Domande che hanno un legame diretto con la vita quotidiana degli elettori, in particolare in provincia di Cremona, dove gli impianti a biogas e biomasse presentano numeri da primato nazionale, ma anche in tutto il territorio nazionale, così trascurato e trattato come semplice materia prima da lavorare e trasformare a piacimento, senza badare agli effetti per la salute di tutti gli esseri viventi. La campagna elettorale ha badato alle alleanze, che pure hanno importanza ma il dibattito ha messo in secondo piano i programmi: ci possiamo occupare di questioni concrete? Ci sarà il giusto rispetto del suolo, dell’ambiente e la valorizzazione dell’agricoltura (non degli agricoltori e basta, grazie)? Grazie quindi al Comitato No Inceneritori Cremona (aderente al Comitato Regionale No Biomasse No Biogas) che invia il comunicato che segue. Una lettura che merita!
Ai candidati alle elezioni politiche 2013
La presente viene inviata a tutti i candidati del collegio Lombardia per l’elezione di Camera e Senato della Repubblica a cura del Coordinamento regionale dei Comitati No Biogas No Biomasse (Cavernago, BG) aderente al Coordinamento nazionale Terre Nostre no biogas, no biomasse per la salute e l’ambiente (Altedo di Buonalbergo, BO).
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Gentile candidato,
Probabilmente sarà a conoscenza della corsa alla realizzazione, in tutte le regioni d’Italia, di centinaia e centinaia di centrali termoelettriche alimentate con l’energia prodotta da biogas e da biomasse liquide e solide.
Saprà anche che la realizzazione di suddette centrali è giustificata esclusivamente dall’elevato livello degli incentivi erogati attraverso i certificati verdi e la tariffa onnicomprensiva, livello che, anche dopo la revisione della tariffa “flat” operata con il V° conto energia, rimane doppio di quello medio europeo.
La sproporzione tra l’utile ricavato da soggetti privati (per lo più società finanziarie) e i disagi e gli impatti territoriali negativi, indotti dalle centrali a biogas e biomasse, ha determinato il sorgere di centinaia di comitati spontanei e di altrettante situazioni di conflitto, tensione sociale e contenziosi legali.
Le gravi tensioni sociali indotte dalla corsa agli incentivi per la produzione di energia elettrica “rinnovabile” sono legate alla mancata informazione alle comunità locali circa l’avvenuta presentazione di domande di autorizzazione per la realizzazione di suddetti impianti, alla scarsa possibilità dei portatori di interessi di far valere le proprie osservazioni nel contesto di procedure autorizzative uniche espletate nell’arco massimo di soli 120 giorni, e all’insufficienza delle linee guide nazionali (e regionali) circa la localizzazione delle centrali. Scarse sono anche le possibilità delle amministrazioni locali di opporre pareri negativi in sede di Conferenza dei servizi stante le previsioni dell’ art. 12 D.Lgs. 387/03 che dispone che: “… Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti sono opere di pubblica utilità indifferibili ed urgenti …”.
Effetti sulla qualità dell’aria e della salute (palese contraddizione con la Direttiva europea sulla qualità dell’aria e sulla VIA)
Tale grave forzatura emerge in tutta evidenza qualora vengano valutati i bilanci energetici netti delle centrali. Essi risultano modestamente positivi, a fronte di una serie di impatti innegabili, anche in forza di valutazioni discutibili dell’assetto cogenerativo degli stessi, ovvero della valutazione del recupero energetico del calore dissipato dai motori. La constatazione che il risparmio di energia fossile e di emissioni climalteranti è marginale, se non nullo, dovrebbe di per sé mettere in discussione i presupposti della utilità pubblica di tali impianti.
La mancata considerazione di questi aspetti fondamentali per la qualità dell’aria è frutto del mancato recepimento della Direttiva europea che impone di non compromettere ulteriormente la qualità dell’aria laddove questa è già compromessa come avviene nella maggior parte della Pianura padana e in altre aree del paese dove le concentrazioni di polveri sottili restano al disopra dei limiti massimi per un numero di giorni superiore a 50.
Una ulteriore distorsione che richiede l’attenzione del nuovo governo e del nuovo parlamento riguarda il contrasto tra la Direttiva europea sulla Valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) e le norme applicate da quelle regioni che evitano di sottoporre gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biomassa di potenza fino a 999 kwe alla citata VIA o alla procedura di Screening che, secondo la Direttiva, non possono essere legate solo alla potenza delle centrali ma anche al cumulo con altri impianti e fonti emissive nello stesso territorio e ad altri elementi giustamente previsti dalla normativa europea.
