Fiaba, magia, lieto fine sono un diritto sacrosanto (insieme al cioccolato) di ogni bambino. La mia generazione anni '80 ha avuto la fortuna di essere tra le prime ad essere cresciuta a pane e cartoni Disney (rigorosamente al cinema o in VHS). Biancaneve, Aurora, Belle, Ariel e Cenerentola sono state le nostre eroine: i miei coetanei trentenni, maschi e femmine, hanno dovuto quasi obbligatoriamente scegliere tra una di queste donzelle la loro preferita. E si è creato un business da cui attingono a piene mani ormai da anni. L'ultimo caso, per chi non se ne fosse accorto, è stato l'azzurra Cenerentola di Walt Disney stavolta in carne ed ossa e diretta da Kenneth Branagh.
Centocinque minuti di una fiaba che tutti conosciamo a memoria, quali effetti sortisce in uno spettatore esperto e adulto? Quali emozioni?
La trama resta fedelissima all'originale, la felice vita di una famigliola viene stravolta dalla morte della madre che lascia la figlia orfana e il padre vedovo. La figlia cresce bella, bionda (coi denti un po' sporgenti e le sopracciglia troppo scure, a voler essere pignola) e buona da morire. Così sensibile da parlare con gli animali e prendersi cura dei topi (viene da chiedersi quale sia la vita media di un topo). L'esistenza di Ella (Lily James) votata al genitore (Ben Chaplin) viene nuovamente stravolta dal matrimonio improvviso del padre con Lady Tremaine, alias "la Matrigna", interpretata da una favolosa, stupenda ed elegantissima Cate Blanchett.
Il pacchetto prevede anche due sorellastre orrendamente vestite e boccolose, Anastasia (Holliday Grainger) e Genoveffa (Sophie McShera). Il papà muore, Ella viene maltrattata dalla nuova "famigliastra", la trasferiscono in soffitta ma sente freddo e si accuccia vicino il camino: diventa Cenerentola. Incontra per caso nel bosco il principe (Richard Madden), lui se ne innamora e per rivederla organizza il ballo... Inutile spoilerarvi la fine che tanto tutti conosciamo.