L’avvocato libanese di Marcello Dell’Utri, Akram Azoury, domani presenterà al procuratore generale presso la Cassazione di Beirut una istanza.
In tale richiesta si afferma che l’ex senatore di Forza Italia, detenuto dal 12 aprile e ricoverato dal 16 aprile nel reparto detenuti dell’ospedale Al Hayat, deve essere rilasciato perché le autorità italiane “hanno violato il trattato bilaterale sull’estradizione” e “non avevano alcun diritto di chiederne l’arresto”.
In Libano, la legge non prevede un termine di scadenza ultimo entro cui il procuratore deve comunicare la propria decisione. Dunque, non si può escludere l’eventualità che Dell’Utri sia ancora sotto arresto anche il 9 maggio, data in cui la Corte di Cassazione a Roma esaminerà la sentenza della Corte d’Appello di Palermo secondo la quale sull’ex manager di Publitalia cade una condanna a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Stando a quello che ha asserito l’avvocato libanese, anche se la sentenza venisse confermata in Cassazione, Dell’Utri dovrebbe tornare comunque in libertà. Ciò perché, a detta del legale, l’Italia “ha violato l’articolo 20 punto C del trattato, secondo il quale l’estradizione non può essere concessa per reati prescritti in uno dei due Stati. Poiché i giudici di Palermo hanno dichiarato il mio cliente innocente in merito ai reati che gli venivano contestato dopo il 1992, quelli per cui è stato condannato risalgono ad almeno 23 anni fa. Ben più di dieci dopo i quali in Libano è prevista la prescrizione, per qualsiasi reato”.
Azoury – che è un avvocato di primo piano in Libano in quanto, in passato, ha difeso anche l’ex capo della sicurezza nazionale Jamil Sayyed dall’accusa di aver partecipato all’ uccisione dell’ex primo ministro Rafiq Hariri – ha aggiunto che, oltre a chiedere la liberazione di Dell’Utri, cercherà di ottenere anche che l’Italia “ritiri immediatamente la richiesta di estradizione”: “Chiederò ai miei colleghi italiani di fare una domanda in tal senso al ministero della Giustizia” ha sostenuto il legale, all’indomani dell’annuncio, da parte del Guardasigilli Andrea Orlando, dell’invio a Beirut della richiesta ufficiale accompagnata dagli atti processuali tradotti in francese.
In base alle leggi, il materiale deve pervenire entro 30 giorni dall’arresto – in questo caso avvenuto il 12 aprile nell’hotel Phoenicia di Beirut – altrimenti il rilascio scatta automaticamente.
I tempi sembrano essere perfettamente all’interno delle regole, ma con il ricorso che presenterà domani, l’avvocato Azoury ha intenzione di rimescolare le carte per avere la possibilità di riaprire la partita.
“Quando ha ricevuto la richiesta di arresto dall’Italia” ha dichiarato il legale “il procuratore generale libanese doveva approvarla, non conoscendo nulla del caso. Erano gli italiani che avrebbero dovuto verificare in anticipo se vi erano gli estremi per la prescrizione, e non lo hanno fatto”.
Adesso, non ci resta che attendere l’udienza della Cassazione di venerdì 9 maggio.