Un disco provato e registrato in un monolocale che affacciava su Times Square, a New York. Eppure 10 mila copie stampate e vendute, e un successo – anche se nel suo piccolo – fuori da ogni previsione se si considera che il progressive in quel periodo aveva già scrutato tutti i suoi confini e le band più importanti che facevano da traino, avevano già abbandonato i canoni che ne avevano decretato il prematuro successo. In tutto questo c’è l’odissea dei Cathedral e del loro primo album, Stained Glass Stories.
STORIA. Odyssey era il nome della band in cui affondano le radici i Cathedral. Il gruppo si sciolse nel 1975, con il bassista Fred Callan, e il mellotronista, Tom Doncourt, che formarono i Cathedral. La band si è poi completata con l’arrivo del batterista Mercury Caronia IV, del chitarrista Rudy Perrone, e il cantante Paul Seal. Per i due anni successivi girarono i club di Long Island riproducendo i suoni e le idee di altri. Di King Crimson, Yes, Genesis e Gentle Giant le cover più suonate dai Cathedral in quel periodo, fin quando non si decisero di fare un proprio lavoro originale. Così nel 1978 vengono scritturati dalla Delta Records e in breve registrarono le idee che avevano raccolto nell’ultimo biennio, dando vita a Stained Glass Stories, registrato in un monolocale sopra il Palace Theater di Times Square. Una sorta di disco indipendente, insomma.
IMPORTANZA. L’uscita di Stained Glass Stories colpì la Atlantic Records, e da ciò nacquero una serie di incontri che però si risolsero in un nulla di fatto. Era la fine degli anni ’70, la popolarità del prog (così come lo concepivano i Cathedral) era in declino e gruppi come gli Yes volgevano il loro sguardo altrove. Per il loro secondo disco, i Cathedral dovettero attendere 29 anni, quanto impiegarono per riuscire a pubblicare The Bridge nel 2007. L’importanza di Stained Glass Stories va ricercata allora nel fatto che, con il tempo, è divenuto un album da collezione per gli amanti del genere prog, fino ad arrivare alla ripubblicazione dell’album in cd con la Syn-Phonyc, nel 1990.
SENSAZIONI. Il disco non mi ha entusiasmato, è vero. Anche perché il sound appare molto rarefatto da accostamenti già ampiamente testati da altre band più famose e che trovarono il successo molto prima. Le pose trasognanti e catartiche (fin dall’impostazione di copertina e dal titolo “Storie di vetro colorato”), non riescono a catturare l’attenzione se non ci si impegna sagacemente nell’analizzare ogni singolo strumento. Talvolta le composizioni (come Introspect, la lunga suite iniziale) sono delle gemme di classica incastonate nel rock, ma concluse da melodie pur sempre uguali le une alle altre. Insomma, Stained Glass Stories non brilla di originalità. Nell’universo del Progressive, questa piccola stella si perde.
CURIOSITA’. La genesi è da thriller, soprattutto se si considerano le vicissitudini dei Cathedral nel promuovere il disco attraverso i live, arrangiati alla meglio in location inventate per l’occasione. Forse è il lato più nostalgico dei Cathedral, tanto che Tom Doncourt racconta di storie che videro la band costretta a trasformare vecchie sale cinematografiche in sale da concerto per inconsueti concerti notturni. I Cathedral si costruivano i palchi da soli, impostavano le luci e si auto-cablavano gli ambienti pur di suonare. La voglia non mancava, quelle che mancò fu la fortuna.