E’ appena uscito Cave of Forgotten Dreams del regista tedesco Werner Herzog, un documentario in 3D sulla grotta di Chauvet-Pont-d’Arc (da leggere l’ottima recensione di Raffaele Meale su Cineclandestino) che si trova nel sud della Francia e fu scoperta solo a metà degli anni Novanta.
E’ questa l’occasione per parlarvi di questa grotta di recente scoperta che contiene degli esempi di arte rupestre davvero interessanti, singolari, stimolanti. Quello che colpisce sono soprattutto i dipinti di animali che hanno più di trentamila anni (i graffiti della grotta Lascaux, scoperte nel 1940, sono più recenti).
C’è da dire che solo a partire dal Musteriano (circa quarantamila anni a.C.), i cacciatori e i raccoglitori dell’era glaciale cominciarono a disegnare animali.
Sulle pareti di numerose caverne ci appare davanti agli occhi la fauna del Paleolitico in dipinti grandiosi i cui protagonisti sono cavalli, bisonti, stambecchi, renne, cervi, caprioli, orsi (ma anche altri “ibridi” come l’animale composto di Lascaux, detto l’”unicorno”, oppure la renna con piedi pinnati di Les Trois-Freres).
Nell’intervista a Paris Review, Werner Herzog si sofferma in particolare su un immagine della grotta di Chauvet-Pont-d’Arc che lo ha incantato e incuriosito. Si tratta di uno strano e misterioso gufo, una sorta di uccello magico, che secondo lui merita molta attenzione.
Gli artisti del Paleolitico non hanno, com’è ovvio, dipinto tutti gli animali che erano loro noti, ma solo determinate specie.
Si pensa dipingessero solo gli animali che dovevano essere ricordati in quanto potevano essere dimenticati.
Per questo si rappresentava solo l’animale assente esercitando una sorta di influsso rituale su chi mancava (anche temporaneamente) per mezzo di una “tecnica magica di presentificazione”.
Venivano allora officiate delle cerimonie nelle caverne in cui lo “sciamano” preistorico strisciava nel ventre della divinità madre, la “signora degli animali”, per costringerla a liberare la selvaggina scomparsa dal suo utero e farla tornare…