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Castelli di carta

Creato il 17 ottobre 2010 da Palotto

BUONASERA
Jacopo Perosino

CASTELLI DI CARTA

Sono Giorgio, ho 13 anni e da tempo, nonostante la mia giovine età, nutro un sogno. Voglio costruire castelli di carta. Ho scoperto la mia vocazione la scorsa estate, in campeggio, con una comitiva di ragazzini come me. E’ nato tutto un po’ per caso, un pomeriggio. I miei amichetti giocavano a pallone ed io non sapevo come passare il tempo visto che a me il calcio proprio non piace. Quasi tutti gli sport a dire il vero. Con le ragazze mi annoio a morte e così il mio animatore, accortosi della mia insofferenza, mi consegna un mazzo di carte e mi sprona a provare a fare un castello, un castello di carte. Lì per lì accolsi la proposta con freddezza, sembrava noioso. Mi disse che quando aveva la mia età e passava lunghi periodi in montagna al freddo, quando non poteva uscire mercè il clima eccessivamente rigido, ci passava ore intere. Decisi di fidarmi. Mi cambiò la vita. Capii cosa volevo fare per il resto della mia vita. Progettare e costruire castelli, case, palazzi e tutto ciò che l’Uomo può erigere. Creare, fantasticare…

Castelli di carta

Tornato a casa, eccitatissimo, dissi a papà e mamma cosa avevo appreso. Dissi loro che mai prima d’ora avvertivo felicità nel fare qualcosa. Percepivo diffidenza nei loro occhi, forse dovuta alla mia età. Pensavano che avrei cambiato idea. Si sbagliavano. Chiesi loro cosa potevo fare per far avverare questo sogno. Mio padre mi prese a sè, mi cinse attorno alle spalle e mi disse, col tono pacato che mi dedicava nei momenti importanti: “Figliolo, sembra proprio che tu voglia fare l’architetto. Se è ciò che ti fa brillare gli occhi, noi siamo con te. Dimostraci quanto vali.” Un architetto? Architetto Giorgio?
Sì, è deciso. Studierò quanto è necessario, mi darò da fare. Voglio imparare dai migliori. Mi sentivo come il protagonista di un libro che mi hanno fatto leggere a scuola. Parla di un gabbiano che sogna di volare su, sempre più su, dove è proibito ai suoi simili. Di inseguire i suoi sogni. Jonathan Livingston. Io sarò come lui.

Oggi ho sentito la mamma parlare a cena col babbo di un problema di cui parlano parecchio i tiggì. Io non ci capisco molto di queste faccende, sono forse ancora troppo piccolo ma ho drizzato le antenne quando ho sentito che riguardava anche il mondo dell’ architettura. Ho chiesto spiegazioni e la mamma mi ha detto che non è certa, assieme a papà, che io possa ancora realizzare il mio sogno. Mi sono sentito il pavimento sgretolarmisi sotto i piedi. Ma come? Non è possibile!
Non ho mai chiesto nulla a nessuno e adesso mi vogliono togliere l’unica cosa per cui sento valga la pena di vivere? Non ci sto!
Cercai di capirci qualcosa. La mamma disse che in Italia la ricerca e l’istruzione stavano oramai passando in secondo piano. Non ottenevano più fondi e di questo passo non avrei ottenuto una preparazione sufficiente per confrontarmi con il resto degli architetti nel mondo. Ma come è possibile, mi chiesi. Io sarò un investimento e un orgoglio per il mio paese.
Ovunque andrò a portare la mia arte, la mia perizia, tutti ammireranno l’opera di un architetto italiano. Io ne son fiero, perchè non può esserlo chi mi governa?
Ha davvero più senso spendere in qualcosa che distrugga e deflagri palazzi interi piuttosto che su chi ne può costruire per tutti?
Piansi per tutto il giorno e forse anche per quello dopo. Pensavo che c’erano per forza delle motivazioni se decidevano in tal senso. Ma di motivazioni non se ne fa nulla chi sogna di costruire castelli di carta.
Anche quando mi fermo un attimo, quando mi assopisco e inizio a sognare, i castelli in aria hanno una forma e una struttura ben precisa. Io ci sono nato.
Da oggi ho deciso che lotterò sempre, giorno dopo giorno, costi quel che costi. Sarò un architetto. Sarò il più bravo. Per me, per mamma e papà, per il mio Paese.
Sorridi, mi ripeto. Sii ottimista.
Buonanotte



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