In una città frenetica, sempre in cerca di novità e amante del bello come la capitale lombarda, trovare un angolo in cui si possa rivivere l’esperienza del piacevole disordine e ammassamento di opere d’arte senza un particolare gusto estetico per il minimalismo moderno, pare essere un’impresa impossibile. Visitare un museo-magazzino, come quelli del Castello Sforzesco di Milano, offre la sensazione sempre più rara della scoperta che nasce dal vagare per le grandi sale alla ricerca proprio di quel capolavoro che si vorrebbe tanto vedere ma che non si riesce a trovare, per colpa della leggera disorganizzazione nell’esposizione. Un leggero alone di polvere negli angoli, cartelli esplicativi quasi inesistenti, a cui si tenta di porre rimedio con fogli fotocopiati da poter portare a casa, che contengono tutte le indicazioni possibili sui pezzi più importanti della collezione. Questo tipo di museo viene considerato superato oggi giorno, troppo caotico e senza un’estetica definita. Passeggiando fra le migliaia di opere custodite nelle molte stanze dei Musei Civici del Castello Sforzesco, godendo semplicemente di quello che ha da offrire, senza cercare un particolare nome o titolo, sono molte le sorprese che ci vengono fatte.
È molto difficile non venire rapiti dal Monumento sepolcrale di Bernabò Visconti, che con la sua austera imponenza, domina la sala dedicata all’architettura. Nonostante soffra la nuova collocazione, in un ambiente per il quale non era pensato, conserva tutta la bellezza datagli da Bonino da Campione nel XIV secolo, rimanendo uno degli esempi più sublimi dello stile gotico presenti nella collezione.
Non si può rimanere indifferenti neanche davanti all’incredibile mandorla per una finestra con la figura del Redentore Benedicente da un lato e dell’Assunta dall’altro. L’opera è anche un prezioso omaggio ai colori usati in epoca gotica, dal momento che il lato con l’Assunta conserva il blu e l’oro originali. Pur essendo stata realizzata da un anonimo attorno al 1350, non possiamo non lodare le notevoli capacità di questo maestro, che con i suoi attrezzi è riuscito a infondere alla nuda pietra una grazia tutta particolare.
Come si potrebbe tacere sulla grande incompiuta della collezione. Conservata in una delle sale più ampie del castello, in uno spazio appositamente costruito per lei, si presenta ai nostri occhi, in tutta la sua bellezza: la Pietà Rondanini. Ultima opera del Maestro Michelangelo, la Pietà Rondanini rimarrà per l’eternità una statua in divenire. Il marmo porta impressi i segni dello scalpello, le idee e i ripensamenti del Buonarroti sulla sua realizzazione, ma, nonostante il suo permanente stato di incompiutezza, ha in sé l’essenza del capolavoro e ci comunica ugualmente ciò che, purtroppo, è stato terminato soltanto nella mente dell’artista. I Musei sono anche pinacoteca, dove dimorano importanti tele della Scuola Milanese ma non solo. Infatti, si può essere piacevolmente sorpresi dalle meraviglie create da Nuvolone, Procaccini, Morazzone o da nomi più noti quali Canaletto e Tintoretto.
Non si può non fermarsi per ammirare la grazia, il gioco di luci ed ombre e l’anatomia delicata del San Sebastiano del Procaccini, che presenta tutte le caratteristiche della pittura milanese, dai fondi scuri e dall’uso della luce che plasma le figure, del cui effetto è stato maestro incontrastato Caravaggio. San Sebastiano nonostante sia stato trafitto da numerose frecce durante il suo martirio è estatico, aggraziato nella posa come se stesse ballando insieme agli angeli, proprio come voleva la pittura del Seicento, che fuggiva la sofferenza.
I colori del Nuvolone nella sua Immacolata sembrano tentare di racchiudere tutto lo splendore del Cielo e il pennello plasma con infinita dolcezza il viso della Madonna. I colori scuri sono relegati solo nella parte inferiore del quadro in cui è raffigurata la creatura infernale, mentre tutta la parte superiore è un tripudio di luce che culmina nella veste bianca e blu, voluminosa, della Vergine. Che dire dell’incredibile tela del Canaletto, sulla quale ha immortalato una delle più belle vedute della sua amata Venezia? Nulla, ammirandola non si può che rimanere in silenzio. Da vicino, senza protezione alcuna che ci tenga lontani dal dipinto, possiamo ammirare l’abilità d’architetto di questo grande pittore. Palazzo Ducale sembra ritratto da una macchina fotografica data la perfezione assoluta nella realizzazione della sua architettura, mentre se guardiamo con attenzione il realismo con il quale sono state dipinte le gondole, possiamo avere la sensazione che beccheggino mentre i gondolieri sono indaffarati a svolgere il proprio lavoro.
Le possibilità offerte dai Musei sembrano infinite (Museo Egizio, Museo Preistorico, Museo del Mobile, Museo d’Armi, Museo di Antichi Strumenti Musicali) e pare scontato affermare che ce n’è per tutti i gusti. Unica nota dolente? La tranquillità. I visitatori sono pochi, forse perché il museo-magazzino ha perso il suo incanto e ci si fa abbagliare dalle sale illuminate a LED e in stile minimalista, ma vi assicuro, che entrare in una dimensione d’arte e scoperta è un’esperienza che si dovrebbe fare ogni tanto, soprattutto per ritornare a vivere un ambiente in cui la forma non ha importanza, perché basa tutta la sua unicità sul contenuto.
Fotografie di Alessandro Cattaneo e Milo Manica