Chi ha avuto occasione di leggere altre mie recensioni di film realizzati in 3D (per esempio qui, o qui), già saprà che non sono un estimatore di questa (nuova?) tecnologia. L'utilizzo forzoso di uno strumento come gli occhialini mi fa pensare a una tecnica immatura, e il vago senso di mal di mare che immancabilmente mi pervade dopo pochi minuti mi lascia piuttosto perplesso. Per di più, l'indubbio fascino e la spettacolarità delle immagini tridimensionali è un facile richiamo per il pubblico che purtroppo non sempre viene onorato con la cura del 3D in tutti i ciak, ma solo in quelli di maggiore impatto scenico. I paragoni con l'introduzione del sonoro o del colore a mio parere non reggono, almeno fino a quando non si trovi il modo di rendere la terza dimensione senza l'ausilio di appositi strumenti e senza indurre lo strabismo.
Tuttavia, nel caso di Cave Of Forgotten Dreams di Werner Herzog le perplessità vengono superate dalla maestria e dall'impegno profusi nella realizzazione di questo insolito documentario.
Herzog (non nuovo al genere, come testimoniano i precedenti Paese del silenzio e dell'oscurità, Echi da un regno oscuro, Rintocchi dal profondo, fino al recente Encounters at the End of the World) ottiene il permesso di filmare, con grande cautela per non turbare il delicato microclima interno, la grotta Chauvet, uno spettacolare antro situato in Francia, precisamente nella regione dell'Ardeche, dove si trovano, in una cornice di spettacolari concrezioni naturali, i dipinti rupestri più antichi mai ritrovati.
Herzog (voce narrante fuori campo) non si perde un dettaglio, indaga la formazione delle caverne, come queste furono letteralmente sigillate, probabilmente da un sisma; in che modo venivano utilizzate, chi potevano essere e che tipo di vita conducevano i misteriosi pittori.
Con l'aiuto del team multidisciplinare di scienziati che sta analizzando tutti gli aspetti legati alle grotte Chauvet (geologi, antropologi, archeologi, etc...) Herzog ci guida all'interno delle grotte (chiuse a qualsiasi visita) permettendoci di ammirare e, una volta tanto grazie al 3D, quasi di toccare le rocce dipinte dai nostri misteriosi progenitori.
I dipinti sono meravigliosi, disegnati con un tratto sicuro e una capacità comunicativa straordinaria, e la telecamera non trascura alcun dettaglio, come i pezzetti di carbone utilizzati per disegnare e rimasti sul pavimento della caverna, ad attendere più di 30.000 anni prima che Herzog arrivasse a regalarci queste immagini straordinarie.
Si esce dalla sala con un turbine di pensieri e riflessioni in testa, non si può non pensare a questi primitivi uomini (l'ordine dei termini non è casuale) ed al messaggio che ancora ci arriva comprensibile dopo tutto questo tempo. Il paragone per molti versi è improprio, me ne rendo conto, ma la visita a qualche museo di arte contemporanea ci potrebbe forse far sentire più fratelli di un primitivo artista che lascia il palmo della propria mano a firma di un capolavoro, che non a qualche furbetto mercante di idee più o meno provocatorie.
Riproduzione della superficie della caverna al laser
Al contrario delle grotte di Lascaux,il cui sfruttamento turistico ha rovinato in pochi anni quello che i millenni avevano preservato (sono infatti ricoperte da uno strato fungino probabilmente causato dalla modifica del clima interno delle grotte), le grotte di Chauvet non solo sono chiuse al pubblico, ma anche l'accesso degli studiosi è limitato all'indispensabile. Un grazie in più, dunque, al rispettoso lavoro di Herzog che ci consente di godere in modo così realistico di un vero e proprio tesoro culturale, ma anche artistico.
La telecamera tridimensionale, che fatica tanto a convincere al di fuori dell'intrattenimento più scontato, si rivela invece piuttosto adatta allo stile documentaristico, o forse semplicemente un autore resta tale sia in due dimensioni che in tre, ed altrettanto accade per gli onesti, ma poco dotati professionisti del film di genere. Mi resta dunque un po' di rimpianto per non essere riuscito a vedere Pina 3D di Wenders sul teatro danza di Pina Bausch e attendo con curiosità il prossimo Hugo Cabret di Scorsese, che i giornali riportano entusiasta del'esperienza tridimensionale.