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Catullo: o Valentino vestito di nuovo …

Da Narcyso
Catullo: o Valentino vestito di nuovo …

Se si mettono a confronto queste "imitazioni" con le celebri traduzioni di Ceronetti, si nota subito la propensione di Mario Fresa ad attualizzare la lingua. Lo si capisce dall'utilizzo di un verso lungo e frammentato, allorchè nell'originale è praticata un'asciuttezza ritmica.

Per esempio, Ceronetti traduce: "Tu chiedi Lesbia del tuo baciarmi / La misura io fissi che mi colmi"; mentre Fresa: "Lesbia, mi chiedi quanti baci desidero da te. / Vuoi sapere qual è il numero preciso che possa / farmi dire, soddisfatto: basta così, va bene!"

Credo che il motivo di questa differenza di resa, in parte risieda nella tematica stessa dell'originale, un realismo sfrontato e sensuale che ben si sposa con le inquietudini della modernità e quindi con la necessità di una traduzione che, seppur aderente nel senso, ne vivacizzi lo sfondo antropologico.

Ceronetti già si era avviato verso la strada della liberazione di questa poesia dai "barbari pudori e da una retorica traduttoria inguaribile". Mentre egli, però, difficilmente rinuncia alla disgregazione ritmica del verso, mantenendo salda la struttura e esaltando, invece, la spregiudicatezza del lessico, nelle versioni di Fresa sentiamo parole più vicine, una parlata di strada spesso confinante col dialetto: tuna, pivella, strèusa; o strutture lessicali riconoscibili: "ohé ma di scatto, proprio così, / per farci la sorpresa"; "e all'occorrenza faccio, sta' sicuro, / il niente-vitti e il niente-saccio".

Laddove Catullo opera nel versante dell'allusione, si veda il testo 2b, l'imitazione di Mario Fresa e la versione di Ceronetti sembrano percorrere la stessa strada di una lingua più lirica e neutra.

e come certo non dispiacque,
all'agile ragazza, l'oro del pomo
che la sua casta ritrosia vinse per sempre,
ebbene sì, mi piace.

(Fresa)

***

E come piacque il fine oro di un pomo
Alla vergine svelta della favola
A lungo accordellata e la discinse -
Mi piace
(Ceronetti)

Forse è possibile che Mario Fresa senta la traduzione come laboratorio di suggestioni per attivare la musa della commistione verbale.
Si veda, ad esempio, nell' ultima sua opera, UNO STUPORE QUIETO, la presenza di uno stile basso, un'ironia utilizzata nel parlato, unitamente a una tensione lirica di stampo sperimentale: "Ma tu non farmi attendere. / Curami, curami ancora... // Tu morbida, preziosa forma... / Tu, piccola cara..."

Sebastiano Aglieco

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