Alma Shalabayeva e figlia in Kazakistan, Ablyazov che chiede rassicurazioni sulla sorte delle due donne, Alfano che traballa e Letta che
Thanks to Niccolò Caranti.
trema. I riflettori accesi in queste settimane sul caso kazako stanno portando alla luce più pasticci di quanti ci saremmo aspettati.
Il caso kazako, iniziato a fine maggio con l’espulsione della moglie del dissidente kazako e di sua figlia di sei anni, è stato portato alla luce verso la metà di luglio, e adesso minaccia tempesta sul già fragile esecutivo politico.
L’ultima notizia in ordine di tempo è quella delle dimissioni del capo gabinetto del Viminale, il prefetto Giuseppe Procaccini. Le dimissioni sono arrivate sul tavolo del Ministro a seguito del rapporto del Capo della Polizia Pansa. Ma non senza mettere altra carne al fuoco: Procaccini dichiara infatti a La Repubblica che il Ministro degli Interni Alfano era al corrente dei fatti, e non solo, che era stato lui stesso a mettere il prefetto in contatto con l’ambasciatore kazako. Poco dopo Procaccini corregge il tiro, e gli interrogativi continuano a moltiplicarsi.
Alla fine il caso kazako, oltre ad essere un caso di diritti umani, è la dimostrazione di come la sovranità nazionale italiana si sia inceppata. L’ambasciata kazaka segnala la presenza in Italia di un pericoloso latitante, e nel giro di pochi giorni moglie e figlia del sospettato sono su un aereo privato affittato dallo stesso Kazakistan. Il Ministro Emma Bonino ha condannato la mancata comunicazione dell’ambasciata con la Farnesina. Ma i fatti sono fatti: e due donne vengono portate in fretta e furia in Kazakistan, lo stesso paese che ha un conto in sospeso con l’oppositore kazako Ablyazov. L’articolo 19 del testo unico sull’immigrazione recita che “In nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”.
E il Kazakistan non è certo noto per essere una roccaforte di democrazia e libertà: il presidente Nazarabaev è in carica da 22 anni, ma già ai vertici del Partito Comunista Kazako prima della dissoluzione dell’Unione Sovietica. L’opposizione di Ablyazov, personaggio dai contorni ancora sfumati, ex membro del governo di Nazarabaev, è certo una spina nel fianco per l’autoritario presidente. Anche se, come dichiara oggi l’ambasciatore del Kazakistan, Ablyazov non fosse un dissidente ma solo un truffatore, una donna e una bambina sono state accompagnate alla porta senza troppe domande.
Nella precaria situazione italiana, quello che sembrerebbe “solo” un caso di politica internazionale e di incapacità nel gestire una questione delicata diventa l’ago della bilancia per il governo Letta.
La posizione del Ministro degli Interni Alfano, che in Parlamento ha dichiarato di essere estraneo alla vicenda, non è delle più semplici. Si alzano i cori di Sel e del Movimento 5 Stelle, che chiedono le dimissioni del Ministro. Il Pdl fa quadrato intorno al proprio segretario, usando l’arma della caduta del governo. E il Pd, ancora una volta, si spacca: 13 senatori dell’ala “renziana” si dichiarano pronti a sostenere la richiesta di dimissioni di Alfano, Anna Finocchiaro parla di rimettere le deleghe. Ma Enrico Letta esita: chiedere ad Alfano le dimissioni potrebbe voler dire staccare la spina al governo. L’esecutivo Letta “val bene una messa”? Siamo disposti a sacrificare ancora una volta la nostra immagine internazionale, a dire che va bene così?
Probabilmente la decisione è già stata presa.
articolo di Gabriella Dal Lago.