Centro di etnopsichiatria "Franz Fanon" (Torino) /Meno male che c'è....

Creato il 26 ottobre 2012 da Marianna06

Nato nel 1996, all’interno di un progetto dell’Asl n. 1 di Torino, per affrontare i disagi di natura psichiatrica e /o  etnici e/o ambientali  degli immigrati , il Centro si è impegnato e s’impegna da anni per costruire strumenti e linguaggi  idonei  a ridurre le differenze culturali esistenti tra il nostro mondo  , spesso sordo e cieco di proposito e la nostra burocrazia e quello, invece, del variegato arcipelago , che è giunto per necessità nel nostro Paese.

Poiché è scontato che uomini, donne, giovani, bambini ,che arrivano da culture totalmente differenti e molto diversificate, abbiano bisogno di un aiuto che, in qualche modo, rimandi almeno un po’ alle  tradizioni culturali di provenienza, si ricorre, per quanto possibile, a mediatori culturali e persone del volontariato, esse stesse immigrate e formate all’interno dello stesso Centro.

Con grande pazienza e professionalità si è lavorato e si continua ancora a farlo per cercare di dare un “alt” definitivo a malattie, sofferenze e precarietà sociale d’ogni genere.

E i modesti successi , certamente, gratificano, com’è giusto che sia, chi si spende per tutto questo.

Ma chi era Franz Fanon, colui che ha dato nome al Centro?

Era uno psichiatra martinicano, una figura di uomo e di sanitario molto interessante, formatosi negli studi superiori e universitari in Francia e giunto nell’ Algeria degli anni ’50, in piena lotta anticoloniale.

Egli comprende immediatamente che le forme di cura della medicina, che aveva appreso in Europa, non erano ciò che occorreva in quel contesto e con quella gente, che era da troppi anni sottoposta a una realtà culturalmente conflittuale, e alla quale occorreva dare “liberazione” a 360 gradi per provare a farla guarire e a ritrovare se stessa.

Il lavoro di Fanon diviene pertanto, giorno dopo giorno,  sempre più mirato e  più scrupoloso e gli consente in questo modo di mettere bene a fuoco tutti i problemi dell’incontro e dello scontro culturale con l’altro culturale, che significa tantissime cose.

Oggi, a Torino,sulla strada tracciata da Franz Fanon ,medici e personale sanitario, mediatori e volontari, tutti proseguono per rispondere a quel naturalissimo disagio psicologico degli immigrati, specie se soli,staccati completamente dal nucleo familiare e lontani migliaia di chilometri da casa, consapevoli che il solo conoscere tecnico non basta.

E tutto l’impegno di questi “samaritani” dei nostri tempi è provare un pochino, per quel che si riesce, a sciogliere  i nodi storici e culturali della conflittualità e della sofferenza reale, che generano, in chi arriva,  soltanto incubi e disagi. E ,qualche volta, anche con conseguenze drammatiche.

Per chi volesse approfondire il tema c’è tutto sul motore di ricerca di Google,digitando il nome e cliccando, compresa un’ampia bibliografia degli studi realizzati e a cura del Centro “Franz Fanon”.

Dico questo perché l’esempio di Torino sarebbe auspicabile facesse da traino ad altre realtà regionali del nostro Paese, utilizzando professionalità e passione, che quasi certamente sono  presenti in eguale misura su tutto il territorio.

   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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