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E' diventato cieco, prigioniero di una sorta di luce perpetua che gli impedisce di vivere la sua vita come l'aveva vissuta fino a quel momento.
E' l'inizio di un'epidemia che porterà il governo ad isolare tutti i casi di cecità all'interno di un vecchio manicomio in disuso, dove si ritroveranno tutte le prime vittime del misterioso morbo venute a contatto con il primo cieco. Tra loro, l'oculista che lo ha visitato e sua moglie, unica tra loro a non essere caduta vittima della malattia.
L'esperienza all'interno di quella prigione, sorvegliati dall'esercito, sarà terribile e traumatica per tutti, ma stringerà il legame di un gruppo che, una volta abbandonata la struttura, deciderà di vivere insieme quello che resta dei loro giorni in una città sporca e distrutta, popolata da una moltitudine di ciechi senza guida.
Erano anni che sentivo parlare Julez di questo romanzo come di una sorta di essere mitologico, una delle letture più sconvolgenti ed intense che avesse fatto: una sera, alla mia proposta di visionare il film tratto, per l'appunto, da quest'opera di Saramago, lei ha controproposto che io lo leggessi prima di poter guardare la trasposizione cinematografica. E così è stato.
Personalmente, ho trovato Cecità un grandissimo romanzo: crudo, terribile, ribollente di sentimenti tra i più infimi che il genere umano possa provare eppure mai schiacciato nel suo coraggio, nell'intensità, nelle passioni e nella forza che i suoi protagonisti dimostrano, anche nei momenti in cui pare che gli eventi possano schiacciarli e calpestare inesorabilmente i loro sentimenti e la loro dignità.
In particolare, il personaggio della moglie del medico rappresenta tutta la potenza dirompente dell'autore, nonchè il nostro legame visivo con un romanzo che ci precluderebbe ogni riferimento di questo tipo, così come accade per la scelta di omettere i nomi dei suoi protagonisti, che divengono semplicemente un riferimento a ciò che sono stati prima dell'epidemia - il primo cieco, la ragazza con gli occhiali scuri, il bambino strabico, il medico, il vecchio dalla benda nera -.
Ed è proprio la moglie del medico, dunque, a farsi carico del peso dell'intera vicenda, dal momento in cui il marito viene caricato sull'ambulanza e portato via alla volta del manicomio alla permanenza stessa all'interno della struttura, dall'organizzazione delle camerate al confronto con i ciechi "malvagi" che tentano di regolare secondo le leggi del crimine la vita di quella triste prigione di condannati al biancore eterno.
Ed è proprio nel confronto con la banda di usurpatori del potere interno che il personaggio di questa donna assume un'importanza clamorosa per l'economia del racconto, quasi rappresentasse, a tutti gli effetti, l'ideale di compagna, di madre e di confidente di ogni altro cieco presente, simbolo di forza assoluta a fronte dei comportamenti del marito, delle intemperanze dei membri della camerata, delle richieste sempre più terribili dei ciechi loro carcerieri.
La moglie del medico diviene il simbolo della Donna in senso universale, capace di prendere per mano e guidare una piccola comunità come fosse una famiglia, dentro e fuori il manicomio, per le strade di una città in cui tutto è allo sbando, in mano ad un destino amaro per tutti, alla ricerca di cibo e in attesa della pioggia per l'acqua camminando immersi in sporcizia e nel sudiciume lasciati per le strade con le carcasse dei morti.
E come se non bastasse, all'immagine della città e dei suoi disperati si aggiungono le incredibili sequenze del supermercato - così terribile da far tornare alla mente Romero - e della chiesa, all'interno della quale qualcuno - e non si saprà mai chi - ha fasciato ogni statua di santo, e lo stesso crocefisso con una benda bianca attorno agli occhi, quasi a dirci che il primo cieco di questa storia, o della Storia, è stato proprio Dio.
Un'opera clamorosamente umana e non priva di critiche allo Stato - e alla Chiesa, come appena citato - che va ad inserirsi nel grande filone dei 1984 e dei Fahrenheit 451, con la differenza, rispetto ai Capolavori in questione, di non partire dall'interno, con un uomo del governo trovatosi a vivere "dall'altra parte", bensì di concentrarsi su un dramma che progressivamente coinvolge tutti, inesorabilmente, senza differenza alcuna.
Dunque, sono diventati ciechi, questi uomini, queste donne, o lo erano già?
Cosa nascondeva quel candore terribile, tanto da giustificare morte, lotta per la sopravvivenza, amore, bassezze, putredine e liberazione?
Forse nulla che non fosse già vivo nell'Uomo.
A volte occorre diventare ciechi per imparare a vedere.
MrFord
"Another place I find, to escape the pain inside
you don't know the chances, what if I should die?
(A place inside my brain, another)
Another kind of pain
you don't know the chances, I'm so blind
blind, blind."
Korn - "Blind" -
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