Magazine Cinema
Il Cinema americano, soprattutto tra i "palati fini" che si dedicano tendenzialmente alla sola autorialità sfrenata, è spesso e volentieri osteggiato, a partire dal suo essere così clamorosamente "larger than life" per giungere alla consueta tendenza all'accomodamento finale spesso infarcito di retorica che i nostri amici a stelle e strisce difficilmente disdegnano.Eppure, accanto alle molte produzioni rese irritanti dai limiti appena citati, ne esistono altrettante in grado di emozionare il pubblico come pochi approcci alla settima arte riescono a fare al mondo: Robert Zemeckis, ben più che un onesto mestierante - al suo attivo troviamo l'indimenticabile trilogia di Ritorno al futuro, Chi ha incastrato Roger Rabbit? e Forrest Gump - questo pare averlo saputo (quasi) sempre bene, e affidandosi al collaudatissimo Tom Hanks confeziona una pellicola che ha tutto il sapore del Cinema classico mescolato abilmente con l'avventura, una certa quale critica sociale ed i sentimenti tipici delle grandi storie d'amore.Cast away - che ricordo, ai tempi, di aver evitato per almeno due o tre anni temendo per il risultato della visione - è in in realtà un ottimo prodotto in grado di soddisfare spettatori dai gusti diametralmente opposti, grazie ad un ottimo ritmo - nonostante i tre quarti della narrazione siano ambientati sull'isola ed incentrati sul solo Hanks - effetti strabilianti - la sequenza dell'incidente aereo è una delle più spaventose del Cinema recente - ed un'interpretazione ottima del suo protagonista, supportato, grazie ad una sapiente regia, dall'isola stessa, che diviene una spalla indispensabile per la riuscita dell'intera produzione.La sensazione di straniamento e solitudine che attanaglia il disperato Chuck Noland e che, ad un tempo, lo spinge a "continuare a respirare" per poter sopravvivere ad uno degli incubi più terrificanti che possano realizzarsi per un animale sociale come l'Uomo, diviene il contrappeso all'elemento avventuroso e a tratti divertente della scoperta di una vita completamente selvaggia, presa a modello qualche anno dopo soprattutto nel corso delle prime due stagioni dell'indimenticabile Lost. L'inserimento, inoltre, di Wilson nella formula si rivela la carta vincente del lavoro di Zemeckis: l'utilizzo di una sorta di idolo che possa rappresentare per il novello Robinson Crusoe il compagno Venerdì, e che al contempo ricordi al protagonista quello che è una vita civile, fino ad arrivare ad assumere i connotati di una vera e propria ancora di salvezza e speranza, diviene a tutti gli effetti il catalizzatore delle emozioni dello spettatore, che sperimenta sulla pelle le sequenze più toccanti della pellicola proprio grazie a quella palla da volley dipinta dal sangue e progressivamente divenuta viva e partecipe, fino alle grida disperate e a quel "Mi dispiace, Wilson!" urlato in faccia alla scelta di continuare a lottare o lasciarsi andare, per la sequenza più intensa dell'intera opera.E come la quiete dopo la più terrificante delle tempeste tropicali, il ritorno al mondo civile significherà, per Chuck, un isolamento a tratti quasi peggiore di quello vissuto in mezzo al Pacifico, dalla scoperta di essere rimasto indietro, chiuso in un cassetto come un ricordo scomodo, alla sensazione di essere divenuto un animale raro, qualcuno da mettere a proprio agio offrendo probabilmente costosissimi buffet a base di sushi e granchio, ricordi vividi - all'opposto di quanto non potrebbe sembrare - dei primi, drammatici giorni dopo l'incidente.Ma Chuck è un sopravvissuto: l'attesa e la lotta hanno significato, per lui, una nuova vita, e quel "continuare a respirare" potrà condurlo verso nuovi orizzonti senza farsi travolgere dai perchè, proprio come un viaggio che conta, e conterà sempre più di qualsiasi destinazione ci stia aspettando.
MrFord
"Castaway - goin' at it alone
castaway - now I'm on my own
castaway - goin' at it alone
castaway - now I'm on my own
lost and found, trouble bound
castaway."
Green Day - "Castaway" -
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