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…Ce le giochiamo..mille sterline?

Creato il 12 febbraio 2012 da Gianpaolotorres

…Ce le giochiamo..mille sterline?

Colin Chapman,coi baffetti, a cavallo della Lotus con Jim Clark al volante,campione del mondo! 1963.

 

…Ce le giochiamo..mille sterline?

Piano Marshall all’asta – Una banconota da un milione di sterline stampata dalla Banca d’Inghilterra in occasione del lancio del piano Marshall è stata venduta all’asta per 78.300 sterline (circa 99mila euro). La banconota, numero di serie 000008, pare sia uno dei due soli esemplari rimasti e il suo valore era stato stimato dalla casa d’aste Spink, che ha gestito la vendita a Londra, tra le 35 e le 40mila sterline. L’altra banconota sopravvissuta, la numero 000007, era stata venduta sempre da Spink nel 1977 per 8mila sterline. Entrambe fanno parte di una serie di nove esemplari ed erano state consegnate al ministro del Tesoro americano e a quello britannico nel 1948 come ricordo (Afp)

 

Una volta..esisteva un’azienda che costruiva auto da corsa,il cui nome è rimasto sul mercato,la Lotus,ma il titolare Colin Chapman è scomparso da anni in seguito ad un infarto e l’azienda fu ceduta dagli eredi.

Potremmo dire che il suo metodo era la leggerezza..delle auto che costruiva..anche per supplire alla carenza di potenza dei motori britannici dell’epoca che non erano fabbricati in casa,ma acquistati sul mercato e distribuiti anche ai suoi concorrenti.

Poi arrivò Ford in Europa e costruì un impianto in Gran Bretagna solo per la fabbricazione di motori da competizione,la ditta si chiamava Cosworth.

Chapman era un uomo geniale e se pur alcune sue innovazioni davano da pensare per il rischio di rotture varie che si producevano sulle sue auto al limite sempre tra fragilità e robustezza,costruiva di preferenza monoposto.

Era in voga negli anni 1960 la formula junior,una categoria internazionale con motori derivati di serie,che serviva oltre a dar spettacolo anche come propedeutica per dei giovani piloti che volessero mettersi  in evidenza.

Con un motore di 1100 cm cubici,un’auto della sua scuderia vinse a Monza nel ’62 una gara ad oltre 180 km all’ora di media correndo per oltre un’ora,destando sorpresa nella stampa internazionale e tra i concorrenti.

Incominciarono mormorare che il motore non veniva mai controllato a fine gara per vedere se i dati dichiarati erano in ordine e conforme ai regolamenti, anche perché si diceva che usando  l’albero a gomiti della  Ford Consul invece che della Anglia,i cui monoblocchi erano uguali,la cilindrata saliva da 1100 a 1450.

Un giornalista tedesco,von Frankenberg che lavorava per  Auto Motor und Sport,lanciò una serie di accuse ed una scommessa con la Lotus,mettendo 1000 sterline in ballo..se con la stessa auto controllando poi il motore,avessero saputo fare uguale, in data da destinarsi.

La scommessa fu accettata per essere giocata poi a fine stagione.

Il primo di dicembre del 1962 erano in pista,lo stesso pilota,Peter Arundell e stessa auto,la Lotus 22,sulla distanza di 30 giri di pista da percorrere dell’Autodromo di Monza.

Faceva freddo,e c’era ghiaccio in pista.

Dopo alcuni giri il motore non saliva di temperatura,e si ruppe.

Fu concordato di rinviare il tutto per l’indomani.

Partito il pilota con delle temperature leggermente più elevate,il motore una volta arrivato a regime da gara ,col fresco rendeva anche qualcosetta di più,e si fece tranquillo i suoi trenta giri chiudendo con un vantaggio anche superiore ai tempi di giugno dello stesso anno,quando aveva ben schiacciato tutti gli avversari.

La scommessa era vinta,e l’auto dopo i controlli fu venduta per 2 mila sterline ad un pilota italiano che era sul posto.Il giornalista perse solo la faccia e cambiò mestiere.

Perchè vi ho raccontato questo episodio?

Per un amico, che mi scrive criticando alcune scelte che consiglio in campo finanziario.

Ecco perché,ma non raccolgo la sfida perche non mi và di scommettere con nessuno.

Infatti  lui mi trova da dire se segnalo quanto dice il signor Warren sulle obbligazioni e sulle azioni e soprattutto su come dovrebbe tanta gioventù, o meno, pensare a crearsi una pensione supplementare volontaria visti i magri contributi che si riescono a versare oggidì in tempi di precariato.

Ora il mio amico mi lascia intendere che gestione buona non vuol dire riuscire ad evitare obbligazioni cattive per acquistare azioni..che siano peggiori.

Premesso che ognuno si regola come meglio crede,non sfido nessuno,ma resta inteso che se acquisto un’azione sono conscio del rischio che sottoscrivo.

