LUCI, il laboratorio urbano di iniziativa civica, chiedendo alla Regione informazioni sulla cementificazione del Parco del Morbasco e del Po, ha scoperto che il Comune di Cremona tutela se stesso e basta, non il parco, né i cittadini né l’ambiente. La salute non vale nulla: importano gli affari, e basta. Che altro pensare leggendo i documenti seguenti? Che Carlo Malvezzi ha ricevuto un premio dalla Regione, trovandosi in linea con la spasmodica passione per il cemento e l’asfalto che anima l’imprenditoria edile poco riflessiva. L’ex vicesindaco ha ricevuto infatti un prestigioso quanto rischioso incarico presso l’assessorato alle Attività produttive. “Farà gli interessi di Cremona” ha dichiarato con un linguaggio cupo il sindaco Perri. Seguono, dopo il comunicato del Laboratorio urbano, il documento dello stesso LUCI e la risposta della Regione.
Qualcuno ricorderà sicuramente tutte le osservazioni e le proteste nate dopo l’approvazione del PII Morbasco Sud: una abnorme cementificazione edilizia che andava oltre la ragionevole espansione in lotti già interclusi tra palazzi esistenti, violando il perimetro del PLIS del Po e del Morbasco e il vincolo idro-geologico, modificando pure il piano geologico per giustificarne la scelta, senza dimenticare il danno ambientale e paesaggistico. Tutte le osservazioni furono respinte dall’Amministrazione comunale, a volte anche con toni rabbiosi, e la costruzione dei palazzi ebbe inizio. Abbiamo chiesto in Regione un parere, documentando i nostri dubbi e la risposta ci ha colpiti:
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“Non risulta agli atti della scrivente Direzione Generale che sia mai pervenuta, da parte del Comune di Cremona, la prescritta richiesta di parere regionale sulla compatibilità idraulica delle previsioni dello strumento urbanistico e sulla valutazione del rischio idrogeologico sopra menzionato.”
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“Come sopra evidenziato, tuttavia, è proprio il medesimo PGT ad esser carente del parere regionale obbligatorio prescritto dalla DGR n. 8/1566 del 22/12/2005, vigente all’epoca di approvazione del PGT, paragrafo 5.3.2 Aree a rischio idrogeologico molto elevato. Si rammenta, inoltre, che identica prescrizione è stata riproposta dal paragrafo 5.3 della DGR 9/2616 del 30 novembre 2011, attualmente vigente, riguardante l’aggiornamento dei criteri per la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT.”
Insomma, una procedura non proprio esemplare. Il problema però rimane, ed ecco la soluzione prospettata dalla Regione per limitare i possibili danni ai quali potrebbe essersi esposto il Comune:
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“In via collaborativa, dunque, s’invita l’Amministrazione Comunale in indirizzo a voler riconsiderare gli aspetti di criticità nell’iter di approvazione del PGT sopra evidenziati e a voler eventualmente assumere i necessari provvedimenti, in via di autotutela, al fine di ricondurre la fattispecie nella cornice normativa delineata.”
Il danno, però, ormai è fatto e lo pagano l’ambiente e i cittadini, rimasti inascoltati e respinti dall’Amministrazione comunale che, invece, ha ancora la possibilità di AUTOTUTELARSI per gli errori commessi. La domanda a questo punto è ovvia: ma allora, chi tutela l’ambiente e i cittadini?
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