Castaway on the moon

Creato il 09 agosto 2013 da Misterjamesford

Regia: Hey Jun LeeOrigine: Corea del SudAnno: 2009Durata: 116'
La trama (con parole mie): sommerso dai debiti e messo all'angolo dalla vita, un uomo decide di abbandonare questo mondo crudele gettandosi da un ponte. Una volta travolto dalle acque, però, l'agognata fine non giunge come avrebbe dovuto: il potenziale suicida, infatti, finisce sulle rive di un'isola deserta che si trova al centro del fiume, e proprio in quel luogo così vicino alla civiltà eppure immerso nella Natura e perfetto per l'isolamento ricomincia a vivere appoggiandosi ad una speranza tanto assurda quanto meravigliosamente semplice.
Dall'altra parte della città, in un palazzo anonimo e gigantesco, una ragazza vittima di una deformità fisica vive da anni la realtà della rete, confinata nella sua stanza, concedendosi soltanto la luna nella notte e due momenti nel corso dell'anno in cui, a seguito di un'esercitazione, le strade finiscono per svuotarsi.
Quando il suo telescopio incontra l'uomo sull'isola, le vite di entrambi cambiano.

Da parecchio tempo il Cinema d'autore di matrice orientale che tanto era stato importante per il sottoscritto al principio degli anni zero mancava sugli schermi di casa Ford, e complice la recensione entusiastica di Poison si è deciso di ricominciare a partire da Castaway on the moon, pellicola coreana di qualche stagione fa ovviamente ignorata dalla distribuzione nostrana: il risultato è stato da un lato una piacevole conferma della sensibilità e della magia che soltanto gli autori venuti dall'Est riescono a regalare e dall'altro una parziale - anche se contenuta - delusione dovuta alle aspettative così come all'approccio fin troppo grottesco e "fumettoso" della prima parte, che ha richiesto per l'appunto metà della visione per abituarsi alla poetica del regista senza che la stessa potesse suonare ridicola o in qualche modo fuori luogo rispetto ai temi trattati.
A complicare le cose, sempre considerato il primo "spicchio" del lavoro di Hey Jun Lee, è l'impronta didascalica che la voce off del protagonista cuce addosso all'opera, appesantendola ed insinuando il dubbio, nel pubblico, di essersi trovati di fronte ad una delle tante sòle d'autore che spesso e volentieri finiscono per alimentare il sacro fuoco delle mie bottigliate.
Fortunatamente Castaway on the moon non è una sòla, quanto più che altro un titolo che non esprime tutte le sue potenzialità ma è in grado di lasciare a bocca aperta con alcune sequenze di profonda sensibilità e ribaltare ogni possibile parere negativo grazie ad un crescendo toccante e meraviglioso che vede i due protagonisti, vittime di solitudini ed emarginazioni diverse ma ugualmente drammatiche trovare la forza di reinventarsi l'uno grazie all'altra, riscoprendo il loro essere se stessi in rapporto con un mondo che pare averli definitivamente rifiutati e dal quale entrambi sono fuggiti, il primo con il tentato suicidio e l'isolamento in mezzo alla Natura e la seconda ritagliandosi uno spazio oscuro e fittizio in cui poter essere quello che lei - o il mondo stesso - crede di volere.
Al loro rapporto epistolare a distanza sono legati i momenti migliori di una storia d'amore unica, che trascende i generi - si passa dal già citato grottesco alla commedia, dalle atmosfere di un manga all'attesa estatica da film pienamente autoriale al dramma - e guida il pubblico alla scoperta di due personaggi che nascono come caricature di se stessi e finiscono per diventare eroi in un sistema e di fronte ad una società in cui l'estraniamento pare essere un comune denominatore fin troppo comune.
I due esuli Romeo e Giulietta coreani, a fronte di un progressivo impoverimento esterno, oppongono così la loro speranza fatta di spaghetti fatti in casa - se così si possono definire -, sogni di fuga e dialoghi in una lingua straniera, quasi come se il Paese che li ha condotti fino a quel punto li costringesse a trovare addirittura un altro modo per interagire, vivere, in una certa misura partire: si potrebbe quasi pensare ad un'assonanza che vede molte coppie qui nella Terra dei cachi ed in questo momento di profonda instabilità sperare in un futuro costruito lontano dalla terra natìa, in cui un "hello" può cambiare un destino anche e semplicemente perchè ci sarà qualcuno pronto a condividerlo con noi, a bagnarlo ogni giorno e vederlo crescere, facendo fronte ai tifoni, all'incertezza e all'inesperienza, alla paura del proprio io - interiore ed esteriore - e agli autobus che paiono portare proprio quella persona così lontana da farla apparire irraggiungibile.
Fino a quel giorno, quel momento preciso dell'anno, quella presentazione timida a mezza voce.
Il momento decisivo.
Quello in cui nascono le nuove stagioni, e si ha l'impressione che le cose possano cambiare davvero.
MrFord
"I say high, you say low
you say why and I say I don't know, oh no
you say goodbye and I say hello
(Hello Goodbye Hello Goodbye) hello hello
(Hello Goodbye) I don't know why you say goodbye, I say hello
(Hello Goodbye Hello Goodbye) hello hello
(Hello Goodbye) I don't know why you say goodbye
(Hello Goodbye) I say hello."The Beatles - "Hello goodbye" -


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