Questa situazione dipende da una inadeguata o mancata classificazione di questi impianti che l’ASUR (Azienda Sanitaria Unica Regionale) delle Marche e l’AUSL di Vercelli hanno classificato l’attività di produzione di energia elettrica come industria insalubre di 1^ classe come previsto dal DM 05/09/94 al punto 7 lettera C (centrale termoelettrica).
Palese contraddizione con le politiche di governo del territorio
Le centrali a biomasse, grazie al singolare quadro normativo delle autorizzazioni, non impattano solo sulla qualità dell’aria ma anche sulle politiche di governo del territorio e su diritti fondamentali dei cittadini residenti nelle vicinanze degli impianti.
Secondo quanto disposto al comma 7 dell’art. 12 del citato D. Lgs: ” … gli impianti alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili, possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici e pertanto non è necessario adottare varianti di destinazione d’uso. L’A.U. costituisce, dove occorre, variante allo strumento urbanistico … “.
Desideriamo ancora richiamare la vostra attenzione sulle conseguenze di quanto disposto dal suddetto comma: una quasi totale licenza di realizzazione delle centrali a dispetto dei diritti fondamentali di cittadini che si sono visti installare dei biodigestori o delle centrali a biomasse a pochi metri (avete letto bene) dalle proprie abitazioni. Per non parlare di localizzazioni che non tengono conto della presenza di aree di valore ambientale, storico, paesaggistico, di corsi d’acqua e delle conseguenti possibili esondazioni. Non mancano centrali a biogas (con digestori della capacità di migliaia di metri cubi di liquame) realizzate sui versanti delle colline con poca o nulla possibilità di evitare gravi sversamenti in caso di incidente.
Le comunità che hanno avuto la sfortuna di vedersi realizzata nel raggio di poche centinaia di metri una centrale a biogas lamentano regolarmente emissioni maleodoranti e forte rumorosità dei motori oltre a un via vai di mezzi pesanti che per alcuni mesi rende impraticabili o di rischiosa e problematica percorrenza le strade comunali o vicinali utilizzate per l’alimentazione delle centrali. Strade che, come sovente si verifica nelle campagne, sono costeggiate da fossati che rendono pericoloso il transito con mezzi pesanti provenienti da direzione opposta in ragione della scarsità di piazzole di scambio.
Una seria minaccia all’agricoltura e all’economia rurale
(turismo, agroalimentare)
Considerare le centrali termoelettriche a biogas e biomasse di ” utilità pubblica ” comporta pesanti distorsioni anche in campo agricolo e sulla complessiva economia rurale dei territori. Le società che gestiscono le centrali (costituitesi come “agricole” solo al fine di massimizzare incentivi e di operare in regime agricolo ai fini fiscali e della PAC) sono in grado di monopolizzare il mercato degli affitti dei terreni agricoli e di spingere all’insù i costi dei servizi agrimeccanici e dell’acqua di irrigazione aggravando la già problematica redditività delle aziende agricole piccole e medie e mettendo a rischio interi comparti produttivi legati a specifiche produzioni locali di qualità sostituiti da coltivazioni intensive in monocoltura, fortemente dipendenti da elevati livelli di input di pesticidi, concimi chimici, acqua di irrigazione. Inutile sottolineare poi come l’estensione, che in alcune provincie raggiunge già decine di migliaia di ha di superficie agricola al servizio di una energia che non è assolutamente rinnovabile venendo da una agricoltura industriale altamente energivora ed inquinante, mette in discussione livelli già bassi di autosufficienza per diverse filiere agroalimentari strategiche.
Il caso del digestato da biomasse è emblematico di pura sottrazione di vita ad un ambiente che invece ne avrebbe bisogno assoluto e che, essendo già in grave carenza, non può reagire che con patologie che portano a morte prima l’ecosistema e poi noi irresponsabili artefici.
Oltre alla perdita di produzioni tipiche, la presenza delle centrali minaccia anche quelle aziende che si sono incamminate sulla via dell’agricoltura biologica e dell’agriturismo e che dipendono per la loro attività da una elevata qualità ambientale oltre che da un paesaggio agricolo non compromesso.
