Cattolici bresciani: un dibattito tra vangelo e potere

Creato il 21 ottobre 2010 da Marcotoresini
"Chi usa il cavallo finisce col pensare come chi possiede il cavallo"
Fra Pietro Angelerio Morrone, Papa Celestino V(da Ignazio Silone "Avventura di un povero cristiano") 
"Credo che l'Occidente sia colpevole di sette grandi peccati: benessere senza lavoro, educazione senza morale, affari senza etica, piacere senza coscienza, politica senza principi, scienza senza responsabilità, società senza famiglia. E ne aggiungerei un altro: fede senza sacrificio. Quale è la soluzione? Sostituire i senza con altrettanti con"
Mustafà Ceric (Muftì della Bosnia) da un'intervista al Sole24ore
Chi conosce questo blog sa quanto sia alta l'attenzione al dibattito che coinvolge i cattolici in genere e i cattolici bresciani in particolare (basta inserire la parola "cattolici" nel motore di ricerca di questa "home" per avere un ampio campionario di tutto ciò). Mi sentivo quindi un po' in colpa nel non avere ancora dato conto della riflessione lanciata dal periodico "Città e dintorni" (pubblicazione edita dalla cooperativa Luigi Bazoli, voce di quella che nella Prima Repubblica veniva definita Sinistra Dc, che oggi può essere identificata come l'interprete del cattolicesimo democratico bresciano in politica e che, con il gusto della sintesi ardita, potremmo chiamare anche "Martinazzoli e dintorni" ). Un dibattito sui cattolici che ospitava nel numero maggio-agosto 2010 l'intervento di mons. Gabriele Filippini, ex direttore del settimanale diocesano La Voce del Popolo e oggi parroco, e di don Mario Neva, prete di frontiera (animò i primi gruppi che tentavano di togliere dalla strada le prostitute-schiave che arrivavano dall'Est Europa), uomo di cultura (fu assistente spirituale alla Cattolica). Non ne ho parlato prima e forse ho fatto bene, perchè da una felice intuizione del collega Massimo Tedeschi, che ha fatto sintesi di quegli interventi su Bresciaoggi, ne è nato un dibattito che ancora anima le pagine del quotidiano bresciano.
Cosa dicono i due sacerdoti di tanto dirompente? Don Gabriele Filippini (nella foto), di cui è stato pubblicato l'intervento fatto in occasione della presentazione del libro di Rosy Bindi "Quel che è di Cesare", parla del rapporto dei Cristiani con la politica, delle tentazioni temporali e della relazione con il potere. "Occorre che i cattolici in politica - scrive Filippini - siano il più possibile voci libere, coscienti della distinzione di ciò che è di Dio e ciò che è di Cesare. Consapevoli che a Dio va il primato di tutto, a cominciare dalla coerenza nella vita privata. E a Cesare, a cui pure va un dovuto, va chiesto di esercitare un potere nella giustizia, nella equità e nella temperanza. (...) I cristiani in politica devono smascherare il potere quando chiama valori non negoziabili, quelli che sono soltanto interessi di parti della società. (...) Il rischio (per i cattolici, ndr) è quello di barattare la libertà del vangelo per un pugno di noccioline".
Parole forti, riflessioni stimolanti. Pacate valutazioni, però, se messe in relazione ai concetti espressi da don Mario Neva (foto) che ha spinto la sua riflessione sul terreno accidentato dei rapporti tra cattolici e Lega e sullo sdoganamento di fatto operato da Monsignor Antonio Fisichella in una intervista al Corriere della Sera all'indomani delle elezioni regionali. In quell'intervento diceva della Lega: "Anzitutto credo che dobbiamo prendere atto dell' affermarsi della Lega, della sua presenza ormai più che ventennale in Parlamento, di un radicamento nel territorio che le permette di sentire più direttamente alcuni problemi presenti nel tessuto sociale. Quanto ai problemi etici, mi pare che manifesti una piena condivisione con il pensiero della Chiesa".
Neva attacca Fisichella e spiega: "Monsignore... per favore, evangelica la Lega, con i suoi riti celtici, le sue bordate contro la Chiesa, il suo spirito anticonciliare, il suo provincialismo, il suo cristianesimo strumentale, il suo sottosviluppo culturale, il suo clientelismo montante, il nepotismo inaugurato dal leader ...? Venga qui tra noi, tra la gente, a sentire respirare questo grande spirito evangelico leghista (...) parlare di spirito anti-evangelico della Lega e della gestione del potere in Italia e in Lombardia è diventato un dovere della coscienza. Il suo intervento, monsignore, fa sì che rimarremo in pochi a protestare, tra qualche anno saremo profeti. (...) Ricordo solo che da cinquant'anni, nel concilio, in tutte le sue attività pedagogiche, la Chiesa predica contro il potere del denaro, dell'apparire, del consumismo, dell'uso strumentale della donna, dei media. Mi chiedo se la vostra è sintonia o convenienza".
Propugnatore di una terza via dei credenti in politica, in cui i cattolici non si compattino sul potere (come, osserva don Neva, sembra ispirare il cammino di Cl) ma sul Vangelo, il "prete scomodo" conclude: "Sarebbe ora che i credenti si coalizzassero in Italia per una terza via e si ponessero a servizio dell'Unità d'Italia, della giustizia sociale, della potezione della vita e della maternità, dell'investimento a favore dei giovani, del lavoro e della famiglia, della realizzazione di una società multiculturale e multietnica, con respiro europeo e mondialista. Una terza via degna della storia furura, ispirata da un vangelo dell'amore e non del potere".

