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Catalogna: indipendenza si o no? Tutto sul referendum del 9 novembre

Creato il 07 ottobre 2014 da Leultime20 @patrizialadaga

Che cosa sta accadendo in Catalogna? Davvero diventerà uno stato indipendente? Sempre più gente, informata dai media italiani, mi fa questa domanda.

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Il movimento indipendentista catalano viene da lontano e in questi anni, nonostante all’estero non se ne parlasse, è andato crescendo, alimentato dalla crisi e del malcontento nei confronti del governo spagnolo, considerato insensibile alle richieste, principalmente economiche e fiscali, della popolazione locale.

Nei miei quindici anni di vita barcellonese ho visto la società catalana radicalizzarsi in modo inimmaginabile. Ai balconi delle case oggi sventolano ovunque bandiere catalane o spagnole, a seconda dell’origine delle famiglie che vi abitano, gli ispettori controllano con  severità l’uso della lingua catalana nelle scuole o nelle vetrine dei negozi (sono previste multe per chi espone i cartelli non in catalano) e i discorsi della gente sono ormai monotematici: o si è pro o si è contro.

stadio barça
Persino il Barça è diventato un simbolo e, anche se vince, è ormai antipatico a chi non sostiene la causa separatista.

Gli indipendentisti vanno in piazza spesso e volentieri, l’ultima volta il 30 settembre, per protestare contro la sospensione da parte del Tribunale Costituzionale del referendum del 9 novembre, indetto dal governo catalano guidato da Artur Mas, leader del partito Convergència i Unió (CIU).

La sospensione è cautelare, Il Tribunale ha infatti accolto i ricorsi del capo del governo spagnolo Mariano Rajoy e si riserva di decidere nelle prossime settimane sulla costituzionalità del referendum. Prima della sospensione l’apparato elettorale era già stato messo in marcia e Mas, dopo le prime dichiarazioni di sfida («I catalani andranno a votare lo stesso il 9 novembre») sembra fare marcia indietro. Ieri, infatti, il portavoce del Govern catalano, Francesc Homs ha detto che se entro il 15 ottobre non ci sarà una decisione definitiva del Tribunale Costituzionale (e lo stesso Tribunale ha già riconosciuto che non ci sono i tempi tecnici per arrivare a una sentenza), il 9 novembre non ci potrà essere referendum. Parole che hanno irritato le forze politiche secessioniste alleate di Mas, che sa di trovarsi in una posizione scomoda, fra l’incudine e il martello. Le dichiarazioni si susseguono e capire cosa accadrà è davvero un rebus.

Questa la situazione politica, ma la gente della strada cosa pensa? Se il referendum si facesse, vincerebbe il sì?

indipendentisti
Nessuno ha la sfera di cristallo, ma la mia sensazione (corroborata da un recente sondaggio El Pais-metroscopia) è che la maggioranza silenziosa sia rappresentata dai catalani che non condividono l’estremismo separatista e che preferirebbero una negoziazione con il Governo di centrale. Gente che forse non si sente del tutto spagnola, ma che non ha nessuna difficoltà a utilizzare entrambe le lingue e a continuare a condividere con Madrid i vantaggi (e gli svantaggi) di appartenere a una grande nazione.

Gente che cerca di tenersi stretto il lavoro che ha dopo le batoste economiche di questi anni, e che intuisce che una Catalogna indipendente rischierebbe di trovarsi isolata e ancora più povera (l’agenzia di rating Fitch ha messo la Catalogna in rating watch negativo affermando che in caso di secessione il suo debito passerebbe ad essere considerato spazzatura).

Il clima di incertezza ha fatto sì che diversi imprenditori stranieri abbiano già spostato le loro sedi a Madrid e altri stiano pensando di farlo. Le multinazionali rimandano gli investimenti in attesa di tempi migliori e le banche tacciono le loro intenzioni, inquietando sempre di più i mercati.

Intanto, i movimenti antiseparatisti promuovono campagne di boicottaggio contro i prodotti catalani e persino a scuola i bambini si scontrano verbalmente sulla questione, ripetendo in classe quello che hanno ascoltato in casa dai genitori. L’aggressività verbale ha raggiunto livelli inquietanti e c’è chi vede con preoccupazione l’avvicinarsi della data proposta per il referendum ora sospeso: «Il 9 novembre me ne starò fuori città, non si sa mai» ho sentito dire da più fonti.

Sitges
I molti residenti stranieri di Barcellona osservano quasi sempre con sconcerto l’acutizzarsi di un conflitto difficilmente comprensibile. Per chi è abituato a viaggiare e a considerare “casa” ogni posto in cui vive, le motivazioni sostenute dagli indipendentisti, quasi esclusivamente emotive (perché quelle economiche sono francamente poco convincenti), basate sulla lingua e sull’orgoglio delle origini, appaiono quantomeno esagerate.

Da residente con due figli nati in questa terra che amo, mi auguro che vinca il buon senso. Quella ragionevolezza che fa stare insieme le persone e le induce a lavorare per gli stessi obiettivi di pace e benessere.

I nemici che oggi minacciano davvero il futuro della nostra società, di tutte le società, sono altri e ben più insidiosi. Cambiamenti climatici, carestie, guerre, fanatismi religiosi e politici, sono i problemi che ogni governo dovrebbe affrontare senza distrazioni territoriali e con una politica onesta. Altrimenti torniamo alla città stato, o forse al quartiere-stato, vedi mai che alle zone “bene” tocchi mischiarsi con quelle più modeste… Ma il detto non era “l’unione fa la forza?”.

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(Foto di copertina: www.abc.es)

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