Magazine Psicologia
“Ogni visibile comporta uno sfondo che non è visibile nel senso della figura… Vedere è sempre vedere più di quanto si veda, accedere a un essere di latenza... È la visibilità stessa a comportare una non-visibilità… Nella misura stessa in cui vedo, io non so quello che vedo (una persona familiare è non definita), e ciò non vuol dire che non ci sia qui niente, ma che ciò che si vede è un raggio di mondo tacitamente toccato… L’invisibile è il rilievo e la profondità del visibile.”(M. Merleau-Ponty, 1969[1])
Lo sguardo si appoggia con delicatezza. E’ più utile soffermarsi sui particolari, le incongruenze, i non detti. Che fascino questa cosa che chiamiamo essenza!Lavorare con le persone mi incuriosisce tantissimo. Talvolta cerco di immedesimarmi nei loro pensieri, non come se fossi, ma proprio provando ciò che vedono, sentono, odono loro. Eppure c’è sempre qualcosa che sfugge. Così ho ripreso a dipingere. Volti.Nonostante il tratto deciso o delicato, ciascuno di noi nasconde qualcosa. Negli occhi, che sono la cosa più difficile da catturare. Non importa se il ritratto sia fedele o meno.Andate agli uffizi e soffermatevi ad osservare qualche dipinto. Cosa mormora quel dialogo interiore? Quali segreti nascosti in quello scrigno inespugnabile!La nostra è sempre una ricerca dell’invisibile nel visibile. La visione diventa “incontro di tutti gli aspetti dell’Essere”. L’occhio va inteso come “finestra dell’anima”. Occhio e spirito si fondono insieme. Scopo dell’arte allora non è imitare il visibile, ma rendere visibile (in questo senso è molto vicino al pensiero di Heidegger sull’arte).Merleau-Ponty studiò a lungo l’opera di Cézanne nella convinzione che i pittori possano insegnare ai filosofi cose che essi non sospettano. Un pittore guarda il mondo per fare del mondo pittura. Un dipinto è qualcosa: esso appare.
«La nostra prima “verità” è che c’è presenza».
Renzo Chini[2], in relazione al ritratto fotografico afferma: “Ritratto è esprimere una persona mediante la sua effigie. Il ritratto, perciò, occupandosi della persona, che è una unità fondamentale di pensiero, sentimento e azione, è sempre ritratto psicologico, altrimenti la figura umana viene ridotta al rango della rappresentazione di una bottiglia o di una coppia d’uova.” Ma la persona, si può davvero raccogliere attraverso un segno, un tratto, un colore? Cos’è quella luce che in alcuni momenti brilla e in altri si spegne? Come poterla toccare, come poterle appoggiare lo sguardo anche soltanto per un momento!!! E’ ciò che sto cercando di cogliere attraverso l’ascolto delle narrazioni, è qualcosa che mi affascina e che attraverso il ritratto sto imparando a conoscere.Il mio suggerimento per chi lavora con le persone, provate a disegnarne i tratti, se potete, le rughe dell’espressione prima che se le tolgano con l’illusione di rimanere giovani per sempre e interrogatele. E vedrete che mentre fate questa operazione, il vostro modo di percepire cambia notevolmente.Al contrario di Saint Exupery, sono arrivata alla conclusione che l’essenziale sia, invece, sotto gli occhi di tutti. Bisogna soltanto trovare la strada per vederla questa essenza. La natura stessa ci ha ben equipaggiato per poterlo fare e non penso sia soltanto una peculiarità di artisti o studiosi dell’animo umano! Nei volti esiste una sintesi che se percepita e nominata coglie i contorni dell’essenza umana.
[1]Merleau-Ponty , Il dubbio di Cézanne , ed. Il Saggiatore, Milano[2] Renzo Chini , Il linguaggio fotografico, ed Sei