Parole dure, quasi un manifesto che su Bresciaoggi, così come sulla Voce del Popolo, hanno scatenato il dibattito. Ad iniziare dall'intervento di Graziano Tarantini (foto), elemento di spicco a Brescia di Cl, vicepresidente della Banca Popolare di Milano, presidente del consiglio di sorveglianza della multiutilty A2A, che il 13 ottobre non ha lesinato critiche ai due sacerdoti, bollando come ideologica la loro analisi della realtà, permeata da troppo moralismo, arrivando a chiedersi se a Brescia vi sia spazio e libertà per i sacerdoti di esprimere opinioni diverse. E la lettera di Tarantini ha suscitato ora la replica di Mario Neva su Bresciaoggi, ora l'intervento critico di un uomo di curia come don Mario Benedini, dell'ufficio pastorale sociale, su La Voce del Popolo. Oggi, infine, la controreplica di Graziano Tarantini sempre su Bresciaoggi che  bolla come offensiva e cattiva l'autodifesa di don Neva, mentre, a far da corollario, in questi giorni, ci sono stati interventi sparsi di esponenti della Lega e del Pd.
Insomma un bel turbine di opinioni che ha il pregio di portare un po' di aria nuova in stanze che sono rimaste chiuse per troppo tempo, forse per paura, probabilmente per convenienza. Un salutare scrollone per un cattolicesimo bresciano che tiene le posizione senza accorgersi che la rupe sulla quale si è arroccato (spesso a tutela dei propri interessi) forse si sta sgretolando, per un mondo che non coglie i disorientamenti di tanti fedeli, di tanti preti, di tante realtà educative che operano nel sociale e tra la gente. Ben venga il dibattito se questo aiuta discernere tra ciò che è di Cesare e ciò che appartiene a Dio. Senza drammi e senza lutti, perchè la fede è sacrificio, perchè interpretare il mondo è speranza e perchè la coerenza evengelica e sociale è una conquista quotidiana.
Come la penso, io, ammesso che, se avete avuto la pazienza di arrivare fino a questo punto, abbia un qualche interesse saperlo? Vi posso solo dire che le due frasi con le quali è stata aperta questa riflessione non sono state scelte a caso.

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