Già dai titoli di testa ci si rende conto della portata dell'esperimento. Paolo Stoppa e Jodie Foster, Gigi Proietti e Catherine Deneuve. Ma anche Franco Citti, Angela e Anna Melato, Ninetto Davoli, Ugo Tognazzi e Michele Placido. Anche lo staff tecnico lascia interdetti. Le musiche minimali e esotiche del “maestro Mazza” e le scenografie (Hitchcockiane) del tre volte premio oscar Dante Ferretti convivono con la regia e la fotografia Pasoliniana di Citti e Delli Colli. A tenere su la baracca (è proprio il caso di dirlo) Vincenzo Cerami.
Casotto, dopo Salò (forse) è l'opera italiana più coraggiosa. Nel 1977 l'Italia è già un posto abbastanza smaliziato da non rimanere sconvolto dalla vista delle palle di Placido. Il pubblico e la critica di allora fecero comunque fatica a digerire un'opera di fatto incollocabile. Da una parte la malinconia di Pasolini, dall'altra la commedia di costume. Il gusto però è tutt'altro che intellettuale o nazionalpopolare. La lente usata è grottesca, a tratti avanguardistica, con scene di vera e propria videoarte. Il tutto girato in una sola stanza con una porta che quando si apre dà il senso di una terra che pulsa fuori. Del giorno che passa e del tempo che cambia. Le scene di nudo sono fastidiose perché vere. Perché fa male vedere nudi che non cercano di sedurci.In Casotto la nostra parte più intima, manco a dirlo, non si ferma ai genitali. Noi siamo come dei fantasmi, come delle camere nascoste costrette ad assistere allo spettacolo più indecente che ci sia, quello cioè della grottesca normalità dell'essere umano. Panzoni, donne pelose, coach molesti, freak, coppie male assortite. Le nostre ambizioni, le nostre magagne, le nostre paure e altre normalissime oscenità si avvicendano senza sosta a ritmo sostenuto. Manco il tempo di riflettere sulla porzione di noi stessi che un personaggio ha portato a galla che eccone un altro, pronto a tirar fuori le sue e le nostre vergogne.
Isaia Panduri