A Savona la diocesi gestiva due comunità per minori sottratti dai servizi sociali ai genitori, e li affidava, ricompensata dai Comuni, alla direzione di due sacerdoti poi condannati per abusi sessuali.
La Chiesa cattolica, come ha sostenuto anche papa Francesco come i suoi precedessori, non obbliga i vescovi a denunciare o segnalare alle forze dell’ordine i preti che si comportano in modo tutt’altro che consono all’abito che portano.
I vescovi non denunciano né segnalano i preti pedofili né quelli che compiono abusi sessuali. La Chiesa lascia questo compito ai genitori.
Ma chi poteva difendere i minori di quelle due case famiglia?
I genitori nei guai loro personali?
Nessuno li ha difesi.
Qualcuno controllava? I servizi sociali?
I minori sono stati lasciati in balia dei loro aguzzini?
Chi ha dato ai due sacerdoti, don Nello Giraudo e don Giorgio Barbacini, quel ruolo nelle case famiglia?
Monsignor Lafranconi.
Sapeva l’allora vescovo di Savona che i due preti erano dei maniaci?
Ci sono testimoni e magistrati e avvocati. Solo un giudice, se si arriverà a quel punto, potrà comprendere la vicenda nel suo insieme e poi sentenziare.
I risarcimenti danni eventuali sarebbero pesantissimi.
La Chiesa, non volendo denunciare, è esposta a queste difficoltà legali enormi. Don Inzoli è stato costretto a una vita ritirata, per volere della stessa Chiesa. Una denuncia della rete l’Abuso è stata presentata anche contro di lui. Don Inzoli resta prete e non viene consegnato alla Giustizia con una denuncia della Chiesa ma delle vittime. Ecco il problema.
Il vescovo Dante Lafranconi nega comunque ogni addebito.