Quando acquisto un titolo di stato od una obbligazione,molto di meno.Dò per certo che paghino cedole e capitale a tempo debito.

Ma un titolo di stato od una obbligazione non andranno mai al doppio o al triplo del valore di scambio come un’azione,salvo che non te le regalino..ed allora avrei paura e tornerei subito ben conscio..del rischio che corro..mentre di un’azione che va male..posso impipparmene se ne ho un’altra che, sia salita di quel  giusto da riportarmi alla pari..o anche più su.

Capisce il mio anonimo amico..che uno ,per iniziare, ha una propensione al rischio secondo il proprio profilo,e in seconda opzione, che in caso di perdite è più facile che tu riesca ad ammortizzarle con un’altra azione che non con un’obbligazione?

Dovessi occuparmi di altri..probabilmente avrei un occhio diverso,ma sinchè è roba mia..dica a colui che le ha passato dei pettegolezzi..di chiudere la bocca, e di farsi gli affari suoi..che ne ha ben donde!

Per togliere qualche lettore dai dubbi..esposti.. ecco una breve descrizione dell’argomento trattato.

 

LE AZIONI: cosa sono e come funzionano le azioni?+I titoli di stato e le obbligazioni

Le azioni sono titoli che rappresentano il capitale di rischio delle imprese produttive. Acquistando anche solo un’azione di società si diventa soci della stessa, con i diritti e i doveri che ne seguono. Il principale diritto del socio è la partecipazione agli utili della società che vengono incassati sotto forma di dividendi, cioè flussi di cassa periodici (solitamente con scadenza annuale). Se l’azienda produce utili, il dividendo sarà la differenza tra questi e la quota da destinare a riserva. Il dividendo unitario – quello che l’azionista riceve per ogni azione che possiede – viene calcolato dividendo, appunto, tale ammontare per il numero di azioni che compongono il capitale sociale.

 

Il rendimento periodico di un investimento azionario è quindi costituito dai dividendi. Il valore di rimborso di un investimento azionario non è invece preordinato dato che le azioni non vengono rimborsate, ma è costituito dal prezzo di rivendita dell’azione sul mercato.

Ambedue le tipologie di flussi di un investimento azionario – dividendi e prezzo di vendita – sono soggetti ad un’elevata variabilità.

In particolare il prezzo di vendita dell’azione sarà soggetto a due tipi di rischio : “rischio di mercato” (cioè rischio di eventi negativi che colpiscono il mercato in generale , quali ad esempio impennate nel tasso di inflazione che spingono verso l’alto i tassi di interesse) e “rischio di credito” (cioè rischio di eventi negativi che riguardano la specifica società che ha emesso le azioni).

Il rendimento di un investimento azionario è quindi difficilmente prevedibile “a priori”.

A fronte del rischio elevato – come abbiamo visto al capitolo “Il rischio”- , gli investimenti azionari offrono solitamente, e su un orizzonte temporale adeguato, un rendimento superiore rispetto alle altre due classi di strumenti finanziari , le obbligazioni e la liquidità.

 

I titoli di stato e le obbligazioni

Rappresentano prestiti remunerati secondo un tasso di rendimento nominale prefissato. A differenza dell’azione – che costituisce un diritto di proprietà sul capitale della società – l’obbligazione è un titolo di credito nei confronti dell’emittente. Per questo, oltre all’interesse, dà diritto al rimborso del capitale prestato alla scadenza prevista dal contratto.

L’investimento obbligazionario genera due tipi di flussi di cassa : cedole e rimborso del capitale a scadenza. Il rendimento di un investimento obbligazionario è quasi certo a priori (cioè il rendimento ex ante è pari a quello “ex post” calcolato alla chiusura dell’investimento) solo qualora i titoli obbligazionari siano detenuti fino alla scadenza. In tal caso infatti l’unico elemento di incertezza è l’eventuale crisi finanziaria dell’emittente il titolo, cioè il “rischio di credito”.

Infatti se l’emittente entra in crisi finanziaria il valore di rimborso a scadenza e gli interessi periodici (le cedole) potrebbero essere inferiori ai valori contrattuali, o addirittura azzerarsi.

Se però il titolo obbligazionario non viene detenuto fino a scadenza, allora analogamente alle azioni, l’investitore dovrà procedere alla vendita sul mercato : il prezzo di vendita potrà essere molto diverso da quanto originariamente previsto e quindi il rendimento ex post potrebbe essere molto diverso da quello originariamente atteso “ex ante”. Nel caso di vendita del titolo prima della scadenza, cioè nel caso in cui un investitore acquisti obbligazioni di durata più lunga rispetto alle proprie disponibilità, anche l’investimento obbligazionario sarà soggetto al “rischio di mercato” e quindi diventerà anch’esso difficilmente prevedibile “a priori”. Comunque, dato che le obbligazioni hanno un valore di rimborso, per quanto lontano nel tempo, il loro prezzo di mercato avrà una potenziale variabilità che sarà al massimo pari, ma mai superiore a quella di un’analoga azione.


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