L’Honduras possiede un triste record, quello dell’indice di criminalità più alto del mondo. Ogni 74 minuti c’è un morto ammazzato, quasi uno ogni ora: in relazione alla popolazione, il dato è di 86 omicidi su 100.000 abitanti. Tanto per farci un’idea, in Italia secondo l’Istat, l’indice è di uno ogni centomila persone.
Numeri nudi e crudi, che hanno reso la morte violenta un fatto quotidiano, una parte diventata ineluttabile della società honduregna: il morto ammazzato per strada è considerato una consuetudine. A Tegucigalpa, la capitale, esiste perfino un servizio comunale completamente gratuito: siccome a morire è quasi sempre la povera gente, il Comune paga le spese per l’entierro, il funerale. Un pensiero piadoso in mezzo a tanta indifferenza.
Dal colpo di stato del giugno 2009 ad oggi la situazione dell’Honduras è peggiorata. La violenza è diventata generalizzata e la stessa polizia, che dovrebbe proteggere i cittadini, si è trasformata in un corpo corrotto e che risponde alla violenza con la violenza. La Policia Nacional (la PN) è collusa con la criminalità e, soprattutto, con il narcotraffico: per arrotondare lo stipendio alcuni agenti occupano il tempo libero come sicari. Non è uno scandalo. Gli stessi alti vertici della PN hanno confermato la deriva di questa istituzione: nel 2011 sono finiti in galera quasi duecento agenti. A mancanza di idee e di un progetto chiaro su come combattere la corruzione nella polizia, il presidente Lobo ha chiesto l’aiuto del vescovo Rómulo Emiliani: la via per sanare sarà quella del catechismo e dell’evangelizzazione. Non è stata una boutade, perché il vescovo appena ricevuto l’incarico si è subito messo al lavoro elaborando un piano trimestrale che interessa tutte le stazioni della polizia, sia delle grandi città che della provincia. Secondo vescovo e presidente ai poliziotti, insomma, mancano valori spirituali e saranno i sacerdoti ad inculcare loro non solo l’onestà ma anche il valore della vita altrui.
I poliziotti honduregni si sono macchiati negli ultimi anni di crimini efferati, alcuni dei quali (come l’uccisione del figlio del rettore della Universidad Nacional Autónoma, la Unah, i desaparecidos del dopo golpe) hanno suscitato un’ondata di profondo ripudio nell’opinione pubblica. In un paese dove si commettono settemila omicidi all’anno, la maggioranza dei quali risultano impuniti, i crimini della polizia sono diventati parte della quotidianità. Si è perso il rispetto per la vita umana ed a scoprirlo non è stato certo il vescovo, ma le continue denunce operate nel corso degli ultimi anni dalle organizzazioni per i diritti umani che hanno indicato l’Honduras come uno dei paesi più pericolosi del pianeta.Lo stesso Emiliani, comunque, è realista: di non sole preghiere ha bisogno l’Honduras, ma di un progetto integrale sulla sicurezza cittadina. Parole sante.