Il caso Snowden av
Non solo. Abbiamo letto sui giornali che l’India e il Brasile, paesi che fanno parte del Brics – cioè paesi ex non-allineati, che si stanno autonomizzando sotto molti profili – sono stati apertamente minacciati, come scrive il “New York Times”: è stato detto loro che chiunque appoggerà o darà asilo a Snowden sarà «costretto a pagare gravi prezzi». Immagino che la stessa cosa sia accaduta nei confronti di Vladimir Putin, il quale – quando può – dice di essere una grande potenza, ma a quanto pare è anche lui soggetto a qualche pesante ricatto, se ha fatto dire che Snowden non è nell’agenda della Russia. Il che significa che se ne vuole disfare il più presto possibile. Sotto ogni profilo, Snowden è da considerare un dissidente, anche se “alla rovescia”: quando c’erano dissidenti in Urss, tutti gli intellettuali dell’Occidente strillavano, reclamando il rispetto dei diritti umani; in questo caso, un signore che si dichiara dissidente dal suo paese perché ne vede la mostruosa degenerazione, non viene considerato un dissidente, e nessuno si vuol prendere la briga di difenderlo.
Silenzio anche dagli intellettuali occidentali, che a suo tempo inneggiavano a Sacharov facendone addirittura un idolo, tanto che esiste oggi un Premio Sacharov del Parlamento Europeo che ogni anno viene dato ai dissidenti dei cosiddetti paesi-canaglia. Snowden viene dimenticato completamente: non è degno di essere protetto nei suoi diritti individuali di cittadino americano dissidente. Ci sarebbe di che vergognarsi, ma la questione importante è che, prima ancora che vergognarsi, è il caso di preoccuparsi. Perché quello che sta accadendo, per la sua evidente gravità senza precedenti, dice che siamo si fronte a segnali di guerra: gli Stati Uniti non si erano mai spinti fino a questo punto. Prima, le pressioni erano tenute nascoste; ora sono diventate esplicite e visibili. Io credo che ci sia una spiegazione.
Quello che Snowden ha rivelato è molto, molto più importante di quello che appare a prima vista: non si tratta solo di spiare, di guardare dal buco della serratura quello che fa il semplice cittadino della strada – questo non interessa a nessuno, evidentemente. La questione è diversa: queste sono armi a molti piani, con molti sistemi di intervento, e consentono
Il fatto è che gli Stati Uniti possono ricattare i dirigenti politici degli altri paesi, e non solo conoscere i loro segreti militari – tra l’altro, nel caso degli alleati, di quali segreti di tratta? Tutto l’apparato tecnologico militare della Nato è nelle mani degli Usa, quindi non è questo che interessa – interessano le vite private dei dirigenti politici dell’Europa e dell’Occidente in generale, che possono essere tutti ricattati. Inoltre, con queste armi si possono colpire i nemici: demolizione preventiva dell’avversario, neutralizzazione delle sue capacità di difesa, possibilità di accecare e ammutolire il nemico eventuale, o in alcuni casi di neutralizzare l’alleato. Queste, come chiunque, capisce, sono le pre-condizioni di una guerra: il prologo. Noi abbiamo in casa nostra la base del Muos, in Sicilia, che ci fa diventare bersaglio principale di qualunque conflitto futuro e, secondo ogni verosimiglianza, ha esattamente queste funzioni.
Dunque siamo a una svolta nella situazione del cosiddetto equilibrio del terrore. Non c’è più nessun equilibrio: gli Stati Uniti sono in grado, da soli, di terrorizzare tutti gli altri – salvo la Cina, a quanto risulta. Che fare? Per quanto riguarda noi, abbiamo un solo compito: ricostruire il movimento contro la guerra, il movimento pacifista, che in Italia fu grande. Ricostruirlo: che altro si può fare, del resto? Le parole d’ordine si scelgono in base alle emergenze. Se quello che vedo è giusto, l’emergenza è questa: pace o guerra? Muoviamoci tutti insieme per chiedere che l’Italia – il futuro governo, quello che pensiamo di voler avere – dica che l’Italia non parteciperà più ad alcuna azione militare al di fuori dei suoi confini. E che tutti i dirigenti politici che si comportano come dei servi, nei confronti degli stranieri che ci stanno colonizzando, devono essere mandati a casa. Questo è un governo di servi, non un governo di italiani. E tutti quelli che non si sentono servi devono chiedere a questo governo di distanziarsi da chi viola leggi internazionali, distanziarsi da coloro che preparano la guerra. Non mi si venga a dire che non è un compito alla nostra portata: lo possiamo fare in ogni piccolo paese di questa nostra Italia. Facciamolo, e non troviamo scuse: o lo facciamo, o ci troveremo in guerra.
Giulietto Chiesa, “L’impero, il pericolo di guerra e le azioni possibili”, video-editoriale editato da “Megachip” il 4 luglio 2013
Fonte: http://www.libreidee.org/2013/07/venti-di-guerra-gli-usa-minacciano-e-i-servi-obbediscono/