale, farebbe per viverci lì, fra un incendio e l’altro. Può pensare, forse, che sia “un atto criminale” vivere lì?
Ezio Corradi


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