Un viaggio in Abruzzo alla scoperta del vino non può prescindere da una visita presso le cantine di Cataldi Madonna. Lì la costruzione rosa antico della cantina si staglia in mezzo al parco vigneti aziendale che copre la piana di Ofena, una conca avvolta su tre lati dalle montagne, che ne condizionano il microclima, facendone una zona calda e riparata durante il giorno, per poi rinfrescarla con le correnti montane nelle fresche sere estive.
Ma solo dal 2009, a seguito del terremoto che mise in ginocchio L’Aquila e provincia, tutta la produzione si è spostata nel nucleo centrale della cantina, mentre fino ad allora le riserve affinavano nelle antiche cantine in centro ad Ofena, abbandonate in fretta e furia per mettere al sicuro le produzioni in un ambiente provvisorio ma più stabile.
Purtroppo anche questa storia era appuntata sul mio -ahimè disperso- taccuino, e tante delle parole del gentilissimo Lorenzo Pellegrini, nipote del professore Luigi Cataldi Madonna, sono andate perse su quelle pagine, ma spero di riportare quanto serva a inquadrare una realtà che è un caposaldo dell’enologia abruzzese.
Arrivare a Ofena è un viaggio che da solo merita, sia che attraversiate le montagne del Gran Sasso con i loro paesaggi lunari, che proveniate da Popoli, come ho fatto io, lungo una statale che sa un po’ di States, lunga e dritta (abbastanza, per essere in Italia), attraverso una larga valle, lungo la quale si notano alcuni borghi splendidi come Capestrano, ed i vigneti dei migliori cru lungo i suoi clivi. Poi si incontra un anfiteatro di montagne davanti, il borgo di Ofena incorniciato a mezza costa, ed i vigneti ad occupare la visuale di quella che pare una pianura, ed invece è un altipiano. Basta svoltare in mezzo ai filari ed incontrare i cartelli in legno di Cataldi Madonna che per ogni appezzamento indicano il cru o il vino che quelle vigne andranno a creare. Si scorgono le uve in maturazione, molto in ritardo rispetto ai vigneti di Chieti e Pescara, in virtù di un clima più rigido, specie nelle prime fasi vegetative. In estate la piana di Ofena si scalda e vive di forti escursioni notte giorno, ideali per concentrare profumi. Un vigneto che gode del calore del forno d’Abruzzo che ora si sta preservando anche con una agricoltura in conversione al biologico. Visitando la cantina si comprende molto dello stile aziendale. Acciaio su acciaio, grandi tank in quantità, perché il grosso della linea affina solo in questi contenitori, più una piccola quota di grosse vasche di cemento. Solo una piccola parte degli spazi è dedicato a bottaia, per l’affinamento della selezione Tonì, che a fianco vede le ceste di bottiglie selezioni di Pecorino e Montepulciano, prodotte solo nelle migliori annate. Segno di una volontà di privilegiare il frutto e gli aromi primari e secondari delle uve, con una tendenza ad affinamenti in riduzione, ben lungi dall’ossidazione, per preservare integri i profumi più freschi.Il pecorino rappresenta una bandiera di Cataldi Madonna, primi in regione a reintrodurlo, impiantandolo nel vigneto Costone, oggi destinato al Pecorino selezione. Da allora il loro pecorino rimane un riferimento, sia con la versione più agile e fragrante del Giulia che con la profondità della selezione.
Ma se legno deve essere, la scelta cade sulle barrique francesi, usate sul Tonì, Montepulciano di riferimento dell’azienda, cui si affianca il Malandrino, croccante e succoso grazie a macerazioni contenute e affinamento in cemento e acciaio.
