Magazine Diario personale

Ce parfum de nos annees mortes

Da Miwako
Sto alla cassa, vedo un sacco di gente, batto scontrini e stipulo fidelity card. Sorrido, d'istinto, senza falsarlo, nonostante tutto. Ho sempre sorriso alle persone, è proprio qualcosa che mi viene da dentro. Se ci penso mi fa intenerire, il fatto che le persone quando si presentano si sorridono.Ho scoperto che ci sono clienti tematici. C'è l'uomo che compra solo cd, quello che compra esclusivamente libri di una certa casa editrice, e poi c'è il signore che ha appena scoperto Woody Allen. Ridiamo insieme mentre incarto tre dvd, parlando de "Il Dormiglione". Salto la cena, ormai quasi ogni sera, mangio un toast verso l'una e poi una fetta di torta fatta in casa. Suono molto ultimamente. Finalmente l'ukulele ed io siamo diventati amici; ora, appena lo vedo, piccolo e ironico in quel suo rosa porcellino, non posso fare a meno di prenderlo in mano e strimpellare qualcosa, lasciando uscire anche la voce. Suono molto ultimamente. E leggo poco. Forse ho molto più bisogno di lasciar uscire qualcosa che di lasciarlo entrare. O forse è solo un caso.
Mio cugino A. è venuto a trovarmi domenica. Abbiamo dormito insieme, parlando al buio e ridendo come quando eravamo ragazzini e tutto sembrava molto più semplice. Abbiamo riso, parlato fino allo sfinimento, boccheggiato per l'afa, camminato per una Firenze deserta e notturna, abbiamo analizzato con triste lucidità questa nostra generazione inconcludente, abbiamo cantato a squarciagola, per la strada, a letto con l'ukulele e in un karaoke. Siamo stati insieme meno di 24 ore, ma sono state intense come da tanto non avevano occasione di essere. Sarà forse perchè ho tanti bei ricordi che ci vedono insieme, sarà perchè il nostro rapporto rientra in quella cerchia elitaria di affintà elettive che non conoscono tramonti, sarà perchè fin da bambini, andavamo millantanto che se non fossimo stati cugini saremmo stati una coppia perfetta, fatto sta che, senza fare niente di particolare, A. è riuscito a tirarmi su il morale. Gli devo un favore, anche se lui non lo sa.

Stasera mentre torno a casa dopo il lavoro c'è un po'di vento. Niente di cui entusiasmarsi, non è abbastanza forte per dare sollievo, ma lo è quel tanto che basta da essere piacevole. Un oceano di pensieri vorrebbe uscirmi di bocca, una lava incolore minaccia sull'orlo degli occhi, ma rimane tutto li. C'è qualcosa a fare da tappo.
L'emblema di un sacco di cose, se ne sta avvinghiato al mio anulare destro. Ed io lo guardo mentre sollevo il braccio per sciogliermi i capelli. So che non ha senso toglierlo, visto che niente di ciò per cui è stato infilato li è venuto meno. So anche che è un simulacro e toglierlo o meno non dovrebbe significare niente. Come siamo stupidi, noi umani, sempre a caricare gli oggetti di valori e simbolismi. La brezza mi s'infila tra i capelli, senza riuscire a farsi strada fino alla nuca. I ricordi di tutte le persone che mi hanno accarezzato la testa mi cadono addosso da chissà dove, forse li ha portati il vento. Le stelle sono tante quante i miei pensieri stasera, forse qualcuna in meno. Tra tutti, uno mi rimbalza sulla spalla, insistente. E' per il vento, dice Portami con te. E, per un attimo, penso a come sarebbe bello chiudere gli occhi, aprire le braccia, rilassare ogni muscolo e, semplicemente, andarmene col vento.

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