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Caso Ilva. Vendola indagato per concussione in concorso

Creato il 30 ottobre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
Il governatore della Puglia Nichi Vendola risulta indagato nell'inchiesta sul caso Ilva. L'accusa è di concussione in concorso.

Photo credit: Giorgio Montersino / Flickr / CC BY-SA 2.0

Caso Ilva. Anche il governatore della Puglia e leader di Sinistra Ecologia e Libertà Nichi Vendola risulta tra gli indagati nell’inchiesta per disastro ambientale, a carico dell’azienda. L’accusa per Vendola è di concussione in concorso. Secondo gli atti d’accusa, il governatore della Puglia avrebbe fatto pressioni sul direttore generale dell’Arpa in Puglia, Giorgio Assennato, per tenere una linea non troppo dura nei confronti dell’Ilva, accusato del pesante avvelenamento della città di Taranto da decenni. Le pressioni e il tentativo di rimuovere il direttore dell’Arpa sarebbero venuti fuori da intercettazioni telefoniche riguardanti il caso Ilva.  Ma la vicenda di Vendola è solo una nella marea di reati contestati a un vero e proprio esercito di persone (più di 50) indagate nel caso Ilva. I reati sono tra i più disparati: emissione di sostanze inquinanti, violazione delle normative a tutela dell’ambiente, associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale e all’avvelenamento di sostanze alimentari e altre ancora.  Nell’inchiesta, oltre a Vendola, figurano anche il parlamentare di Sel Nicola Fratoianni, l’assessore regionale all’ambiente Lorenzo Nicastro e il sindaco di Taranto Ippazio Stefàno. “In questo che è il momento di più grande turbamento, continuo a dare una straordinaria importanza all’inchiesta sull’Ilva” ha commentato Vendola; “la mia amministrazione ha provato a scoperchiare le pentole e a vedere dove nessuno aveva visto prima”. Il caso Ilva ci ha abituato ormai da oltre un anno ad un’estendersi continuo dell’inchiesta, ad avvisi di garanzia e a provvedimenti ad hoc. Dal 26 luglio 2012, giorni in cui sei reparti dell’ulva furono sequestrati e iniziarono i primi arresti, la situazione è rimasta sempre delicatamente sospesa tra il rischio di sequestro e fallimento totale di un’azienda che garantisce lavoro a migliaia di operai in una zona a livello critico di occupazione e i livelli di inquinamento che da decenni provocano malattie e morte nei lavoratori e nella popolazione stessa di Taranto. Nonostante i decreti del governo Monti prima e di quello Letta dopo per far proseguire la produzione, l’azienda tuttora commissariata vede un futuro sempre più nero all’orizzonte. Nero come le emissioni che da sempre fanno parte del cielo di Taranto.


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