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Cellule staminali contro il Parkinson: aumentano le ricerche

Creato il 17 dicembre 2015 da Conservazionecordoneombelicale @SorgenteSalute

Crescono le ricerche su cellule staminali e morbo di Parkinson: alcuni team di ricercatori in tutto il mondo (anche in Italia) stanno continuando le sperimentazioni e sperano di arrivare a nuovi trattamenti entro al massimo tre anni.

Conservazione cordone ombelicale - GuidaDi: Redazione

Sono questi i risultati annunciati a Milano in occasione del XXI Congresso mondiale sulla malattia di Parkinson e disturbi correlati, che si è svolto dal 6 al 9 dicembre.

Numerosi ricercatori sono all’opera per cercare di assicurare ai malati di Parkinson migliori condizioni di vita. In questo contesto oggi vengono sperimentare le cellule staminali nei trattamenti per chi soffre di questo morbo. Gli scienziati si attendono risultati positivi e pensano che le cellule staminali possano riuscire a rallentare lo sviluppo del morbo. Nel caso in cui dunque i malati fossero identificati in modo precoce, potrebbero sottoporsi a trattamenti con cellule staminali in via ‘protettiva’. Anche se non sono ancora state elaborate terapie a base di staminali, molti ricercatori sono convinti che entro tre anni avremo nuovi trattamenti.

Nel corso dell’incontro scientifico, è stato presentato il caso incredibile del recupero di un malato che negli anni ’80 si è sottoposto a trapianti di cellule staminali e per venticinque anni ha interrotto la terapia farmacologica; grazie a questo ha vissuto fino a 83 anni. Il suo cervello è stato poi studiato da alcuni scienziati: è risultato che le cellule trapiantate negli anni ’80 erano riuscite a ripristinare connessioni efficienti a livello del sistema nervoso centrale e garantito una buona mobilità del paziente. Simili esperimenti con tecnologie leggermente diverse sono stati effettuati più recentemente, ma in non tutti i malati si avevano riscontri positivi.

Un nuovo studio ha ricevuto un finanziamento dalla Comunità europea per un progetto di 5 anni, che ha l’obiettivo di trattare malati in fase non ancora avanzata, per far sì che le cellule staminali possano attecchire senza trovare un ambiente eccessivamente compromesso. Lo scopo è quello di interrompere lo sviluppo della malattia e magari riuscire ad assicurare un piccolo recupero. Dopo i test su cavie animali, nel 2o16 si cominceranno a trattare i primi malati per vedere, durante la sperimentazione, della durata di due anni, se questo trattamento porterà a risultati concreti. L’idea alla base della ricerca è quella di utilizzare cellule embrionali, pluripotenti, e  farle diventare dopaminergiche, ottenendo linee cellulari che è possibile successivamente distribuire. In questo modo è possibile ovviare alle limitazioni normative vigenti in Paesi come l’Italia, in cui è vietato derivare cellule staminali embrionali e  produrle. Attraverso una rete scientifica già in atto, una volta concluso lo studio pilota, sarebbe potrebbe possibile, in un paio d’anni, a trattare anche i malati residenti nel nostro Paese. La tecnica impiegata è del tutto stimile a quella della stimolazione cerebrale profonda, e con micro-cateteri si iniettano le cellule nelle zone corporee affette dal morbo.

Fonte: “Tiscali”


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