Nella elegante e panoramica sala degustazione Lorenzo ci dà una chiara dimostrazione della filosofia aziendale, che vuole al centro la facilità di beva, senza perdere di vista sapore e territorialità. E il primo esempio è il Trebbiano 2014, versione senza la pretesa di stupire, ma un vino dritto e fine, dai profumi agrumati, con cenni di fiori ed erbe, che al palato si traduce in disinvoltura che lascia un buon finale pulito e con una sapidità elegante ai lati della bocca. Segue il Giulia Pecorino 2014, più sfrontato nei profumi, con impetuosi fiori bianchi che abbracciano note di frutta tropicale fresca, striate di note mentolate. Al palato l’acidità sposa una materia non esasperata, di bell’equilibrio che lascia che un sorso tiri il successivo. Piacevole e diretto. Tra le novità recenti di Cataldi Madonna spicca il Cataldino, Rosato IGP, sempre da uve Montepulciano ma vinificate in bianco. Il colore è un rosa tenue, dai toni di petalo di pesco, che mostra la sostanza colorante intrinseca della polpa del Montepulciano. Un vino che regala bei profumi di fiori (glicine, rosa canina) e cenni di frutti rossi freschi. Al palato sprizza gioia e voglia di estate, e non è un caso che abbia un grandissimo successo sulle tavole abruzzesi, anche nella calda estate 2015. Bevanda davvero ideale per scacciare il caldo e al contempo godere di un buon vino. Divertente anche l’idea dell’etichetta, opera di Lorenzo Pellegrini, nostro cicerone per un giorno, che ha sostenuto l’idea del Cataldino e l’ha voluta identificare con un’immagine del Guerriero di Capestrano stilizzata e irriverente, intrisa di quel brio che caratterizza questo progetto, che pure resta legato alla tradizione delle uve locali.Per chi non è avvezzo alla tipologia, il Montepulciano Cerasuolo, in Abruzzo, è quasi un rosso, dalla piena carica e spesso ricco in sostanza. Così il Cerasuolo d’Abruzzo 2014 si presenta polposo e fruttato, con la ciliegia in risalto e connotati più caldi, dai colori ai profumi, rinfrescati da toni di arancia rossa e fiori di ibisco. Al palato ha maggiore spessore e rotondità, spinto da una immancabile freschezza che gli dà slancio, per un finale saporito e con ricordi di agrume e roccia. Bella rappresentazione di un Cerasuolo aquilano, la cui massima rappresentazione è data dal Piè delle Vigne, etichetta prodotta solo nelle migliori annate e sempre difficile da trovare, per le esigue quantità prodotte. Interessante il metodo di produzione, chiamato “svacata”, tradizionale di queste zone, che vede una parte di uve montepulciano vinificate in bianco, cui se ne aggiunge durante la fermentazione, una quota vinificata in rosso con macerazione di qualche giorno. Segue affinamento in acciaio con battonage sulle fecce fini, quindi qualche mese in bottiglia. Spero di trovarlo presto per provarlo.
Quando si passa ai rossi il Malandrino 2013 conferma la sua fama di “acquisto sicuro”. Ha i toni rubino pieni screziati di porpora e gioiosamente trasparenti, e offre al naso piene sensazioni di frutti rossi e neri, con sfumature speziate e balsamiche. Ineccepibile il sorso, goloso e fresco, sferzato da un tannino fine e di bella progressione, culminante con frutti scuri e sapore finale. Grande esempio di Montepulciano di montagna (siamo quasi a 400 m di quota, nonostante il paesaggio pianeggiante).Quindi si chiude con un altro riferimento fisso, il Tonì 2011, Montepulciano che riporta in etichetta il Guerriero di Capestrano praticamente identico alle prime versioni di Montepulciano imbottigliate dall’azienda. Come detto rimane l’unico vino della gamma a vedere legno, che fissa il colore di un denso rubino dagli orli purpurei, impenetrabile, che al naso richiama piene note di amarena, cioccolato, liquirizia e tabacco. Ancora appena segnato dal legno, mostra bocca dal tannino denso ma ben domato, grande fittezza di trama e un finale asciutto e profondo, di sottobosco e radici, con frutti neri in evidenza. Gli darei almeno un altro annetto per assestarlo al meglio sulla strada della piena godibilità, ma mostra già buone carte da giocarsi.
[anche in questo caso mi scuso per eventuali errori ed inesattezze, avendo compilato questo post solo sulla base della mia memoria, sprovvisto del mio fidato taccuino, purtroppo disperso]
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