CECITA' - di José Saramago

Creato il 09 aprile 2013 da Ilibri

Titolo: Cecità
Autore: José Saramago
Anno: 1995 (Prima Edizione Originale)

Cecità è indubbiamente un romanzo dal titolo inequivocabile. Già dalle prime pagine si delinea una contrapposizione tra la città caotica e piena di semafori e un uomo diventato cieco all'improvviso, "caduto in un mare di latte" e intrappolato nella sua macchina in mezzo al traffico.

Ma non è tutto qui. Non è la storia di un uomo che deve semplicemente fare i conti con l'inaspettato e capire come reagire.

Un passante si offre di riaccompagnarlo a casa; la moglie, spaventata da questa cecità improvvisa e ingiustificata, telefona a un oculista, poi esce a cercare l'auto rimasta in strada e scopre che il passante, apparentemente gentile, l'ha rubata.

Il medico visita il cieco e cerca delle risposte per una cecità sopravvenuta ad occhi che lui conferma essere perfetti. Nello studio medico ci sono un vecchio con una benda nera, un ragazzino strabico accompagnato dalla madre e una giovane con gli occhiali scuri.

Sin dall'inizio si fa quasi fatica a procedere nella lettura, perché la punteggiatura inciampa e i dialoghi sono come frullati all'interno della narrazione, senza virgolette.

Ma, non appena Saramago inizia a descrivere le intenzioni del ladro della macchina, inaugurando un paragrafo sulla "coscienza morale", ci si comincia a chiedere di quale cecità, di che tipo di cecità lo scrittore stia parlando. E il libro prende il ritmo giusto.

A poco a poco, con la cecità bianca che inizia a contagiare tutta la città, e il Governo che si vede "costretto" a confinare i ciechi in strutture isolate, si delinea un nuovo tipo di società, una società modificata nella vista ma fondamentalmente non nelle sue azioni: un mondo di ciechi che tende a comportarsi con violenza e sopraffazione, utilizzando il proprio diritto alla sopravvivenza come motivazione per umiliare ed eliminare gli altri. "Il difficile non è vivere con gli altri, il difficile è comprenderli".

Il primo cieco, il medico, la moglie del medico (che si finge cieca per restare insieme al marito ma che non perderà mai la vista), il vecchio dalla benda nera, il ragazzino strabico, il ladro della macchina e la ragazza dagli occhiali scuri, che per tutta la narrazione rimangono personaggi senza nome, affrontano insieme, ma ognuno dal proprio punto di vista, le difficoltà e le tragedie della nuova vita da ciechi: la segregazione, la fame, l'assenza di pulizia, l'angoscia, il tradimento, gli stupri di gruppo, l'omicidio. E si confrontano e si mescolano nella massa informe degli altri ciechi; tutti cercano di sopravvivere: "Orbene, quel che nessun uomo pensò pare lo pensassero le donne, non doveva esserci altra spiegazione per quel silenzio che a poco a poco si instaurò nella camerata dove avvennero questi confronti, come se le donne avessero capito che, per loro, la vittoria nella contesa verbale era un tutt'uno con la sconfitta che ne sarebbe inevitabilmente seguita, e forse nelle altre camerate la discussione non sarà stata diversa, infatti è risaputo che le ragioni umane non fanno che ripetersi, e anche le non-ragioni".  

Saramago racconta con schiettezza ed amara ironia le debolezze umane, in fin dei conti quelle di tutti gli esseri, ciechi e non ciechi. Lo fa senza buonismo e senza perbenismo, e anche nel finale quasi magico e sempre inspiegabile ci spinge a riflettere su cosa è moralmente giusto e cosa no.

  

  

  

  

 

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