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In base a queste considerazioni e alla luce del fatto che l’obiettivo assegnato all’Italia (burden sharing) per la quota di energia elettrica da fonti rinnovabili è stato ampiamente superato risulta urgente introdurre rapidamente dei correttivi ad una normativa specifica lacunosa e contraddittoria con la tutela di esigenze fondamentali e con lo stesso quadro normativo europea e nazionale.
Oltre ad invitarvi ad informarvi maggiormente su quanto sta avvenendo nella vostra circoscrizione/collegio intendiamo chiedervi anche di manifestare la vostra disponibilità a farvi interpreti, in caso di elezione, delle istanze dei cittadini che già oggi vivono i disagi legati alla presenza delle centrali a biogas e biomasse e di quelli che si stanno opponendo con tutte le loro forze alla realizzazione di ulteriori centrali, ma in condizioni di netta inferiorità a causa di un quadro normativo pesantemente squilibrato a favore di alcuni interessi economici.
Vi chiediamo quindi di dichiarare la vostra disponibilità ad operare affinché le distorsioni e le gravi tensioni indotte da una proliferazione indiscriminata di impianti a biogas e biomasse siano prontamente corrette ed in particolare a:
- agevolare il diritto di audizione dei Comitati per la salute e l’ambiente che si oppongono alla proliferazione speculativa delle centrali a biogas e biomasse;
- contrastare le attuali proposte in itinere di modifica della Direttiva 2011/92/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale, nelle parti in cui, in generale, renderebbero più agevole, rispetto alla attuale situazione, l’insediamento degli impianti in questione, con particolare attenzione alle parti che escluderebbero l’ assoggettamento a procedura di screening o di VIA, eludendo l’applicazione integrale e per tutti gli impianti dei criteri di cui all’ All. III della medesima direttiva, ovvero senza tener conto, oltre che della taglia degli impianti, anche del cumulo con altri progetti, delle utilizzazioni delle risorse naturali, della capacità di carico ambientale del contesto in cui si propone l’impianto, della densità della popolazione, ecc…
- contrastare le proposte di modifica della Direttiva 2011/92/UE nelle parti in cui consente discrezionalità alle autorità procedenti di identificare e determinare il pubblico, interessato nel procedimento, nonché nella discrezionalità della definizione del prerequisito di “effetti significativi” ai fini dell’assoggettamento a screening e/o a VIA;
- introdurre l’ obbligo di giustificazione concreta delle reali esigenze di insediamento dei progetti proposti, nelle pianificazioni locali e sovaralocali, come presupposto per la procedibilità degli iter autorizzativi;
- sostenere proposte di revisione normativa del D. Lgs. 387/03 nel senso di una riconsiderazione del carattere di opera di pubblica utilità urgente indifferibile delle centrali a biogas e biomasse e della definizione di linee guida a maggior tutela dei valori residenziali, culturali, ambientali, storici, agricoli e paesaggistici;
- operare una sostanziale riduzione del livello eccessivamente elevato degli incentivi concessi a fonti energetiche di discutibile “rinnovabilità” e tali da determinare – come purtroppo è ormai possibile verificare nei fatti – pesanti impatti ambientali e socioeconomici oltre che gravi distorsioni nel settore economico dell’agricoltura ma anche nel mercato immobiliare;
- introdurre provvedimenti normativi al fine di applicare, in sede di autorizzazione, anche l’obbligo, a carico del proponente del risarcimento dei possibili danni a terzi e dei costi esterni del progetto, in termini di salute e svalutazione patrimoniale, con obbligo di garanzia fideiussoria delle cifre stabilite, ai fini della cantierabilità dell’ eventuale impianto autorizzato;
- Introdurre obblighi normativi per la definizione del quadro epidemiologico della situazione ante-operam, ai fini della possibilità di valutazione degli eventuali impatti sanitari post-operam;
- introdurre obblighi normativi per la predisposizione, ai fini dell’ottenimento delle autorizzazioni dei progetti, di un contestuale piano di riduzione delle emissioni che assicuri un saldo pari almeno zero del livello di emissioni inquinanti per il particolato e per i relativi precursori, almeno per le aree considerate e/o definite a rischio di superamento dei valori limite ambientali.
- proporre provvedimenti legislativi che incentivino in modo più incisivo gli interventi a favore del risparmio energetico e del miglioramento della qualità dell’aria.
Comitato No Inceneritori Cremona (aderente al Comitato Regionale No Biomasse No Biogas)
18 febbraio 2013