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Caso Lafranconi, la terribile storia di Savona

Creato il 31 agosto 2014 da Cremonademocratica @paolozignani

A Savona la diocesi gestiva due comunità per minori sottratti dai servizi sociali ai genitori, e li affidava, ricompensata dai Comuni, alla direzione di due sacerdoti poi condannati per abusi sessuali.

La Chiesa cattolica, come ha sostenuto anche papa Francesco come i suoi precedessori, non obbliga i vescovi a denunciare o segnalare alle forze dell’ordine i preti che si comportano in modo tutt’altro che consono all’abito che portano.

I vescovi non denunciano né segnalano i preti pedofili né quelli che compiono abusi sessuali. La Chiesa lascia questo compito ai genitori.

Ma chi poteva difendere i minori di quelle due case famiglia?

I genitori nei guai loro personali?

Nessuno li ha difesi.

Qualcuno controllava? I servizi sociali?

I minori sono stati lasciati in balia dei loro aguzzini?

Chi ha dato ai due sacerdoti, don Nello Giraudo e don Giorgio Barbacini, quel ruolo nelle case famiglia?

Monsignor Lafranconi.

Sapeva l’allora vescovo di Savona che i due preti erano dei maniaci?

Ci sono testimoni e magistrati e avvocati. Solo un giudice, se si arriverà a quel punto, potrà comprendere la vicenda nel suo insieme e poi sentenziare.

I risarcimenti danni eventuali sarebbero pesantissimi.

La Chiesa, non volendo denunciare, è esposta a queste difficoltà legali enormi. Don Inzoli è stato costretto a una vita ritirata, per volere della stessa Chiesa. Una denuncia della rete l’Abuso è stata presentata anche contro di lui. Don Inzoli resta prete e non viene consegnato alla Giustizia con una denuncia della Chiesa ma delle vittime. Ecco il problema.

Il vescovo Dante Lafranconi nega comunque ogni addebito.

 


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