Partiamo con un dato molto confortante: negli ultimi vent’anni i boschi sono aumentati del 20%. Secondo Legambiente, la superficie forestale ha raggiunto 10,2 milioni di ettari, 1,7 milioni in più rispetto agli inizi degli anni Novanta.
Le buone notizie finiscono qui. Gli alberi, infatti, non hanno preso il posto del cemento, bensì delle colture: fra il 1990 e il 2005 la superficie agricola si è ridotta di 3 milioni 663 mila ettari. Sostanzialmente natura si è sostituita ad altra natura.
Il resto è tutto cemento, calcestruzzo, asfalto, mattoni. Siamo il fanalino di coda europeo per quanto riguarda sviluppo economico, produttività, investimenti in infrastrutture e crescita demografica, ma primi per soil sealing ovvero impermeabilizzazione delle superfici naturali. I dati dovrebbero andare di pari passo, sennò si scatena un cortocircuito economico e pure sociale. Infatti.
Questo modus operandi ha, parole del rapporto annuale dell’Istat, un “impatto ambientale negativo in termini di irreversibilità della compromissione delle caratteristiche originarie dei suoli, dissesto idrogeologico e modifiche del microclima”. E il territorio ci ricorda con scadenza tragicamente regolare quanto stia soffrendo.
È il 7,3% la superficie totale non più naturale. Un’area grande circa come l’Emilia-Romagna o la Toscana. La media europea è il 4,3%. In alcune zone si soffoca: cementificato il 50% della provincia di Monza, il 43,2% di quella di Napoli, il 37,1% dell’hinterland Milanese.
L’avanzata grigia rischia di alterare un equilibrio storico fra paesaggio e insediamento urbano, con il rischio di compromettere le possibilità di sviluppo connesse alla fruizione turistica. Si rischia di sperperare un patrimonio, l’unico rimasto.
Fra il 2001 e il 2011 il consumo del suolo è aumentato dell’8,8%, a fronte di un incremento della popolazione del 4,7%, principalmente per merito degli immigrati. Il ritmo medio giornaliero è di 45 ettari sottratti alla natura, con picchi vertiginosi di 161 ettari.
Si cementifica in modo diverso: al Nord si espandono i locali emergenti fino a occupare tutti gli spazi possibili, al Sud si creano nuovi centri abitati. Dal 2001 in poi sono sorti 1.024 nuove città dalla cintola in giù.
L’aumento, in percentuale, è maggiore al Sud: 10,2 contro 8,2. Di questo passo, il Mezzogiorno, che rimane molto più rurale con il 4,7% di soil sealing, è destinato a colmare il divario con il Nord (9,2). La provincia di Caserta ha registrato un autentico boom del cementificazione: 18,4%.
Ormai l’allarme non riguarda più solo gli ambientalisti e si inizia a parlarne nei palazzi che contano. Bisogna scongiurare la profezia di Salvatore Settis, presidente del consiglio scientifico del Louvre, che nel libro Paesaggio Costruzione, ha così sentenziato:
Vedremo boschi, prati e campagne arretrare ogni giorno davanti all’invasione di mesti condomini, vedremo coste luminose e verdissime colline divorate da case incongrue e palazzi senz’anima, vedremo gru levarsi minacciose per ogni dove. Vedremo quello che fu il Bel Paese sommerso da inesorabili colate di cemento.
Fonte: Corriere della Sera